Al centro di quest’ulteriore contributo dedicato alla talora misconosciuta presenza della questione d’Oriente, dell’impero bizantino e dei suoi rappresentanti nella pittura del primo Rinascimento italiano è anzitutto l’interpretatio byzantina della Cavalcata dei Magi dipinta da Benozzo Gozzoli nella Cappella Medicea di Palazzo Medici-Riccardi a Firenze. L’analisi iconografica degli affreschi è legata a quella del retroterra storico-politico contemporaneo alla loro committenza: il progetto di un “salvataggio occidentale di Bisanzio”, caldeggiato da Bessarione e dalla componente grecofilo- umanistica della curia romana, con in testa Nicola Cusano, ma soprattutto da Enea Silvio Piccolomini, che convocò a questo scopo nel 1459 — lo stesso anno in cui vennero eseguiti gli affreschi — la conferenza di Mantova. Alla luce del progetto di rifondazione dell’impero in Morea e della crociata indetta a Mantova da Pio II si chiariscono le alleanze dinastiche degli ultimi Paleologhi con le signorie italiane, progressivamente costituitesi in vero e proprio “clan filobizantino”, e il ruolo giuridico, anche ideologico e simbolico, di cui Pio II investì il porfirogenito Tommaso Paleologo – destinato al trono della Nuova Bisanzio – nella sua permanenza in Italia. I potenti riflessi di queste vicende e la celebrazione e riproposizione, in occasione del concilio di Mantova, delle concertazioni politico-religiose elaborate esattamente vent’anni prima durante il concilio di Firenze-Ferrara, si colgono nella pittura coeva: nella Flagellazione di Piero della Francesca, nel Corteo dei Magi di Andrea Mantegna e con forse ancor maggiore evidenza nella Cavalcata di Benozzo. Quest’ultima potrebbe conservare anche uno dei “ritratti occulti” di Tommaso Paleologo (individuati con certezza in altre committenze artistiche di poco successive, anzitutto in quelle di Pio II), o più propriamente una sua effigie simbolica, incarnata forse nel giovane “capocaccia” biondo con ghepardi, da sempre oggetto di perplessità e dispute tra gli studiosi. Se l’analisi del ritratto si avvale del confronto con la Flagellazione di Piero, la presenza di Tommaso Paleologo al concilio di Firenze è suggerita da testimonianze storiografiche finora ignorate o sottovalutate, come quella del Chronicon minus di Sfrantze o del Diario di Pero Tafur. Completa il contributo un ricco apparato iconografico. The interpretatio byzantina of the Cavalcata dei Magi painted by Benozzo Gozzoli in the Medici Chapel of the Palazzo Medici-Riccardi Palace at Florence is at the centre of this further contribution devoted to the oft-misunderstood presence of the Oriental question, the Byzantine Empire and its representatives in early Renaissance painting. The iconographic analysis of the frescoes is tied to that of the historical and political background of their commission: the “Western salvage of Byzantium,” supported by Bessarion and the philo-Greek component of the Roman Curia, with Nicolas of Cusa as its leader. Further, Aeneas Sylvius Piccolomini (Pius II), who called the Council of Mantua for this reason in 1459, the same year in which the frescoes were painted - energetically promoted the project. In light of the plan to re-establish the empire in Morea and the crusade called by Pius II in Mantua, the dynastic alliances of the last Palaeologi with the Italian signorie, increasingly forming into a veritable “philo-Byzantine clan,” come into focus, along with the juridical, ideological, and symbolic role with which Pius II invests the porphyrogenitus Thomas Palaeologus – destined for the throne of the dreamed-for New Byzantium – during his sojourn in Italy. The powerful echoes of these events and the celebration and reiteration, on the occasion of the Council of Mantua, of the political and religious plans elaborated exactly twenty years previously during the Council of Ferrara and Florence, can be seen in contemporary painting: in Piero della Francesca’s Flagellation of Christ, in Andrea Mantegna’s Corteo dei Magi and, with even greater clarity, in Benozzo’s Cavalcata. The latter might also hold one of the “hidden portraits” of Thomas Palaeologus (identified with certainty in subsequent artistic commissions, especially those of Pius II), or more properly, a symbolic effigy in the form of the young, blond “leader of the hunt” with the cheetahs – a continual subject of perplexity and debate among scholars. If the study of the portrait avails itself of a comparison with Piero’s Flagellation, the presence of Thomas Palaeologus at the Council of Florence is suggested by historical evidence unknown or under-valued until now, such as Sfrantze’s Chronicon minus and Pero Tafur’s Travels. An extensive iconographic apparatus supplements the essay.
Ronchey, S. (2002). Il "salvataggio occidentale" di Bisanzio. Una lettera di Enea Silvio Piccolomini e l'allegoria pittorica di Bisanzio nel primo Rinascimento. In Bisanzio, Venezia e il mondo franco-greco (XIII-XV secolo). Atti del Colloquio Internazionale organizzato nel centenario della nascita di Raymond-Joseph Loenertz o.p. (Venezia, 1-2 dicembre 2000), a cura di C.A. Maltezou e P. Schreiner (pp.125-150). Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Postbizantini.
Il "salvataggio occidentale" di Bisanzio. Una lettera di Enea Silvio Piccolomini e l'allegoria pittorica di Bisanzio nel primo Rinascimento
RONCHEY, SILVIA
2002-01-01
Abstract
Al centro di quest’ulteriore contributo dedicato alla talora misconosciuta presenza della questione d’Oriente, dell’impero bizantino e dei suoi rappresentanti nella pittura del primo Rinascimento italiano è anzitutto l’interpretatio byzantina della Cavalcata dei Magi dipinta da Benozzo Gozzoli nella Cappella Medicea di Palazzo Medici-Riccardi a Firenze. L’analisi iconografica degli affreschi è legata a quella del retroterra storico-politico contemporaneo alla loro committenza: il progetto di un “salvataggio occidentale di Bisanzio”, caldeggiato da Bessarione e dalla componente grecofilo- umanistica della curia romana, con in testa Nicola Cusano, ma soprattutto da Enea Silvio Piccolomini, che convocò a questo scopo nel 1459 — lo stesso anno in cui vennero eseguiti gli affreschi — la conferenza di Mantova. Alla luce del progetto di rifondazione dell’impero in Morea e della crociata indetta a Mantova da Pio II si chiariscono le alleanze dinastiche degli ultimi Paleologhi con le signorie italiane, progressivamente costituitesi in vero e proprio “clan filobizantino”, e il ruolo giuridico, anche ideologico e simbolico, di cui Pio II investì il porfirogenito Tommaso Paleologo – destinato al trono della Nuova Bisanzio – nella sua permanenza in Italia. I potenti riflessi di queste vicende e la celebrazione e riproposizione, in occasione del concilio di Mantova, delle concertazioni politico-religiose elaborate esattamente vent’anni prima durante il concilio di Firenze-Ferrara, si colgono nella pittura coeva: nella Flagellazione di Piero della Francesca, nel Corteo dei Magi di Andrea Mantegna e con forse ancor maggiore evidenza nella Cavalcata di Benozzo. Quest’ultima potrebbe conservare anche uno dei “ritratti occulti” di Tommaso Paleologo (individuati con certezza in altre committenze artistiche di poco successive, anzitutto in quelle di Pio II), o più propriamente una sua effigie simbolica, incarnata forse nel giovane “capocaccia” biondo con ghepardi, da sempre oggetto di perplessità e dispute tra gli studiosi. Se l’analisi del ritratto si avvale del confronto con la Flagellazione di Piero, la presenza di Tommaso Paleologo al concilio di Firenze è suggerita da testimonianze storiografiche finora ignorate o sottovalutate, come quella del Chronicon minus di Sfrantze o del Diario di Pero Tafur. Completa il contributo un ricco apparato iconografico. The interpretatio byzantina of the Cavalcata dei Magi painted by Benozzo Gozzoli in the Medici Chapel of the Palazzo Medici-Riccardi Palace at Florence is at the centre of this further contribution devoted to the oft-misunderstood presence of the Oriental question, the Byzantine Empire and its representatives in early Renaissance painting. The iconographic analysis of the frescoes is tied to that of the historical and political background of their commission: the “Western salvage of Byzantium,” supported by Bessarion and the philo-Greek component of the Roman Curia, with Nicolas of Cusa as its leader. Further, Aeneas Sylvius Piccolomini (Pius II), who called the Council of Mantua for this reason in 1459, the same year in which the frescoes were painted - energetically promoted the project. In light of the plan to re-establish the empire in Morea and the crusade called by Pius II in Mantua, the dynastic alliances of the last Palaeologi with the Italian signorie, increasingly forming into a veritable “philo-Byzantine clan,” come into focus, along with the juridical, ideological, and symbolic role with which Pius II invests the porphyrogenitus Thomas Palaeologus – destined for the throne of the dreamed-for New Byzantium – during his sojourn in Italy. The powerful echoes of these events and the celebration and reiteration, on the occasion of the Council of Mantua, of the political and religious plans elaborated exactly twenty years previously during the Council of Ferrara and Florence, can be seen in contemporary painting: in Piero della Francesca’s Flagellation of Christ, in Andrea Mantegna’s Corteo dei Magi and, with even greater clarity, in Benozzo’s Cavalcata. The latter might also hold one of the “hidden portraits” of Thomas Palaeologus (identified with certainty in subsequent artistic commissions, especially those of Pius II), or more properly, a symbolic effigy in the form of the young, blond “leader of the hunt” with the cheetahs – a continual subject of perplexity and debate among scholars. If the study of the portrait avails itself of a comparison with Piero’s Flagellation, the presence of Thomas Palaeologus at the Council of Florence is suggested by historical evidence unknown or under-valued until now, such as Sfrantze’s Chronicon minus and Pero Tafur’s Travels. An extensive iconographic apparatus supplements the essay.File | Dimensione | Formato | |
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