La crisi etiopica rappresenta, com’è noto, uno dei momenti di svolta decisivi per gli equilibri internazionali negli anni tra le due guerre. Vista dalla prospettiva britannica, e in particolare da quella degli ambienti del partito conservatore, essa può essere vista come uno dei momenti che misero maggiormente in risalto la debolezza ma soprattutto l’ambiguità in politica estera del National Government, egemonizzato proprio dal partito di Baldwin. Incarnazione di questo atteggiamento fu il ministro degli Esteri Samuel Hoare, che nelle convulse settimane che seguirono l’annuncio dell’invasione italiana dell’Etiopia finì nello stesso tempo per essere artefice e vittima di una linea politica giocata costantemente sul filo del rasoio. Ricostruendo dall’ottica delle varie anime del partito conservatore britannico le concitate fasi che vanno dallo scoppio della guerra, all’inizio di ottobre del 1935, fino al dicembre di quello stesso anno, ovvero al fallimento del Piano Hoare-Laval, questo contributo intende delineare i tratti i tratti caratterizzanti di quella svolta che si consumò nei rapporti tra ampi strati del mondo conservatore e il fascismo. I due mesi che seguirono lo scoppio della guerra d’Etiopia e il conseguente naufragio dell’ambiguo progetto di Hoare lasciarono cicatrici profonde. Anche se la rottura definitiva si sarebbe compiuta di fatto solo nel giugno del 1940, essi segnarono in modo indelebile i rapporti tra i due paesi. Pur non eliminando definitivamente il dialogo tra Londra e Roma, infatti, la crisi Abissina tolse ai rapporti tra il fascismo e il partito conservatore quell’alone retorico di benevola, paternalistica amicizia – in taluni casi di entusiastico sostegno – che sin dalla marcia su Roma era stato costruito e rinsaldato con il contributo della stampa, degli osservatori politici, degli ammiratori più o meno occasionali e dei giudizi provenienti dai vari ambienti culturali allo scopo di legittimare una comunanza d’intenti che, all’indomani di quella crisi, si scoprì definitivamente essere contraddistinta unicamente da precisi calcoli politici.
Silei, G. (2019). Ottobre-Dicembre 1935: il partito conservatore britannico e i riflessi della guerra Abissina. STORIA E FUTURO(51), 1-8.
Ottobre-Dicembre 1935: il partito conservatore britannico e i riflessi della guerra Abissina
Gianni Silei
2019-01-01
Abstract
La crisi etiopica rappresenta, com’è noto, uno dei momenti di svolta decisivi per gli equilibri internazionali negli anni tra le due guerre. Vista dalla prospettiva britannica, e in particolare da quella degli ambienti del partito conservatore, essa può essere vista come uno dei momenti che misero maggiormente in risalto la debolezza ma soprattutto l’ambiguità in politica estera del National Government, egemonizzato proprio dal partito di Baldwin. Incarnazione di questo atteggiamento fu il ministro degli Esteri Samuel Hoare, che nelle convulse settimane che seguirono l’annuncio dell’invasione italiana dell’Etiopia finì nello stesso tempo per essere artefice e vittima di una linea politica giocata costantemente sul filo del rasoio. Ricostruendo dall’ottica delle varie anime del partito conservatore britannico le concitate fasi che vanno dallo scoppio della guerra, all’inizio di ottobre del 1935, fino al dicembre di quello stesso anno, ovvero al fallimento del Piano Hoare-Laval, questo contributo intende delineare i tratti i tratti caratterizzanti di quella svolta che si consumò nei rapporti tra ampi strati del mondo conservatore e il fascismo. I due mesi che seguirono lo scoppio della guerra d’Etiopia e il conseguente naufragio dell’ambiguo progetto di Hoare lasciarono cicatrici profonde. Anche se la rottura definitiva si sarebbe compiuta di fatto solo nel giugno del 1940, essi segnarono in modo indelebile i rapporti tra i due paesi. Pur non eliminando definitivamente il dialogo tra Londra e Roma, infatti, la crisi Abissina tolse ai rapporti tra il fascismo e il partito conservatore quell’alone retorico di benevola, paternalistica amicizia – in taluni casi di entusiastico sostegno – che sin dalla marcia su Roma era stato costruito e rinsaldato con il contributo della stampa, degli osservatori politici, degli ammiratori più o meno occasionali e dei giudizi provenienti dai vari ambienti culturali allo scopo di legittimare una comunanza d’intenti che, all’indomani di quella crisi, si scoprì definitivamente essere contraddistinta unicamente da precisi calcoli politici.File | Dimensione | Formato | |
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