La mia tesi si pone come obiettivo lo studio degli interventi più specificamente critico teorici scritti da Franco Fortini. Pur essendo consapevole dell’inscindibilità dell’ampio e variegato corpus autoriale, infatti, credo che richiamare l’attenzione sull’originalità e la profondità del suo pensiero estetico sia un modo efficace per evitare di schiacciarne l’eredità sugli opposti poli del lirico (soprattutto quello di Paesaggio e di Composita) e del polemista ideologo, trascurando del tutto il suo ruolo all’interno della critica letteraria italiana di matrice marxista. In aggiunta, pur non disdegnando di stabilire – dove necessario – alcuni collegamenti con le sillogi poetiche, ho cercato di non ridurre l’intera riflessione letteraria di Fortini a una sorta di giustificazione obliqua della propria poetica personale. Tra i materiali presi in considerazione, oltre a tutte le raccolte di saggi pubblicate in vita o postume, vanno segnalati un buon numero di articoli dispersi e alcuni inediti (divisi tra testi di conferenze, brani dell’epistolario e appunti preparatori dei corsi universitari). La tesi è divisa in due parti. Nella prima si ripercorrono le riflessioni meta critiche di Fortini (ossia la sua attenzione al mondo della scuola, dell’editoria e dell’informazione), si descrive il suo stile argomentativo e, soprattutto, si cerca di dare un’interpretazione complessiva delle sue frammentarie proposte teoriche. Per far questo, si è tentato di comprendere quale fosse la peculiarità dell’estetica di Fortini ponendola in relazione ai principali filoni critici del Novecento, dal formalismo russo allo strutturalismo, dalla tradizione filologica alla semiologia, dalla Stilkritic all’ermeneutica e alla scuola di Costanza. In particolare, si è illustrato come Fortini rielabori in senso storico dialettico le categorie jakobsoniane, puntando a valorizzare gli scambi tra testo e contesto piuttosto che ad assolutizzare la funzione poetica del linguaggio. Ciò ha comportato, inoltre, un inevitabile confronto tra la posizione fortiniana e le correnti verso cui egli era massimamente debitore, ossia in primo luogo l’umanesimo marxista di Lukács, con la sua attenzione al rispecchiamento e al senso della prospettiva, ma anche la linea “francofortese” esemplificata da Adorno e Marcuse, così sensibile alla carica utopica e contestatrice insita nella forma artistica. Nel secondo capitolo – anche in connessione col concetto di “classicità” illustrato nella prima sezione – sono stati messi in evidenza i punti di forza della teoria della traduzione di Fortini, la sua distinzione tra versione lineare e rifacimento, il suo interesse per i processi di trasmissione e ricezione. Nel terzo capitolo, infine, sono stati approfonditi gli articoli con cui Fortini avanza alcune proposte metricologiche tanto discutibili e prive di seguito quanto affascinanti e ricche di implicazioni degne di un più serio ripensamento. Nella seconda parte della tesi si è perseguita una duplice finalità. Da un lato, si è voluto rendere testimonianza all’apertura dello sguardo fortiniano e alla vastità della sua cultura. Detto diversamente, in opposizione a un’immagine da italianista “puro” a cui potrebbero forse indurre il peso e la rilevanza di Saggi italiani e Nuovi saggi italiani, ho scelto di dar conto del Fortini comparatista. Dall’altro, si è resa impellente la necessità di compiere delle scelte, ossia di privilegiare un possibile percorso e un particolare ambito di interesse rispetto ad altri. Al fine di valorizzare debitamente un lato forse dimenticato, o almeno lasciato nell’ombra, della produzione fortiniana, ho così puntato a mettere in risalto i suoi studi di letteratura francese, nella convinzione che la parabola iniziatasi col Romanticismo e conclusasi col Postmodernismo potesse far risaltare in modo perspicuo gli stessi mutamenti del campo letterario, e persino della nozione di arte, interrogati nei primi capitoli. In altri termini, la seconda parte della tesi intende sia verificare l’efficacia euristica degli strumenti messi a punto nella prima, sia mostrarne l’origine storico culturale e gli obiettivi polemici. Per queste ragioni, ho deciso di occuparmi di uno dei padri della “modernità”, ossia Baudelaire, per passare successivamente alla grande tradizione simbolista, la cui influenza in ambito italiano è stata mediata soprattutto dalla poetica dell’Ermetismo fiorentino. Proprio sull’Ermetismo si concentra, allora, il terzo capitolo, dove si mostra dettagliatamente come Fortini – grazie alla propria mens intrinsecamente dialettica – abbia sempre combattuto una battaglia su due fronti opposti: in questo caso, contro il misticismo spiritualistico, contro ogni culto dell’autenticità e della separatezza, ma anche contro l’ipostatizzazione del realismo socialista, contro il contenutismo edificante e il nazional popolare; successivamente, contro l’ “ideologia filologica”, la pretesa neutralità della scienza della letteratura, ma anche contro l’“ideologia ermeneutica”, basata sull’inverificabile genialità dell’arbitrio soggettivo. L’ultimo capitolo, infine, si focalizza sugli scritti fortiniani riguardanti il Surrealismo (con un particolare approfondimento a proposito del “conflitto per le interpretazioni” ingaggiato dall’autore, a proposito di Michelet, con pensatori del calibro di Barthes e Bataille). Interrogandosi sulla lezione delle avanguardie e sulla cultura francese a lui contemporanea, infatti, Fortini mette a punto quelle penetranti categorie critiche che gli permetteranno un’acuta e lucida interpretazione dei mutamenti intervenuti nel dominio dell’estetica, ma anche e soprattutto in quello politico sociale, verso la seconda metà degli anni Settanta. In conclusione, con questo lavoro ho scelto di mettere in luce la centralità dell’attività critica di Fortini all’interno della cultura italiana del XX secolo. Ho cercato, quindi, di fornire un’immagine unitaria e comprensibile – sebbene non immobile o banalizzante – della sua estetica e della sua teoria della letteratura, puntando sì a storicizzare, a precisare i riferimenti e a ricostruire i contesti, ma cercando allo stesso tempo di lasciar emergere l’attualità di quei discorsi e di individuare il loro nucleo di fondo, ossia quel “contenuto di verità” che ci permette, ancora oggi, di leggerli con attenzione e profitto.

Diaco, F. (2017). Franco Fortini critico e teorico della letteratura.

Franco Fortini critico e teorico della letteratura

DIACO, FRANCESCO
2017-01-01

Abstract

La mia tesi si pone come obiettivo lo studio degli interventi più specificamente critico teorici scritti da Franco Fortini. Pur essendo consapevole dell’inscindibilità dell’ampio e variegato corpus autoriale, infatti, credo che richiamare l’attenzione sull’originalità e la profondità del suo pensiero estetico sia un modo efficace per evitare di schiacciarne l’eredità sugli opposti poli del lirico (soprattutto quello di Paesaggio e di Composita) e del polemista ideologo, trascurando del tutto il suo ruolo all’interno della critica letteraria italiana di matrice marxista. In aggiunta, pur non disdegnando di stabilire – dove necessario – alcuni collegamenti con le sillogi poetiche, ho cercato di non ridurre l’intera riflessione letteraria di Fortini a una sorta di giustificazione obliqua della propria poetica personale. Tra i materiali presi in considerazione, oltre a tutte le raccolte di saggi pubblicate in vita o postume, vanno segnalati un buon numero di articoli dispersi e alcuni inediti (divisi tra testi di conferenze, brani dell’epistolario e appunti preparatori dei corsi universitari). La tesi è divisa in due parti. Nella prima si ripercorrono le riflessioni meta critiche di Fortini (ossia la sua attenzione al mondo della scuola, dell’editoria e dell’informazione), si descrive il suo stile argomentativo e, soprattutto, si cerca di dare un’interpretazione complessiva delle sue frammentarie proposte teoriche. Per far questo, si è tentato di comprendere quale fosse la peculiarità dell’estetica di Fortini ponendola in relazione ai principali filoni critici del Novecento, dal formalismo russo allo strutturalismo, dalla tradizione filologica alla semiologia, dalla Stilkritic all’ermeneutica e alla scuola di Costanza. In particolare, si è illustrato come Fortini rielabori in senso storico dialettico le categorie jakobsoniane, puntando a valorizzare gli scambi tra testo e contesto piuttosto che ad assolutizzare la funzione poetica del linguaggio. Ciò ha comportato, inoltre, un inevitabile confronto tra la posizione fortiniana e le correnti verso cui egli era massimamente debitore, ossia in primo luogo l’umanesimo marxista di Lukács, con la sua attenzione al rispecchiamento e al senso della prospettiva, ma anche la linea “francofortese” esemplificata da Adorno e Marcuse, così sensibile alla carica utopica e contestatrice insita nella forma artistica. Nel secondo capitolo – anche in connessione col concetto di “classicità” illustrato nella prima sezione – sono stati messi in evidenza i punti di forza della teoria della traduzione di Fortini, la sua distinzione tra versione lineare e rifacimento, il suo interesse per i processi di trasmissione e ricezione. Nel terzo capitolo, infine, sono stati approfonditi gli articoli con cui Fortini avanza alcune proposte metricologiche tanto discutibili e prive di seguito quanto affascinanti e ricche di implicazioni degne di un più serio ripensamento. Nella seconda parte della tesi si è perseguita una duplice finalità. Da un lato, si è voluto rendere testimonianza all’apertura dello sguardo fortiniano e alla vastità della sua cultura. Detto diversamente, in opposizione a un’immagine da italianista “puro” a cui potrebbero forse indurre il peso e la rilevanza di Saggi italiani e Nuovi saggi italiani, ho scelto di dar conto del Fortini comparatista. Dall’altro, si è resa impellente la necessità di compiere delle scelte, ossia di privilegiare un possibile percorso e un particolare ambito di interesse rispetto ad altri. Al fine di valorizzare debitamente un lato forse dimenticato, o almeno lasciato nell’ombra, della produzione fortiniana, ho così puntato a mettere in risalto i suoi studi di letteratura francese, nella convinzione che la parabola iniziatasi col Romanticismo e conclusasi col Postmodernismo potesse far risaltare in modo perspicuo gli stessi mutamenti del campo letterario, e persino della nozione di arte, interrogati nei primi capitoli. In altri termini, la seconda parte della tesi intende sia verificare l’efficacia euristica degli strumenti messi a punto nella prima, sia mostrarne l’origine storico culturale e gli obiettivi polemici. Per queste ragioni, ho deciso di occuparmi di uno dei padri della “modernità”, ossia Baudelaire, per passare successivamente alla grande tradizione simbolista, la cui influenza in ambito italiano è stata mediata soprattutto dalla poetica dell’Ermetismo fiorentino. Proprio sull’Ermetismo si concentra, allora, il terzo capitolo, dove si mostra dettagliatamente come Fortini – grazie alla propria mens intrinsecamente dialettica – abbia sempre combattuto una battaglia su due fronti opposti: in questo caso, contro il misticismo spiritualistico, contro ogni culto dell’autenticità e della separatezza, ma anche contro l’ipostatizzazione del realismo socialista, contro il contenutismo edificante e il nazional popolare; successivamente, contro l’ “ideologia filologica”, la pretesa neutralità della scienza della letteratura, ma anche contro l’“ideologia ermeneutica”, basata sull’inverificabile genialità dell’arbitrio soggettivo. L’ultimo capitolo, infine, si focalizza sugli scritti fortiniani riguardanti il Surrealismo (con un particolare approfondimento a proposito del “conflitto per le interpretazioni” ingaggiato dall’autore, a proposito di Michelet, con pensatori del calibro di Barthes e Bataille). Interrogandosi sulla lezione delle avanguardie e sulla cultura francese a lui contemporanea, infatti, Fortini mette a punto quelle penetranti categorie critiche che gli permetteranno un’acuta e lucida interpretazione dei mutamenti intervenuti nel dominio dell’estetica, ma anche e soprattutto in quello politico sociale, verso la seconda metà degli anni Settanta. In conclusione, con questo lavoro ho scelto di mettere in luce la centralità dell’attività critica di Fortini all’interno della cultura italiana del XX secolo. Ho cercato, quindi, di fornire un’immagine unitaria e comprensibile – sebbene non immobile o banalizzante – della sua estetica e della sua teoria della letteratura, puntando sì a storicizzare, a precisare i riferimenti e a ricostruire i contesti, ma cercando allo stesso tempo di lasciar emergere l’attualità di quei discorsi e di individuare il loro nucleo di fondo, ossia quel “contenuto di verità” che ci permette, ancora oggi, di leggerli con attenzione e profitto.
2017
Diaco, F. (2017). Franco Fortini critico e teorico della letteratura.
Diaco, Francesco
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