Le incerte virtù del “Dieselgate settlement”. E un esame di coscienza della responsabilità civile

The class settlement that closed the consumer class action brought before the Venice judges against the global automotive giant for its involvement in the scandal universally known as Dieselgate prompts the question of whether a settlement, which came after two levels of litigation characterized by glaringly disparate outcomes, merits any appreciation or, more melancholically, marks an unbridgeable gap with the American experience, where class action matters (and efforts are made, indeed, to contain its effects). Paradoxically, there is truth in both perspectives, for a settlement such as the one reached in the present case is far from exercising appreciable deterrence, but it could mark a change of gear and open up a more secure future.

La transazione collettiva con cui si è chiusa l’azione di classe consumeristica intentata dinanzi ai giudici lagunari contro il colosso globale dell’automotive per il suo coinvolgimento nello scandalo universalmente noto come Dieselgate induce a chiedersi se un settlement, intervenuto dopo due gradi di giudizio contraddistinti da esiti divaricati, meriti un qualche apprezzamento o, più malinconicamente, scandisca un incolmabile distacco rispetto all’esperienza, quella statunitense, dove l’iniziativa di classe conta (e ci s’ingegna, anzi, di contenerne gli effetti). Paradossalmente, c’è del vero in entrambe le prospettazioni, perché una transazione come quella raggiunta nel caso di specie è ben lontana dall’esercitare una deterrenza apprezzabile, ma potrebbe segnalare un cambio di marcia e aprire a un futuro più provvido.