Il lavoro cerca di delineare un quadro complessivo dell’importanza e della centralità della pesca di acqua dolce nella Toscana della prima età moderna. Considerati i limiti della pesca marittima per diversi motivi (vuoi per la scarsa sicurezza dei litorali tirrenici, vuoi per la mancanza di solide tradizioni dei pescatori autoctoni toscani, vuoi per un ancora limitato mercato del pesce di mare conservato), era soprattutto la pesca nelle acque interne a dover garantire i consumi di pesce che, come sappiamo, era un alimento importante della dieta per svariati motivi di carattere religioso e culturale. Tuttavia la sua disponibilità era limitata mentre la domanda, soprattutto in ambiente urbano, era assai elevata. Considerati questi elementi, ne derivava uno sfruttamento intensivo di ogni specchio acqua disponibile. Non a caso in Toscana si assiste nel corso del XV secolo ad interventi significativi in diverse aree umide: pescaie e dighe cercano in tutti i modi di costituire delle riserve di pesce da destinare alle crescenti necessità di consumo, in particolare delle principali realtà urbane. Fiumi e laghi vengono sfruttati intensamente; spesso si assiste ad interventi di adattamento dell’uomo che cerca di trasformare l’ambiente umido in funzione degli interessi della pesca. Si hanno esempi importanti a Bientina e a Fucecchio, in Valdichiana e nel litorale Versiliese, negli stagni del pisano o più a sud nella Maremma grossetana, ma certamente uno degli esempi più interessanti è il tentativo di Siena di creare un lago artificiale sul fiume Bruna grazie alla costruzione di una imponente diga di sbarramento, episodio sfortunato ma estremamente rivelatore della fiducia dell’uomo rinascimentale di poter piegare la natura ai propri fini.

Zagli, A. (2010). Pesca e ambienti ‘umidi’ nella Toscana del Rinascimento. In Fiumi e laghi toscani fra passato e presente. Pesca, memorie, regole (pp.210-242). ASKA.

Pesca e ambienti ‘umidi’ nella Toscana del Rinascimento

ZAGLI, ANDREA
2010-01-01

Abstract

Il lavoro cerca di delineare un quadro complessivo dell’importanza e della centralità della pesca di acqua dolce nella Toscana della prima età moderna. Considerati i limiti della pesca marittima per diversi motivi (vuoi per la scarsa sicurezza dei litorali tirrenici, vuoi per la mancanza di solide tradizioni dei pescatori autoctoni toscani, vuoi per un ancora limitato mercato del pesce di mare conservato), era soprattutto la pesca nelle acque interne a dover garantire i consumi di pesce che, come sappiamo, era un alimento importante della dieta per svariati motivi di carattere religioso e culturale. Tuttavia la sua disponibilità era limitata mentre la domanda, soprattutto in ambiente urbano, era assai elevata. Considerati questi elementi, ne derivava uno sfruttamento intensivo di ogni specchio acqua disponibile. Non a caso in Toscana si assiste nel corso del XV secolo ad interventi significativi in diverse aree umide: pescaie e dighe cercano in tutti i modi di costituire delle riserve di pesce da destinare alle crescenti necessità di consumo, in particolare delle principali realtà urbane. Fiumi e laghi vengono sfruttati intensamente; spesso si assiste ad interventi di adattamento dell’uomo che cerca di trasformare l’ambiente umido in funzione degli interessi della pesca. Si hanno esempi importanti a Bientina e a Fucecchio, in Valdichiana e nel litorale Versiliese, negli stagni del pisano o più a sud nella Maremma grossetana, ma certamente uno degli esempi più interessanti è il tentativo di Siena di creare un lago artificiale sul fiume Bruna grazie alla costruzione di una imponente diga di sbarramento, episodio sfortunato ma estremamente rivelatore della fiducia dell’uomo rinascimentale di poter piegare la natura ai propri fini.
2010
Zagli, A. (2010). Pesca e ambienti ‘umidi’ nella Toscana del Rinascimento. In Fiumi e laghi toscani fra passato e presente. Pesca, memorie, regole (pp.210-242). ASKA.
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