La domanda posta dagli organizzatori (Quelle philologie pour quelle lexicographie?) interpreta in forma tendenziosa il circolo vizioso che lega filologia a lessicografia: per fare buone edizioni servono buoni lessici, per fare buoni lessici servono buone edizioni. Non ritengo legittimo impostare metodologicamente un'edizione soltanto in funzione del suo utilizzo a fini lessicografici: tuttavia non vi è dubbio che le caratteristiche dell'edizione di un testo medievale condizionino l'analisi lessicale praticabile su quel testo. Il modello ecdotico che dà più garanzie al lavoro del lessicografo è quello che permette di dar conto della variazione cui il testo è sottoposto nella diacronia: anche laddove non sia possibile avere sicurezze nella ricostruzione delle fasi originarie di una tradizione, le ipotesi genealogiche circa la sua dinamica consentono di individuare le varianti lessicali, di interpretarne la successione, di collocarle nel tempo. Viceversa, un'edizione fondata sulla sincronia di un unico manoscritto impedisce di cogliere il processo stratigrafico che ne è all'origine, schiacciando i suoi dati lessicali su una superficie opaca. Si esporranno queste riflessioni discutendo alcuni esempi di edizioni e di tradizioni testuali: per la poesia, e in particolare la lirica, il progetto pionieristico di d'Arco Silvio Avalle per le Concordanze della lingua italiana delle Origini; per la prosa, i casi di tradizioni molto dinamiche come i volgarizzamenti italiani e i romanzi in prosa francesi.
Leonardi, L. (2016). Lessico del testo o lessico della tradizione? Un modello a partire dal Medioevo italiano. In Quelle philologie pour quelle lexicographie? Actes de la section 17 du XXVIIème Congrès International de Linguistique et de Philologie Romanes (pp. 85-96). Heidelberg : Winter Verlag.
Lessico del testo o lessico della tradizione? Un modello a partire dal Medioevo italiano
LEONARDI, LINO
2016-01-01
Abstract
La domanda posta dagli organizzatori (Quelle philologie pour quelle lexicographie?) interpreta in forma tendenziosa il circolo vizioso che lega filologia a lessicografia: per fare buone edizioni servono buoni lessici, per fare buoni lessici servono buone edizioni. Non ritengo legittimo impostare metodologicamente un'edizione soltanto in funzione del suo utilizzo a fini lessicografici: tuttavia non vi è dubbio che le caratteristiche dell'edizione di un testo medievale condizionino l'analisi lessicale praticabile su quel testo. Il modello ecdotico che dà più garanzie al lavoro del lessicografo è quello che permette di dar conto della variazione cui il testo è sottoposto nella diacronia: anche laddove non sia possibile avere sicurezze nella ricostruzione delle fasi originarie di una tradizione, le ipotesi genealogiche circa la sua dinamica consentono di individuare le varianti lessicali, di interpretarne la successione, di collocarle nel tempo. Viceversa, un'edizione fondata sulla sincronia di un unico manoscritto impedisce di cogliere il processo stratigrafico che ne è all'origine, schiacciando i suoi dati lessicali su una superficie opaca. Si esporranno queste riflessioni discutendo alcuni esempi di edizioni e di tradizioni testuali: per la poesia, e in particolare la lirica, il progetto pionieristico di d'Arco Silvio Avalle per le Concordanze della lingua italiana delle Origini; per la prosa, i casi di tradizioni molto dinamiche come i volgarizzamenti italiani e i romanzi in prosa francesi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/11365/990365