Nelle Lezioni sulla sintesi passiva, Edmund Husserl sviluppa un’analisi genetico-strutturale dell’esperienza a partire dalla percezione, intesa come modo originario dell’intuitività e fonte primaria della conoscenza. Una novità che emerge dalle analisi husserliane è il fatto che i dati sensoriali, più che essere “animati” secondo schemi apprensionali, presentano già una loro primordiale strutturazione e l’atto percettivo che li riguarda non dev’essere inteso come un conferimento di senso rivolto a qualcosa che ne sarebbe privo, bensì come l’esplicitazione di una legalità già fungente a livello precategoriale, nell’ambito delle sintesi passive operate dalla coscienza preriflessiva. Ciò nonostante, per ammettere fenomenologicamente la validità di questo fondamento precategoriale, la passività, intesa come sfera antepredicativa dell’esperienza e come dominio di evidenze ultime e originarie, dev’essere distinta dalla mera intuizione sensibile caratteristica dell’io empirico. La ricognizione analitica delle condizioni di possibilità dell’esperienza prefigura pertanto un dilemma apparentemente insormontabile, poiché se le forme dell’esperienza non provengono dall’intenzionalità noetica della coscienza, bensì derivano dall’esperienza stessa, questo significa che, se ci atteniamo alla morfologia dell’Erlebnis disegnata da Husserl, un’attività costitutiva di senso dovrebbe essere svolta in prima persona dalla hyle. Tuttavia, l’attribuzione alla hyle di facoltà “attrattive”, autonome e prioritarie rispetto alla sfera della sensibilità empirica, pone il fenomenologo di fronte all’ulteriore questione di come cogliere analiticamente e soprattutto comprendere concettualmente questa enigmatica animazione dell’elemento “materiale” del vissuto, dovendo evitare per principio di assegnargli qualsiasi competenza o qualità intenzionale.
Gonnella, S. (2020). La sintesi passiva e le radici iletiche della sensibilità. PHILOSOPHY KITCHEN, 7(12), 103-114.
La sintesi passiva e le radici iletiche della sensibilità
stefano gonnella
2020-01-01
Abstract
Nelle Lezioni sulla sintesi passiva, Edmund Husserl sviluppa un’analisi genetico-strutturale dell’esperienza a partire dalla percezione, intesa come modo originario dell’intuitività e fonte primaria della conoscenza. Una novità che emerge dalle analisi husserliane è il fatto che i dati sensoriali, più che essere “animati” secondo schemi apprensionali, presentano già una loro primordiale strutturazione e l’atto percettivo che li riguarda non dev’essere inteso come un conferimento di senso rivolto a qualcosa che ne sarebbe privo, bensì come l’esplicitazione di una legalità già fungente a livello precategoriale, nell’ambito delle sintesi passive operate dalla coscienza preriflessiva. Ciò nonostante, per ammettere fenomenologicamente la validità di questo fondamento precategoriale, la passività, intesa come sfera antepredicativa dell’esperienza e come dominio di evidenze ultime e originarie, dev’essere distinta dalla mera intuizione sensibile caratteristica dell’io empirico. La ricognizione analitica delle condizioni di possibilità dell’esperienza prefigura pertanto un dilemma apparentemente insormontabile, poiché se le forme dell’esperienza non provengono dall’intenzionalità noetica della coscienza, bensì derivano dall’esperienza stessa, questo significa che, se ci atteniamo alla morfologia dell’Erlebnis disegnata da Husserl, un’attività costitutiva di senso dovrebbe essere svolta in prima persona dalla hyle. Tuttavia, l’attribuzione alla hyle di facoltà “attrattive”, autonome e prioritarie rispetto alla sfera della sensibilità empirica, pone il fenomenologo di fronte all’ulteriore questione di come cogliere analiticamente e soprattutto comprendere concettualmente questa enigmatica animazione dell’elemento “materiale” del vissuto, dovendo evitare per principio di assegnargli qualsiasi competenza o qualità intenzionale.File | Dimensione | Formato | |
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