La Corte di Cassazione traccia il discrimen tra la vendita con integrazione del prezzo in natura e la permuta con conguaglio in denaro. Dalla motivazione della sentenza emerge chiaramente che il problema qualificatorio che connota queste due limitrofe figure deve essere risolto attraverso l’individuazione dell’“interesse comune” perseguito dalle parti, da ricostruire, nelle singole fattispecie in considerazione, mediante alcuni “indici qualificanti”. In particolare, nel caso di specie, la qualificazione del contratto come “vendita” è stata ricavata sia dalla particolare struttura dell’operazione negoziale (che era articolata in due distinti atti: alla vendita, infatti, era seguita la datio in solutum di una parte del prezzo); sia dalla circostanza che il denaro era stato utilizzato quale “criterio di valutazione” delle utilità oggetto di scambio; sia, infine, dal fatto che il pagamento del prezzo era la prestazione (del lato del contratto composto cumulativamente da denaro e bene) che aveva il “maggiore valore economico”. Grazie alla ricognizione giurisprudenziale di questi “indici” sembra, quindi, possibile superare alcune incertezze che hanno caratterizzato il dibattito dottrinale sul tema in esame.

Orlando, G. (2015). Il discrimen tra vendita con integrazione del prezzo in natura e permuta con conguaglio in denaro. I CONTRATTI(1), 43-48.

Il discrimen tra vendita con integrazione del prezzo in natura e permuta con conguaglio in denaro

Orlando Gianfranco
2015-01-01

Abstract

La Corte di Cassazione traccia il discrimen tra la vendita con integrazione del prezzo in natura e la permuta con conguaglio in denaro. Dalla motivazione della sentenza emerge chiaramente che il problema qualificatorio che connota queste due limitrofe figure deve essere risolto attraverso l’individuazione dell’“interesse comune” perseguito dalle parti, da ricostruire, nelle singole fattispecie in considerazione, mediante alcuni “indici qualificanti”. In particolare, nel caso di specie, la qualificazione del contratto come “vendita” è stata ricavata sia dalla particolare struttura dell’operazione negoziale (che era articolata in due distinti atti: alla vendita, infatti, era seguita la datio in solutum di una parte del prezzo); sia dalla circostanza che il denaro era stato utilizzato quale “criterio di valutazione” delle utilità oggetto di scambio; sia, infine, dal fatto che il pagamento del prezzo era la prestazione (del lato del contratto composto cumulativamente da denaro e bene) che aveva il “maggiore valore economico”. Grazie alla ricognizione giurisprudenziale di questi “indici” sembra, quindi, possibile superare alcune incertezze che hanno caratterizzato il dibattito dottrinale sul tema in esame.
2015
Orlando, G. (2015). Il discrimen tra vendita con integrazione del prezzo in natura e permuta con conguaglio in denaro. I CONTRATTI(1), 43-48.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/1225495