Decodificazione e interpretazione del patrimonio figurativo del Paleolitico Superiore pongono inevitabilmente una serie di interrogativi intorno alla particolare struttura della “mente” che ha prodotto le innumerevoli ed emozionanti testimonianze graffite, scolpite, dipinte sulle pareti delle caverne. Accantonando facili e corrive analogie, proiezioni indebite dei nostri paradigmi culturali, camicie di forza di stampo evoluzionistico, emerge nettamente una questione che potrebbe essere sintetizzata così: quale modello di coscienza ha prodotto l’impressionante universo culturale paleolitico? Per muovere i primi passi verso una possibile risposta a tale questione, questo contributo invita a concentrarsi su una particolare caratteristica della cosiddetta arte paleolitica, ovvero l’innegabile inclusione del supporto materiale nelle immagini create sulle pareti rocciose. Numerosi rilevamenti condotti all’interno delle caverne dai massimi studiosi della Preistoria hanno abbondantemente mostrato, lungo un secolo di ricerche, che queste opere venivano sovente concepite in funzione della roccia su cui sono state realizzate e che le asperità, le crepe, le sporgenze o le rientranze delle pareti delle caverne, più che scoraggiare gli esecutori, sembrano soprattutto averli ispirati e guidati nei loro interventi. Le particolarità geologiche delle caverne risultano quindi integrate nelle più svariate raffigurazioni e contribuiscono a definire e a comporre in maniera decisiva la fisionomia degli animali presenti nelle opere parietali. L’adozione di una particolare analitica fenomenologica nella lettura di questa manifestazione creativa rende ragione del primato morfologico dei supporti materiali, mostrando come i segni lasciati sulle pareti, più che l’esito di una autonoma volontà creatrice dei loro artefici, sembrano essere piuttosto la traccia di una particolare postura esistenziale e cognitiva caratterizzata dall’impersonalità della coscienza.
Gonnella, S. (2007). Pietre viventi: il contributo della fenomenologia all'interpretazione dell'arte preistorica. In Rock art in the frame of the Cultural Heritage of Humankind / L'arte rupestre nel quadro del Patrimonio Culturale dell'Umanità: 22. Valcamonica Symposium 2007, Darfo Boario Terme (BS), Italy, 18th-24th May 2007 (pp.207-212). Capo di Ponte (BS) : Edizioni del Centro.
Pietre viventi: il contributo della fenomenologia all'interpretazione dell'arte preistorica
Gonnella, Stefano
2007-01-01
Abstract
Decodificazione e interpretazione del patrimonio figurativo del Paleolitico Superiore pongono inevitabilmente una serie di interrogativi intorno alla particolare struttura della “mente” che ha prodotto le innumerevoli ed emozionanti testimonianze graffite, scolpite, dipinte sulle pareti delle caverne. Accantonando facili e corrive analogie, proiezioni indebite dei nostri paradigmi culturali, camicie di forza di stampo evoluzionistico, emerge nettamente una questione che potrebbe essere sintetizzata così: quale modello di coscienza ha prodotto l’impressionante universo culturale paleolitico? Per muovere i primi passi verso una possibile risposta a tale questione, questo contributo invita a concentrarsi su una particolare caratteristica della cosiddetta arte paleolitica, ovvero l’innegabile inclusione del supporto materiale nelle immagini create sulle pareti rocciose. Numerosi rilevamenti condotti all’interno delle caverne dai massimi studiosi della Preistoria hanno abbondantemente mostrato, lungo un secolo di ricerche, che queste opere venivano sovente concepite in funzione della roccia su cui sono state realizzate e che le asperità, le crepe, le sporgenze o le rientranze delle pareti delle caverne, più che scoraggiare gli esecutori, sembrano soprattutto averli ispirati e guidati nei loro interventi. Le particolarità geologiche delle caverne risultano quindi integrate nelle più svariate raffigurazioni e contribuiscono a definire e a comporre in maniera decisiva la fisionomia degli animali presenti nelle opere parietali. L’adozione di una particolare analitica fenomenologica nella lettura di questa manifestazione creativa rende ragione del primato morfologico dei supporti materiali, mostrando come i segni lasciati sulle pareti, più che l’esito di una autonoma volontà creatrice dei loro artefici, sembrano essere piuttosto la traccia di una particolare postura esistenziale e cognitiva caratterizzata dall’impersonalità della coscienza.File | Dimensione | Formato | |
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