Gli inizi dell'attività scientifica e didattica di Norberto Bobbio, tra la metà degli anni Trenta e i Quaranta, fra le Università di Torino, Camerino, Siena e i primi soggiorni in Germania, sono il tema di questo scritto all'interno di una ricostruzione storica dei rapporti tra cultura, intellettuali, Università, ricerca scientifica e regime fascista. Bobbio allora insegna Filosofia del diritto ed i suoi scritti sono lavori canonici appunto di filosofia del diritto, di teoria generale del diritto e di storia del pensiero giuridico, ma non seguono uno stesso paradigma teorico e metodico rispondente ad una medesima impostazione filosofica, mutano invece tematiche e criteri scientifici recependo via via i principi euristici dettati dai diversi indirizzi che in quegli anni si affermano nella filosofia europea. I libri del '34 su “Scienza e tecnica del diritto” e su “L'indirizzo fenomenologico nella filosofia sociale e giuridica” e il saggio del '36 sull'istituzionalismo francese di Renard e Gurvitch rappresentano un tentativo di svolgere una specifica ricerca fenomenologica per la comprensione del diritto e della scienza giuridica. Ma la delusione dei risultati raggiunti e i limiti e le aporie della filosofia husserliana lo conducono già nel '38 negli studi su Max Scheler all'abbandono delle ricerche sulla fenomenologia, al passaggio allo studio del personalismo e all'avvio della riflessione sull'esistenzialismo, che continuerà nei primi anni Quaranta sino al libretto torinese del '44 sulla filosofia del decadentismo. Del '38 è il libro su “L'analogia nella logica del diritto”, un tema classico di teoria generale del diritto ed insieme attualissimo dopo le riforme penali nella Germania nazista e nell'Unione sovietica che avevano messo alla ribalta il problema politico-costituzionale della distinzione tra politica e giustizia. Il libro si divide in tre parti: una prima, dedicata alla ricostruzione storica del pensiero giuridico sull'analogia, che risale sino alla tradizione del diritto comune, per trovare conferma in essa agli assunti del carattere logico-conoscitivo dell'interpretazione giuridica e dell'intero ragionamento giuridico, della riconducibilità del ragionamento per analogia al ragionamento sillogistico e della infondatezza della distinzione tra analogia giuridica ed interpretazione estensiva, che erano le tesi della seconda parte del libro, ribadite poi nella terza con l'analisi critica dei limiti imposti dalla tradizione al ragionamento analogico nel diritto eccezionale e nel diritto penale. Il libro fu seguito dall'abbandono degli studi giuridici, ripresi solo nel '42 nel volume sulla consuetudine come fatto normativo, e dall'avvio di un lavoro appartato di erudizione storica e filologica su un terreno remoto come quello della preparazione dell'edizione critica della “Città del sole” di Campanella, uscita da Einaudi nel '42. Ebbene, il filo rosso che unisce tutti i diversi lavori di questi anni sembra il ritrarsi dell'autore, dopo il suo arresto a Torino nel '35 assieme ai componenti del gruppo di Giustizia e libertà e la conseguente travagliatissima vicenda concorsuale che gli consentì di salire la cattedra senese, il ritrarsi nelle appartate regioni dello specialismo scientifico. E nella lettura dello specialismo scientifico e della scrittura disciplinare è adottata la chiave interpretativa dell'ambivalenza, dell'ambiguità storica, politica e culturale, poiché se la separatezza e l'autonomia scientifica disciplinare consentivano agli intellettuali dissidenti la pratica del nicodemismo e lo svolgimento di un discorso critico, seppure dissimulato, criptico, cifrato, garantivano al contempo al regime il suo confinamento in spazi sociali ed ambiti culturali ristrettissimi, sancivano la sua esclusione dal discorso pubblico, assicuravano la sua irrilevanza e innocuità politica, sociale e culturale. Quegli anni furono per Bobbio anche quelli dell'avvio del suo insegnamento, della conoscenza delle comunità accademiche camerte e senese e dell'adesione al movimento del liberalsocialismo tramite Aldo Capitini e Guido Calogero.

Cianferotti, G. (2005). L'opera giovanile di Norberto Bobbio e l'inizio del suo insegnamento (1934-1940). MATERIALI PER UNA STORIA DELLA CULTURA GIURIDICA, 35(1-2), 65-105-381-423.

L'opera giovanile di Norberto Bobbio e l'inizio del suo insegnamento (1934-1940)

CIANFEROTTI, GIULIO
2005-01-01

Abstract

Gli inizi dell'attività scientifica e didattica di Norberto Bobbio, tra la metà degli anni Trenta e i Quaranta, fra le Università di Torino, Camerino, Siena e i primi soggiorni in Germania, sono il tema di questo scritto all'interno di una ricostruzione storica dei rapporti tra cultura, intellettuali, Università, ricerca scientifica e regime fascista. Bobbio allora insegna Filosofia del diritto ed i suoi scritti sono lavori canonici appunto di filosofia del diritto, di teoria generale del diritto e di storia del pensiero giuridico, ma non seguono uno stesso paradigma teorico e metodico rispondente ad una medesima impostazione filosofica, mutano invece tematiche e criteri scientifici recependo via via i principi euristici dettati dai diversi indirizzi che in quegli anni si affermano nella filosofia europea. I libri del '34 su “Scienza e tecnica del diritto” e su “L'indirizzo fenomenologico nella filosofia sociale e giuridica” e il saggio del '36 sull'istituzionalismo francese di Renard e Gurvitch rappresentano un tentativo di svolgere una specifica ricerca fenomenologica per la comprensione del diritto e della scienza giuridica. Ma la delusione dei risultati raggiunti e i limiti e le aporie della filosofia husserliana lo conducono già nel '38 negli studi su Max Scheler all'abbandono delle ricerche sulla fenomenologia, al passaggio allo studio del personalismo e all'avvio della riflessione sull'esistenzialismo, che continuerà nei primi anni Quaranta sino al libretto torinese del '44 sulla filosofia del decadentismo. Del '38 è il libro su “L'analogia nella logica del diritto”, un tema classico di teoria generale del diritto ed insieme attualissimo dopo le riforme penali nella Germania nazista e nell'Unione sovietica che avevano messo alla ribalta il problema politico-costituzionale della distinzione tra politica e giustizia. Il libro si divide in tre parti: una prima, dedicata alla ricostruzione storica del pensiero giuridico sull'analogia, che risale sino alla tradizione del diritto comune, per trovare conferma in essa agli assunti del carattere logico-conoscitivo dell'interpretazione giuridica e dell'intero ragionamento giuridico, della riconducibilità del ragionamento per analogia al ragionamento sillogistico e della infondatezza della distinzione tra analogia giuridica ed interpretazione estensiva, che erano le tesi della seconda parte del libro, ribadite poi nella terza con l'analisi critica dei limiti imposti dalla tradizione al ragionamento analogico nel diritto eccezionale e nel diritto penale. Il libro fu seguito dall'abbandono degli studi giuridici, ripresi solo nel '42 nel volume sulla consuetudine come fatto normativo, e dall'avvio di un lavoro appartato di erudizione storica e filologica su un terreno remoto come quello della preparazione dell'edizione critica della “Città del sole” di Campanella, uscita da Einaudi nel '42. Ebbene, il filo rosso che unisce tutti i diversi lavori di questi anni sembra il ritrarsi dell'autore, dopo il suo arresto a Torino nel '35 assieme ai componenti del gruppo di Giustizia e libertà e la conseguente travagliatissima vicenda concorsuale che gli consentì di salire la cattedra senese, il ritrarsi nelle appartate regioni dello specialismo scientifico. E nella lettura dello specialismo scientifico e della scrittura disciplinare è adottata la chiave interpretativa dell'ambivalenza, dell'ambiguità storica, politica e culturale, poiché se la separatezza e l'autonomia scientifica disciplinare consentivano agli intellettuali dissidenti la pratica del nicodemismo e lo svolgimento di un discorso critico, seppure dissimulato, criptico, cifrato, garantivano al contempo al regime il suo confinamento in spazi sociali ed ambiti culturali ristrettissimi, sancivano la sua esclusione dal discorso pubblico, assicuravano la sua irrilevanza e innocuità politica, sociale e culturale. Quegli anni furono per Bobbio anche quelli dell'avvio del suo insegnamento, della conoscenza delle comunità accademiche camerte e senese e dell'adesione al movimento del liberalsocialismo tramite Aldo Capitini e Guido Calogero.
2005
Cianferotti, G. (2005). L'opera giovanile di Norberto Bobbio e l'inizio del suo insegnamento (1934-1940). MATERIALI PER UNA STORIA DELLA CULTURA GIURIDICA, 35(1-2), 65-105-381-423.
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