Il carme di Ennodio per Eugenete (1, 2 = 213 Vogel): questioni di inquadramento e interpretazione

From amongst the difficult poems written by Ennodius, this paper analyses carm. 1, 2 (= 213 Vogel), a request to the noble Eugenes (or Eugenetes) to grant to the person speaking in the poem a small piece of garden. The poem raises many complex framing issues. It remains especially uncertain whether Ennodius is writing as himself, or as a ‘ghostwriter’ for his friend Deuterius, and whether the poet is requesting this little piece of property for himself or for Deuterius. Perhaps he is lending his poetic voice to his friend, so Deuterius can present a polite and elegant request in verse in his own name. In light of the exegesis of the various difficult passages, the paper offers the first translation of the poem into Italian. The reasons for the expressions of joy with which the poem begins seem to be linked to the unexpected and almost miraculous recovery of the prestigious recipient, following an event that had endangered his life. Choosing from relevant Virgilian references, Ennodius resorts to, for this purpose, the classical topos of the severed flower, but christianizes it, as in the epigram to Bishop Benignus (carm. 2, 86 = 204 Vogel). However compared to that epigram this poem presents a different use of the topos. Within Ennodious’ praise of Eugenes (or Eugenetes), a series of references to the light have some relevance. The poem ends with a celebration of the eternal power of poetry, as well as with a subtle suggestion of the possibility that the affection of a celebrated friend might translate into a concrete reward.

Questo contributo analizza, in tutta la rosa dei numerosi problemi presentati dal difficile dettato ennodiano, il carme 1, 2 (= 213 Vogel), che costituisce una richiesta al nobile Eugenete perché conceda alla persona che dice ego nel carme un piccolo ritaglio di giardino. Il componimento ha sollevato complesse questioni di inquadramento. In particolare, si è rimasti incerti se Ennodio stia richiedendo questa piccola proprietà per sé, o invece presti la propria musa poetica all’amico Deuterio affinché questi presenti a proprio nome e titolo una garbata ed elegante richiesta in versi. Attualmente sembra dover prevalere la seconda interpretazione. Alla luce dell’esegesi dei vari difficili passi viene presentata la prima traduzione italiana del componimento. Le ragioni delle espressioni di gioia con cui inizia il carme sembrano doversi collegare all’insperato e quasi miracoloso risanamento del prestigioso destinatario in seguito a un evento che ne ha messa a repentaglio la vita: nel quadro di significativi recuperi virgiliani, Ennodio sfrutta in questo snodo il topos del fiore reciso, procurandone una cristianizzazione di taglio differente rispetto al recupero che del motivo si trova a operare nell’epigramma sul vescovo Benigno (carm. 2, 86 = 204 Vogel). Nelle lodi di Eugenete hanno inoltre particolare rilevanza una gamma di riferimenti alla luce. Il carme si conclude con dei versi sul potere eternante della poesia, oltre che con un delicato cenno alla possibilità che l’affetto di un amico celebrato possa tradursi in concreta ricompensa.