I moti del '98 hanno lasciato un segno indelebile nell'immaginario collettivo della popolazione italiana, soprattutto per l'episodio del generale Bava Beccaris, che a Milano fa sparare contro i manifestanti affamati e inermi, e viene poi decorato per la sua azione repressiva. Del resto, gli intellettuali più liberali e l'opposizione di Estrema sinistra ne individuarono subito il valore simbolico nella storia europea. Se i tumulti popolari richiamavano l’“assalto ai forni” di manzoniana memoria, le leggi speciali e la repressione voluta dal governo trovavano precedenti anche al di fuori dei confini italiani. Le barricate per le vie cittadine, la reazione antipopolare, gli arresti in massa ricordano il colpo di stato contro la Repubblica, che avvenne in Francia nel 1851, e che Victor Hugo stigmatizzò nella sua Storia di un delitto, pubblicato all'epoca del tentativo dittatoriale di MacMahon. In realtà, i fatti del '98 si inseriscono in una ben più ampia prospettiva. Innanzitutto, ne veniva investita la popolazione italiana nel suo complesso, poiché il dazio sul grano e sulle farine - che tutelava gli interessi economici dei proprietari terrieri - aveva gravato ovunque sui ceti più poveri, e ovunque procurò malcontenti e agitazioni. Ciò spiega il grande coinvolgimento della Toscana nei moti e nelle repressioni, con la dichiarazione dello Stato d’assedio e le persecuzioni poliziesche contro quanti avevano avversato il protezionismo granario e quindi soprattutto contro i socialisti locali. Questo contributo ricostruisce appunto la campagna “antidazio” dei dirigenti socialisti fiorentini, tra cui spiccava il deputato Giuseppe Pescetti, i loro arresti e le loro condanne senza alcuna prova di coinvolgimento politico nei moti, fino alla fuga di alcuni dall’Italia e alla collaborazione con l’economista Vilfredo Pareto nella ricostruzione della vicenda, fatta pervenire in Italia attraverso il libro “Storia di un delitto” pubblicato in Svizzera con la falsa copertina dei “Promessi sposi” di Alessandro Manzoni. Pressoché sconosciuto e indubbiamente originale, l’episodio testimonia in modo significativo il clima del ’98, quando anche un antisocialista come Pareto si dimostrava “una coscienza previggiente ed illuminata,” che del resto doveva mantenere l’antiprotezionsimo come elemento centrale delle proprie analisi economiche e politiche.
Cherubini, D. (1999). Le 'rivolte della fame' e la repressione del 1898 nella testimonianza dei socialisti toscani, con un contributo di Vilfredo Pareto. RASSEGNA STORICA TOSCANA, a. XLV, n. 1, gennaio-giugno 1999, 3-36.
Le 'rivolte della fame' e la repressione del 1898 nella testimonianza dei socialisti toscani, con un contributo di Vilfredo Pareto
CHERUBINI, DONATELLA
1999-01-01
Abstract
I moti del '98 hanno lasciato un segno indelebile nell'immaginario collettivo della popolazione italiana, soprattutto per l'episodio del generale Bava Beccaris, che a Milano fa sparare contro i manifestanti affamati e inermi, e viene poi decorato per la sua azione repressiva. Del resto, gli intellettuali più liberali e l'opposizione di Estrema sinistra ne individuarono subito il valore simbolico nella storia europea. Se i tumulti popolari richiamavano l’“assalto ai forni” di manzoniana memoria, le leggi speciali e la repressione voluta dal governo trovavano precedenti anche al di fuori dei confini italiani. Le barricate per le vie cittadine, la reazione antipopolare, gli arresti in massa ricordano il colpo di stato contro la Repubblica, che avvenne in Francia nel 1851, e che Victor Hugo stigmatizzò nella sua Storia di un delitto, pubblicato all'epoca del tentativo dittatoriale di MacMahon. In realtà, i fatti del '98 si inseriscono in una ben più ampia prospettiva. Innanzitutto, ne veniva investita la popolazione italiana nel suo complesso, poiché il dazio sul grano e sulle farine - che tutelava gli interessi economici dei proprietari terrieri - aveva gravato ovunque sui ceti più poveri, e ovunque procurò malcontenti e agitazioni. Ciò spiega il grande coinvolgimento della Toscana nei moti e nelle repressioni, con la dichiarazione dello Stato d’assedio e le persecuzioni poliziesche contro quanti avevano avversato il protezionismo granario e quindi soprattutto contro i socialisti locali. Questo contributo ricostruisce appunto la campagna “antidazio” dei dirigenti socialisti fiorentini, tra cui spiccava il deputato Giuseppe Pescetti, i loro arresti e le loro condanne senza alcuna prova di coinvolgimento politico nei moti, fino alla fuga di alcuni dall’Italia e alla collaborazione con l’economista Vilfredo Pareto nella ricostruzione della vicenda, fatta pervenire in Italia attraverso il libro “Storia di un delitto” pubblicato in Svizzera con la falsa copertina dei “Promessi sposi” di Alessandro Manzoni. Pressoché sconosciuto e indubbiamente originale, l’episodio testimonia in modo significativo il clima del ’98, quando anche un antisocialista come Pareto si dimostrava “una coscienza previggiente ed illuminata,” che del resto doveva mantenere l’antiprotezionsimo come elemento centrale delle proprie analisi economiche e politiche.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/11365/8280