La Morte e la Salvezza: la (cosiddetta) ‘Allegoria della Redenzione’ di Ambrogio Lorenzetti e la confraternita senese dei Disciplinati

The ‘Allegory of Redemption’ (Pinacoteca Na- zionale, Siena) is one of the most enigmatic of Ambrogio Lorenzetti’s works. While standing out for its extraordinary figurative originality, in parallel with the results of the famous cycle of the Sala dei Nove (1338), the panel presents a highly articulated iconographic programme, somewhat difficult to decipher, and uncon- ventional typological characteristics. These peculiarities have so far hindered a full un- derstanding of the painting’s function, as well as the identification of its patrons and origi- nal destination. The paper attempts to clarify these doubts, starting with a comprehensive re-reading of its iconography – in a less doctri- nally involved way. The new interpretation of the meaning of the work, together with some internal clues – such as the peculiar represen- tation of the Last Judgement –, could indicate that the panel had been commissioned by the most important lay confraternity of late me- dieval Siena, namely the “compagnia dei Dis- ciplinati sotto le volte dell’Ospedale” of Santa Maria della Scala. This hypothesis seems to be corroborated not only by associations linking the work to the cultural horizon of the devout laity, but also by the close concordances that relate the painting to a particular genre of vulgar laudes, the laudes pro defunctis or de memoria mortis. Comparisons with such texts, sung in the course of funeral celebrations, sug- gest that the panel – here renamed ‘Allegory of Death and Salvation’ – might constitute the visual reference for the song, with the specific purpose of amplifying the admonitory and ed- ifying immediacy of the laude

Tra le opere di Ambrogio Lorenzetti, la cosiddetta ‘Allegoria della Redenzione’ della Pinacoteca Nazionale di Siena è certo una delle più problematiche: oltre a distinguersi per la straordinaria originalità figurativa, ormai in parallelo con gli esiti del ciclo famoso della Sala dei Nove (1338), la tavola presenta una trama iconografica assai articolata, di ardua decifrazione, e dei caratteri tipologici del tutto fuori canone. Queste singolarità, sul fronte del formato e del programma d’immagine, hanno finora fatto argine a una piena comprensione della funzione del dipinto, nonché all’individuazione dei suoi fruitori e della sua destinazione originaria. Il presente contributo mira a sciogliere gli interrogativi che da sempre circondano l’opera, a partire da una complessiva rilettura – in una chiave meno impegnata in senso dottrinario – della sua tessitura d’immagine. Oltre al programma d’assieme, alcuni indizi interni, come la peculiare raffigurazione del ‘Giudizio finale’, spingono a ritenere che il pannello fosse commissionato dalla più importante confraternita laicale della Siena tardomedievale, vale a dire la Compagnia dei Disciplinati sotto le volte dell’Ospedale di Santa Maria della Scala. L’ipotesi sembra confermata non solo dai rapporti che congiungono l’opera all’orizzonte culturale dei laicato devoto, ma anche dalle strette concordanze che imparentano il dipinto con un genere particolare di laude volgari, le laudes pro defunctis o de memoria mortis. I confronti con questi testi, intonati nel corso delle celebrazioni funebri, portano a credere che il pannello – qui ribattezzato ‘Allegoria della Morte e della Salvezza’ – potesse costituire il referente visivo del canto, con lo scopo specifico di amplificare l’efficacia ammonitoria ed edificante delle laude.