Durante il XX secolo la filologia romanza si è divisa tra ricostruzione dl testo critico e conservazione del testo manoscritto. È un'opposizione che risale alle origini della disciplina, e ai due maestri che si sono succeduti al Collège de France, Gaston Paris e Joseph Bédier. Ricerche recenti hanno mostrato la complessità di queste due personalità, sia nell'ambito degli studi filologici e letterari sia nel contesto accademico e culturale. Ma le loro scelte in materia di ecdotica sono rimaste in secondo piano, forse perché già oggetto di tante riprese nel secolo scorso, e ultimamente nel corso del dibattito circa la cosiddetta New Philology. Ripercorrere le tappe di formazione delle loro idee filologiche equivale in realtà a rivelarne la fluidità, se non talvolta l'ambiguità. Nel caso di G. Paris, basta pensare alla debolezza dei criteri di recensio e all'insistenza su una ricostruzione linguistica spinta ben al di là della realtà dei documento, e considerata inaccettabile già da P. Meyer. Quanto a J. Bédier, è evidente una contraddizione tra la sua critica ai metodi genealogici per il “Lai de l'Ombre” e l'applicazione rigida di questi stessi metodi per lo stemma della “Chanson de Roland”. La radicalizzazione delle loro teorie ecdotiche risponde in realtà a strategie di politica culturale. Per G. Paris, si trattava di affirmare il proprio primato metodolofico, nei confronti della concorrenza dei filologi tedeschi, ma anche di un vecchio chartiste come N. de Wailly. Da parte sua, J. Bédier cercò di negare tale primato, giungendo ad attribuire l'invenzione del metodo degli errori comuni a K. Lachmann. Solo illuminando le strategie elaborate da queste due grandi personalità fondatrici si potranno meglio comprendere e superare le aporie della critica testuale fino ai giorni nostri.
Leonardi, L. (2009). L'art d'éditer les anciens textes (1872-1928). Les stratégies d'un débat aux origines de la philologie romane. ROMANIA, 127, 273-302.
L'art d'éditer les anciens textes (1872-1928). Les stratégies d'un débat aux origines de la philologie romane
LEONARDI, LINO
2009-01-01
Abstract
Durante il XX secolo la filologia romanza si è divisa tra ricostruzione dl testo critico e conservazione del testo manoscritto. È un'opposizione che risale alle origini della disciplina, e ai due maestri che si sono succeduti al Collège de France, Gaston Paris e Joseph Bédier. Ricerche recenti hanno mostrato la complessità di queste due personalità, sia nell'ambito degli studi filologici e letterari sia nel contesto accademico e culturale. Ma le loro scelte in materia di ecdotica sono rimaste in secondo piano, forse perché già oggetto di tante riprese nel secolo scorso, e ultimamente nel corso del dibattito circa la cosiddetta New Philology. Ripercorrere le tappe di formazione delle loro idee filologiche equivale in realtà a rivelarne la fluidità, se non talvolta l'ambiguità. Nel caso di G. Paris, basta pensare alla debolezza dei criteri di recensio e all'insistenza su una ricostruzione linguistica spinta ben al di là della realtà dei documento, e considerata inaccettabile già da P. Meyer. Quanto a J. Bédier, è evidente una contraddizione tra la sua critica ai metodi genealogici per il “Lai de l'Ombre” e l'applicazione rigida di questi stessi metodi per lo stemma della “Chanson de Roland”. La radicalizzazione delle loro teorie ecdotiche risponde in realtà a strategie di politica culturale. Per G. Paris, si trattava di affirmare il proprio primato metodolofico, nei confronti della concorrenza dei filologi tedeschi, ma anche di un vecchio chartiste come N. de Wailly. Da parte sua, J. Bédier cercò di negare tale primato, giungendo ad attribuire l'invenzione del metodo degli errori comuni a K. Lachmann. Solo illuminando le strategie elaborate da queste due grandi personalità fondatrici si potranno meglio comprendere e superare le aporie della critica testuale fino ai giorni nostri.File | Dimensione | Formato | |
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