Il senso del futuro: il Risorgimento e Arezzo

Following a reconstruction of surface events, the Risorgimento could be interpreted as a limiting geopolitical issue or change in the forms of state and government. It was not just that. The light that shone in the eyes of the very young - many also in Arezzo and province - who risked their lives on the battlefield meant this but also other. The dream of a free society. A better future for the community, the reunion with the most advanced nations; the progress. Be patriots was not easy. Beyond the Grand Ducal apparatus supervision, was not the breeding ground of a ruling class unwilling to change, basically conservative if not reactionary. In this reflection, deepening our larger works, we tried to track down those contained in Arezzo volunteers. Heroism of Severi, the future leader of the Left, Romanelli, he was a Minister of Justice and Grace Cults in the Tuscan provisional government, the citizens, doctor who had visited Leopold II, the baker Coleschi said "Rogantino", the Republican Fantozzi, Angelo Maltagliati, fell in Rome outside the Porta S. Pancrazio, were crowned with success. Those who devoted the most green years were the deserved glory (almost always recognized late), but above all their Italian. In private some reached the top of the public sphere, the liberal professions or were good and honest craftsmen. After dark years, full of disappointments, in the mid-sixties came a kind of miracle, the first concrete "Risorgimento Arezzo". The arrival of the railroad and, with it, the station, put an end to isolation. Economic and triggered substantial changes consequences. In the background, the distant origins of progress, at last remembered with monuments, plaques, inscriptions, on obituaries, with the construction of the memory of the Risorgimento, they were the footprints of the volunteers for independence. Not infrequently the traces of their blood. Giabbani from Arezzo and Francesco Raffaello Dendi from Montevarchi, affected in Bezzecca, Francesco Ghignoni dead boy in the fighting of the Volturno and the other fallen would rest in peace. The sacrifice was not in vain

Seguendo una ricostruzione degli avvenimenti superficiale, il Risorgimento potrebbe essere interpretato come una limitante questione geopolitica o di mutamento nelle forme di Stato e di governo. Non fu soltanto così. La luce che brillava negli occhi dei giovanissimi - tanti anche ad Arezzo e provincia -, che rischiavano la vita sui campi di battaglia significava questo ma anche altro. Il sogno di una società più libera, equa e giusta. Un avvenire migliore per la collettività, il ricongiungimento con le nazioni più evolute; il progresso. Essere patrioti non era facile. Al di là della vigilanza dell’apparato granducale, stava il terreno non fertile di una classe dirigente poco propensa al cambiamento, tendenzialmente conservatrice se non reazionaria. Nella presente riflessione, approfondendo nostri lavori più estesi, abbiamo cercato di rintracciare questi contenuti nei volontari aretini. Gli eroismi di Severi, futuro leader della Sinistra, di Romanelli, già ministro di Grazia Giustizia e Culti nel Governo provvisorio toscano, del Cittadini, medico che aveva visitato Leopoldo II, del fornaio Coleschi detto “Rogantino”, del repubblicano Fantozzi, di Angelo Maltagliati, caduto a Roma fuori Porta S. Pancrazio, furono coronati da successo. Coloro che dedicarono gli anni più verdi ebbero la gloria meritata (quasi sempre riconosciuta in ritardo), ma soprattutto la loro Italia. Nel privato alcuni raggiunsero i vertici della sfera pubblica, delle professioni liberali o furono bravi e onesti artigiani. Dopo anni bui, colmi di delusioni, a metà degli anni Sessanta avvenne una specie di miracolo, il primo concreto “Risorgimento aretino”. L’arrivo della ferrovia e, con essa, della stazione, mise la parola fine all’isolamento. Innescò conseguenze economiche e modifiche sostanziali. Sullo sfondo, lontane origini dei progressi, finalmente ricordate con monumenti, lapidi, iscrizioni, sui necrologi, con la costruzione della memoria del Risorgimento, stavano le orme dei volontari per l’indipendenza. Non di rado le tracce del loro sangue. L’aretino Giabbani e Francesco Raffaello Dendi, montevarchino, colpiti a Bezzecca, Francesco Ghignoni morto ragazzo nei combattimenti del Volturno e gli altri caduti avrebbero riposato in pace. Il sacrificio non era stato vano