L’intervento, edito negli atti del Seminario (San Giovanni d'Asso - Montisi, 10-11 novembre 2006) si compone di due parti. Nella prima viene affrontata la questione cronologica della “cappella carolingia” dell’abbazia di Sant’Antimo, in Toscana, attestata fin dall’813 e fondata, secondo un diploma di Enrico III, da Carlo Magno, la cui tradizionale attribuzione all’altomedievo presenta non poche problematiche. L’edificio si compone di una piccola aula rettangolare absidata e da una sottostante cripta a navatelle voltata a crociera. Dall’esame delle strutture sono emerse due principali fasi costruttive, entrambe stratigraficamente anteriori all’adiacente chiesa romanica del XII secolo. La prima, forse riconducibile alla fondazione di fine VIII secolo, corrisponde a tre dei quattro muri perimetrali della cripta, realizzati a grandi pietre squadrate di reimpiego, ed è riferibile ad una chiesa di incerte dimensioni e tipologia. La seconda fase, databile intorno al Mille, consiste nella riedificazione della chiesa, a pietrame semilavorato misto a bozzette di reimpiego, e nella trasformazione dell’ambiente sottostante in una cripta a navatelle. La seconda parte dell’intervento contempla una rassegna, a livello regionale, degli edifici religiosi rurali collocabili tra l’VIII e i primi dell’XI secolo, al fine di ricostruire l’evoluzione delle tecniche murarie anche in relazione a quanto emerso da recenti studi sull’Italia settentrionale. Per tutto il periodo in esame sono ben attestati tanto l’uso dell’opus incertum, che nella zona orientale e centro-meridionale della regione sembra intensificarsi nei decenni a cavallo del Mille, quanto quello del piccolo apparato (diversamente dall’Italia del Nord dove fino alla metà del X secolo risulta quasi assente). Fino ai primi dell’XI secolo l’uso della pietra squadrata, sebbene di reimpiego, è attestata solo a Sant’Antimo, così come l’uso esteso del laterizio, anch’esso di reimpiego, presente solo nella chiesa di S. Stefano ad Anghiari. Al clima di generalizzata sperimentazione che caratterizza l’architettura dei decenni subito dopo il Mille sono infine riconducibili i primi casi di reintroduzione dell’opera quadrata, dalle chiese pisane facenti capo al S. Piero a Grado all’episodio, del tutto isolato, di S. Salvatore al Monte Amiata (circa 1035), con una sostanziale anticipazione rispetto a quanto attestato per l’Italia settentrionale.

Gabbrielli, F. (2008). La cappella di Sant'Antimo e le tecniche murarie nelle chiese altomedievali rurali della Toscana (sec. VII - inizi sec. XI). In Chiese e insediamenti nei secoli di formazione dei paesaggi medievali della Toscana (V-X secolo) (pp.337-368). All'Insegna del Giglio.

La cappella di Sant'Antimo e le tecniche murarie nelle chiese altomedievali rurali della Toscana (sec. VII - inizi sec. XI)

GABBRIELLI, FABIO
2008-01-01

Abstract

L’intervento, edito negli atti del Seminario (San Giovanni d'Asso - Montisi, 10-11 novembre 2006) si compone di due parti. Nella prima viene affrontata la questione cronologica della “cappella carolingia” dell’abbazia di Sant’Antimo, in Toscana, attestata fin dall’813 e fondata, secondo un diploma di Enrico III, da Carlo Magno, la cui tradizionale attribuzione all’altomedievo presenta non poche problematiche. L’edificio si compone di una piccola aula rettangolare absidata e da una sottostante cripta a navatelle voltata a crociera. Dall’esame delle strutture sono emerse due principali fasi costruttive, entrambe stratigraficamente anteriori all’adiacente chiesa romanica del XII secolo. La prima, forse riconducibile alla fondazione di fine VIII secolo, corrisponde a tre dei quattro muri perimetrali della cripta, realizzati a grandi pietre squadrate di reimpiego, ed è riferibile ad una chiesa di incerte dimensioni e tipologia. La seconda fase, databile intorno al Mille, consiste nella riedificazione della chiesa, a pietrame semilavorato misto a bozzette di reimpiego, e nella trasformazione dell’ambiente sottostante in una cripta a navatelle. La seconda parte dell’intervento contempla una rassegna, a livello regionale, degli edifici religiosi rurali collocabili tra l’VIII e i primi dell’XI secolo, al fine di ricostruire l’evoluzione delle tecniche murarie anche in relazione a quanto emerso da recenti studi sull’Italia settentrionale. Per tutto il periodo in esame sono ben attestati tanto l’uso dell’opus incertum, che nella zona orientale e centro-meridionale della regione sembra intensificarsi nei decenni a cavallo del Mille, quanto quello del piccolo apparato (diversamente dall’Italia del Nord dove fino alla metà del X secolo risulta quasi assente). Fino ai primi dell’XI secolo l’uso della pietra squadrata, sebbene di reimpiego, è attestata solo a Sant’Antimo, così come l’uso esteso del laterizio, anch’esso di reimpiego, presente solo nella chiesa di S. Stefano ad Anghiari. Al clima di generalizzata sperimentazione che caratterizza l’architettura dei decenni subito dopo il Mille sono infine riconducibili i primi casi di reintroduzione dell’opera quadrata, dalle chiese pisane facenti capo al S. Piero a Grado all’episodio, del tutto isolato, di S. Salvatore al Monte Amiata (circa 1035), con una sostanziale anticipazione rispetto a quanto attestato per l’Italia settentrionale.
2008
9788878144552
Gabbrielli, F. (2008). La cappella di Sant'Antimo e le tecniche murarie nelle chiese altomedievali rurali della Toscana (sec. VII - inizi sec. XI). In Chiese e insediamenti nei secoli di formazione dei paesaggi medievali della Toscana (V-X secolo) (pp.337-368). All'Insegna del Giglio.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/18387
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo