L’introduzione e applicazione dell’accordo sul capitale bancario (Basilea II) sta vivendo una fase particolarmente delicata. Dopo un primo periodo sostanzialmente dedicato alla determinazione dei requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di credito, di mercato e di quelli operativi (primo pilastro), alle banche è ora chiesto di affinare l’analisi per giungere alla stima dell’Internal Capital Adequacy Assessment Process (ICAAP). Si tratta di un problema generato da rischi di differente natura e di più incerta misurazione che impone scelte potenzialmente più discrezionali e personalizzate in base alle caratteristiche degli intermediari coinvolti. Questa apparente libertà di scelta genera in realtà enormi problemi di calibrazione delle metriche e dei correlati organizzativi che giustificheranno un valore del capitale economico delle banche e dei gruppi potenzialmente anche molto differente dal patrimonio di vigilanza. Fin qui il problema del secondo pilastro in termini generali. Nello specifico è però necessario mappare tutti i rischi non considerati direttamente nel primo pilastro. Di questi, alcuni sono completamente differenti, come il rischio di liquidità, altri sono di natura secondaria e dipendono da quelli già analizzati nel primo pilastro, così come il rischio reputazionale può dipendere dal rischio operativo. A questa seconda categoria appartiene il rischio di concentrazione, che si caratterizza come una particolarità del rischio che assume il portafoglio creditizio in base alle caratteristiche delle singole posizioni. Queste difficilmente possono beneficiare del massimo grado di diversificazione previsto dal primo pilastro. Dovrebbero, infatti, essere tutti prestiti di importo infinitesimo e questo escluderebbe la possibilità di effettuare prestiti a imprese di grandi dimensioni.
Gabbi, G., R., M., A., R., E., S. (2008). Il rischio di concentrazione bancario: vigilanza, misurazione e gestione. ECONOMIA & MANAGEMENT, 3, 32-38.
Il rischio di concentrazione bancario: vigilanza, misurazione e gestione
GABBI, GIAMPAOLO;
2008-01-01
Abstract
L’introduzione e applicazione dell’accordo sul capitale bancario (Basilea II) sta vivendo una fase particolarmente delicata. Dopo un primo periodo sostanzialmente dedicato alla determinazione dei requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di credito, di mercato e di quelli operativi (primo pilastro), alle banche è ora chiesto di affinare l’analisi per giungere alla stima dell’Internal Capital Adequacy Assessment Process (ICAAP). Si tratta di un problema generato da rischi di differente natura e di più incerta misurazione che impone scelte potenzialmente più discrezionali e personalizzate in base alle caratteristiche degli intermediari coinvolti. Questa apparente libertà di scelta genera in realtà enormi problemi di calibrazione delle metriche e dei correlati organizzativi che giustificheranno un valore del capitale economico delle banche e dei gruppi potenzialmente anche molto differente dal patrimonio di vigilanza. Fin qui il problema del secondo pilastro in termini generali. Nello specifico è però necessario mappare tutti i rischi non considerati direttamente nel primo pilastro. Di questi, alcuni sono completamente differenti, come il rischio di liquidità, altri sono di natura secondaria e dipendono da quelli già analizzati nel primo pilastro, così come il rischio reputazionale può dipendere dal rischio operativo. A questa seconda categoria appartiene il rischio di concentrazione, che si caratterizza come una particolarità del rischio che assume il portafoglio creditizio in base alle caratteristiche delle singole posizioni. Queste difficilmente possono beneficiare del massimo grado di diversificazione previsto dal primo pilastro. Dovrebbero, infatti, essere tutti prestiti di importo infinitesimo e questo escluderebbe la possibilità di effettuare prestiti a imprese di grandi dimensioni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/11365/36021
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