L’uso dell’espressione “educazione permanente”, in questo momento, sembra non riscuotere molti consensi né nell’ambito della letteratura pedagogica, né nei documenti normativi o in quelli di indirizzo relativi alle politiche educative nazionali ed internazionali. Si preferisce ricorrere a locuzioni come: “educazione degli adulti”, “istruzione permanente”, “apprendimento lungo tutto il corso della vita”, “lifelong learning”, che pur essendo ad essa semanticamente contigue hanno però significati diversi. Questo non vuol dire che sia in atto una contestazione o, tantomeno, che ci sia un rifiuto della nozione di educazione permanente; sono, anzi, in molti a ritenere che essa continui a rappresentare un’idea-guida capace di indicare la prospettiva strategica alla quale tendere, anche se - viene fatto rilevare - occorre passare dal piano delle affermazioni di principio a quello operativo ed in particolare si sottolinea che è necessario tenere conto delle differenti domande di educazione che emergono da parte di soggetti diversi: giovani, adulti, anziani, lavoratori, disoccupati, tecnici, professionisti, immigrati, ecc., o che esprimono esigenze specifiche: formazione culturale, formazione professionale, formazione continua, esercizio dei diritti di cittadinanza, acquisizione dei nuovi alfabeti, ecc. Parallelamente, a partire dagli anni Novanta, il concetto in questione ha registrato un’ampia rivisitazione che ha consentito di superare tanto le interpretazioni suggestive ma idealizzate del passato (educazione permanente come idea limite, come visione utopica, come strumento di emancipazione di gruppi e classi sociali) quanto letture parziali e riduttive (educazione permanente come esperienza compensativa, come attività risarcitoria attraverso cui colmare le carenze di scolarità degli esclusi dai percorsi di istruzione). Le prospettive che oggi si aprono inducono a guardare a tale nozione come ad un principio di coerenza e di continuità nel modo di intendere il processo di crescita della persona, sollecitano a pensarla come una idea che racchiude una forza proattiva alla quale è impossibile rinunciare. Cambiano, nel tempo, i bisogni di educazione, cambiano le modalità con le quali soddisfarli, cambiano i percorsi formativi; immutate rimangono tuttavia le ragioni che agli inizi degli anni Settanta portarono l’UNESCO a definire l’educazione permanente un processo che accompagna lo sviluppo personale, professionale e sociale degli individui, durante il corso della vita, al fine di migliorare la qualità della vita degli individui stessi e delle loro collettività.

Angori, S. (2011). L'educazione permanente: cinquant'anni di storia di un'idea-guida. PROSPETTIVA EP, 34(2/3), 7-35.

L'educazione permanente: cinquant'anni di storia di un'idea-guida

ANGORI, SERGIO
2011-01-01

Abstract

L’uso dell’espressione “educazione permanente”, in questo momento, sembra non riscuotere molti consensi né nell’ambito della letteratura pedagogica, né nei documenti normativi o in quelli di indirizzo relativi alle politiche educative nazionali ed internazionali. Si preferisce ricorrere a locuzioni come: “educazione degli adulti”, “istruzione permanente”, “apprendimento lungo tutto il corso della vita”, “lifelong learning”, che pur essendo ad essa semanticamente contigue hanno però significati diversi. Questo non vuol dire che sia in atto una contestazione o, tantomeno, che ci sia un rifiuto della nozione di educazione permanente; sono, anzi, in molti a ritenere che essa continui a rappresentare un’idea-guida capace di indicare la prospettiva strategica alla quale tendere, anche se - viene fatto rilevare - occorre passare dal piano delle affermazioni di principio a quello operativo ed in particolare si sottolinea che è necessario tenere conto delle differenti domande di educazione che emergono da parte di soggetti diversi: giovani, adulti, anziani, lavoratori, disoccupati, tecnici, professionisti, immigrati, ecc., o che esprimono esigenze specifiche: formazione culturale, formazione professionale, formazione continua, esercizio dei diritti di cittadinanza, acquisizione dei nuovi alfabeti, ecc. Parallelamente, a partire dagli anni Novanta, il concetto in questione ha registrato un’ampia rivisitazione che ha consentito di superare tanto le interpretazioni suggestive ma idealizzate del passato (educazione permanente come idea limite, come visione utopica, come strumento di emancipazione di gruppi e classi sociali) quanto letture parziali e riduttive (educazione permanente come esperienza compensativa, come attività risarcitoria attraverso cui colmare le carenze di scolarità degli esclusi dai percorsi di istruzione). Le prospettive che oggi si aprono inducono a guardare a tale nozione come ad un principio di coerenza e di continuità nel modo di intendere il processo di crescita della persona, sollecitano a pensarla come una idea che racchiude una forza proattiva alla quale è impossibile rinunciare. Cambiano, nel tempo, i bisogni di educazione, cambiano le modalità con le quali soddisfarli, cambiano i percorsi formativi; immutate rimangono tuttavia le ragioni che agli inizi degli anni Settanta portarono l’UNESCO a definire l’educazione permanente un processo che accompagna lo sviluppo personale, professionale e sociale degli individui, durante il corso della vita, al fine di migliorare la qualità della vita degli individui stessi e delle loro collettività.
2011
Angori, S. (2011). L'educazione permanente: cinquant'anni di storia di un'idea-guida. PROSPETTIVA EP, 34(2/3), 7-35.
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