Relativamente al territorio aretino (Valtiberina, Casentino, Val di Chiana e Valdarno Superiore), il saggio ricostruisce – sulla base dei fondi documentari conservati nell’Archivio di Stato di Firenze –, anche mediante carte tematiche e tavole statistiche, la geografia dei demani collettivi e degli usi civici gravanti i beni privati fino alle riforme liberistiche del granduca Pietro Leopoldo di Lorena degli anni ’70 del XVIII secolo. Lo studio mette a fuoco: la diversa natura dei beni comuni (prevalentemente boschi e pascoli, ma anche castagneti e coltivi) che – con le servitù civiche di legnatico, pascolo, terratico e rumo/spigatico – contribuivano ad integrare le piccole e piccolissime proprietà dei coltivatori allevarori specialmente nelle aree montane; le proteste e le istanze degli abitanti residenti a vedersi riconoscere i diritti di concessione e la ripartizione effettiva della grande maggioranza delle terre, in concessione di vendita o di livello, nelle mani invece della borghesia cittadina e paesana per lo più locale; gli effetti che tale processo produsse negli ambienti e nei paesaggi dell’Aretino con i diboscamenti e l’allargamento dei coltivi e dell’allevamento che ne seguì (specialmente tramite la diffusione dell’appoderamento mezzadrile), insieme con gli squilibri idrogeologici anche gravi che ne scaturirono nelle aree montane, dove ampi strati di popolazione resa più povera – dopo le riforme pietroleopoldine – dovette abbandonare i propri paesi ed emigrare nelle terre basse e in Maremma.
Guarducci, A., L., R. (1994). Beni comuni e usi civici nell’Aretino nella seconda metà del Settecento. Riforme liberistiche e resistenze popolari. RIVISTA DI STORIA DELL'AGRICOLTURA, 2, 35-78.
Beni comuni e usi civici nell’Aretino nella seconda metà del Settecento. Riforme liberistiche e resistenze popolari
GUARDUCCI, ANNA;
1994-01-01
Abstract
Relativamente al territorio aretino (Valtiberina, Casentino, Val di Chiana e Valdarno Superiore), il saggio ricostruisce – sulla base dei fondi documentari conservati nell’Archivio di Stato di Firenze –, anche mediante carte tematiche e tavole statistiche, la geografia dei demani collettivi e degli usi civici gravanti i beni privati fino alle riforme liberistiche del granduca Pietro Leopoldo di Lorena degli anni ’70 del XVIII secolo. Lo studio mette a fuoco: la diversa natura dei beni comuni (prevalentemente boschi e pascoli, ma anche castagneti e coltivi) che – con le servitù civiche di legnatico, pascolo, terratico e rumo/spigatico – contribuivano ad integrare le piccole e piccolissime proprietà dei coltivatori allevarori specialmente nelle aree montane; le proteste e le istanze degli abitanti residenti a vedersi riconoscere i diritti di concessione e la ripartizione effettiva della grande maggioranza delle terre, in concessione di vendita o di livello, nelle mani invece della borghesia cittadina e paesana per lo più locale; gli effetti che tale processo produsse negli ambienti e nei paesaggi dell’Aretino con i diboscamenti e l’allargamento dei coltivi e dell’allevamento che ne seguì (specialmente tramite la diffusione dell’appoderamento mezzadrile), insieme con gli squilibri idrogeologici anche gravi che ne scaturirono nelle aree montane, dove ampi strati di popolazione resa più povera – dopo le riforme pietroleopoldine – dovette abbandonare i propri paesi ed emigrare nelle terre basse e in Maremma.File | Dimensione | Formato | |
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