La safenectomia per stripping ha rappresentato nel secolo sorso il gold standard della terapia chirurgica delle varici degli arti inferiori. Attualmente essa è stata soppiantata dalle procedure endovascolari di obliterazione dei tronchi safenici soprattutto nei paesi più avanzati e più ricchi dal punto di vista economico. Negli Stati Uniti lo spostamento dallo stripping verso modalità meno invasive è stato guidato da molteplici fattori, tra cui la spinta delle Aziende produttrici dei devices, le Compagnie Assicuratrici, la filosofia di una minore aggressività in tutti i campi della chirurgia compresa quindi la chirurgia flebologica, la moda per cui essere all’avanguardia significa abbandonare tutto quello che è stato fatto in passato. In Italia non vi è dubbio che le moderne procedure di obliterazione endoluminale della safena con mezzi fisici o chimici si stiano affermando sempre di più tra i Flebologi, soprattutto tra quelli di estrazione medica, che poca o nulla confidenza hanno con il bisturi. Rimangono, però, dei Centri di Flebologia, e noi siamo tra quelli, in cui la chirurgia safenica ablativa tradizionale continua ad essere eseguita, sia perché i risultati immediati e a distanza sono assolutamente simili alle moderne tecniche e procedure di trattamento della malattia varicosa, sia perché i costi delle apparecchiature e dei materiali monouso sono ancora troppo elevati per essere coperti dall’attuale DRG nel sistema sanitario pubblico. Presso l’Unità Operativa Autonoma di Flebologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese nell’ultimo triennio sono stati eseguiti 590 interventi (68,7%) di stripping della grande (543) o della piccola safena (47), 142 interventi (16,5%) di chirurgia emodinamica per lo più CHIVA 2, 79 interventi (9,2%) tipo ASVAL, 18 procedure endovascolari (2,1%) utilizzando la radiofrequenza, 16 interventi (1,8%) di revisione della giunzione safenofemorale per varici recidive all’inguine, 15 interventi (1,7%) di crossectomia seguita da iniezione di agente sclerosante, di solito polidocanolo al 3%, nel tronco safenico distale. La mia esperienza mi porta a concludere che la chirurgia flebologica rappresenta ancora oggi per efficacia a lungo termine la strategia terapeutica di riferimento, ma è innegabile che le procedure endovascolari per la loro miniinvasività, per l’assenza di anestesia generale, per il più rapido ritorno al lavoro e per tassi di recidiva più o meno simili a lungo termine, sono sempre più destinate a diventare in un prossimo futuro il gold standard del trattamento della malattia venosa cronica superficiale.

Botta, G. (2016). Attualità nel trattamento delle varici degli arti inferiori: la tecnica chirurgica open a confronto con le procedure endovascolari. Focus vascolare, 2, 25-28.

Attualità nel trattamento delle varici degli arti inferiori: la tecnica chirurgica open a confronto con le procedure endovascolari

BOTTA, GIUSEPPE
2016-01-01

Abstract

La safenectomia per stripping ha rappresentato nel secolo sorso il gold standard della terapia chirurgica delle varici degli arti inferiori. Attualmente essa è stata soppiantata dalle procedure endovascolari di obliterazione dei tronchi safenici soprattutto nei paesi più avanzati e più ricchi dal punto di vista economico. Negli Stati Uniti lo spostamento dallo stripping verso modalità meno invasive è stato guidato da molteplici fattori, tra cui la spinta delle Aziende produttrici dei devices, le Compagnie Assicuratrici, la filosofia di una minore aggressività in tutti i campi della chirurgia compresa quindi la chirurgia flebologica, la moda per cui essere all’avanguardia significa abbandonare tutto quello che è stato fatto in passato. In Italia non vi è dubbio che le moderne procedure di obliterazione endoluminale della safena con mezzi fisici o chimici si stiano affermando sempre di più tra i Flebologi, soprattutto tra quelli di estrazione medica, che poca o nulla confidenza hanno con il bisturi. Rimangono, però, dei Centri di Flebologia, e noi siamo tra quelli, in cui la chirurgia safenica ablativa tradizionale continua ad essere eseguita, sia perché i risultati immediati e a distanza sono assolutamente simili alle moderne tecniche e procedure di trattamento della malattia varicosa, sia perché i costi delle apparecchiature e dei materiali monouso sono ancora troppo elevati per essere coperti dall’attuale DRG nel sistema sanitario pubblico. Presso l’Unità Operativa Autonoma di Flebologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese nell’ultimo triennio sono stati eseguiti 590 interventi (68,7%) di stripping della grande (543) o della piccola safena (47), 142 interventi (16,5%) di chirurgia emodinamica per lo più CHIVA 2, 79 interventi (9,2%) tipo ASVAL, 18 procedure endovascolari (2,1%) utilizzando la radiofrequenza, 16 interventi (1,8%) di revisione della giunzione safenofemorale per varici recidive all’inguine, 15 interventi (1,7%) di crossectomia seguita da iniezione di agente sclerosante, di solito polidocanolo al 3%, nel tronco safenico distale. La mia esperienza mi porta a concludere che la chirurgia flebologica rappresenta ancora oggi per efficacia a lungo termine la strategia terapeutica di riferimento, ma è innegabile che le procedure endovascolari per la loro miniinvasività, per l’assenza di anestesia generale, per il più rapido ritorno al lavoro e per tassi di recidiva più o meno simili a lungo termine, sono sempre più destinate a diventare in un prossimo futuro il gold standard del trattamento della malattia venosa cronica superficiale.
2016
Botta, G. (2016). Attualità nel trattamento delle varici degli arti inferiori: la tecnica chirurgica open a confronto con le procedure endovascolari. Focus vascolare, 2, 25-28.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/1013198
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo