Il saggio esamina, in chiave comparata, l’evoluzione del principio di separatezza banca–industria nell’ambito dell’Unione europea, con particolare riferimento alla disciplina delle partecipazioni detenibili dalle banche in imprese non finanziarie. Muovendo dall’analisi del fenomeno della regulatory competition, l’indagine approfondisce le modalità di recepimento, nei diversi ordinamenti nazionali, delle disposizioni contenute nella direttiva 89/646/CEE, poi trasfuse nella direttiva 2000/12/CE, al fine di verificare se il timore di distorsioni concorrenziali tra operatori o di arbitraggi regolamentari abbia condotto gli Stati membri ad adottare discipline più permissive, tendenzialmente allineate al livello minimo armonizzato ritenuto dal legislatore europeo compatibile con un’efficiente gestione dell’impresa creditizia, sotto il profilo del contenimento dei rischi di liquidità e di concentrazione. Il confronto tra i diversi ordinamenti – da quelli più liberali, come Germania, Portogallo e Francia, a quelli più restrittivi, come Italia, Olanda e Irlanda – evidenzia un progressivo avvicinamento al modello comunitario, pur nel rispetto delle peculiarità nazionali. Tale convergenza si è tradotta non in una completa uniformità, ma in una compatibilità regolatoria fondata sull’equilibrio tra efficienza del mercato e tutela dai rischi sistemici. Ne risulta che solo una combinazione di armonizzazione minima, cooperazione tra autorità nazionali e coordinamento sovranazionale potrà garantire un autentico level playing field nel mercato bancario europeo.
Salerno, M.E. (2006). Il principio di separatezza banca-industria e la concorrenza tra ordinamenti giuridici. DIRITTO DELLA BANCA E DEL MERCATO FINANZIARIO(4, parte I), 627-651.
Il principio di separatezza banca-industria e la concorrenza tra ordinamenti giuridici
SALERNO, MARIA ELENA
2006-01-01
Abstract
Il saggio esamina, in chiave comparata, l’evoluzione del principio di separatezza banca–industria nell’ambito dell’Unione europea, con particolare riferimento alla disciplina delle partecipazioni detenibili dalle banche in imprese non finanziarie. Muovendo dall’analisi del fenomeno della regulatory competition, l’indagine approfondisce le modalità di recepimento, nei diversi ordinamenti nazionali, delle disposizioni contenute nella direttiva 89/646/CEE, poi trasfuse nella direttiva 2000/12/CE, al fine di verificare se il timore di distorsioni concorrenziali tra operatori o di arbitraggi regolamentari abbia condotto gli Stati membri ad adottare discipline più permissive, tendenzialmente allineate al livello minimo armonizzato ritenuto dal legislatore europeo compatibile con un’efficiente gestione dell’impresa creditizia, sotto il profilo del contenimento dei rischi di liquidità e di concentrazione. Il confronto tra i diversi ordinamenti – da quelli più liberali, come Germania, Portogallo e Francia, a quelli più restrittivi, come Italia, Olanda e Irlanda – evidenzia un progressivo avvicinamento al modello comunitario, pur nel rispetto delle peculiarità nazionali. Tale convergenza si è tradotta non in una completa uniformità, ma in una compatibilità regolatoria fondata sull’equilibrio tra efficienza del mercato e tutela dai rischi sistemici. Ne risulta che solo una combinazione di armonizzazione minima, cooperazione tra autorità nazionali e coordinamento sovranazionale potrà garantire un autentico level playing field nel mercato bancario europeo.| File | Dimensione | Formato | |
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