Lo status è un concetto antico e assieme uno “strumento tecnico tra i più collaudati”, capace di tradurre una posizione soggettiva in una condizione rilevante e duratura per il diritto, in un presupposto di diritti e doveri della persona in quanto parte di un gruppo sociale. Ma “concetto e funzione degli status appartengono alla storia delle idee prima ancora che alla realtà normativa” e spiegano la ragione di questo scritto, in cui si è inteso narrare una storia concettuale, esaminare le metamorfosi semantiche del concetto di status nella scienza giuridica del Novecento. La storia semantica del concetto di status può essere divisa in due età. La prima abbraccia l'antichità, il medioevo e tutto l'antico regime, in cui l'idea dello status costituisce la rappresentazione concettuale, l'Inbegriff dell'ordine del mondo', basato sopra la disuguaglianza - le gerarchie cetuali delle disuguaglianze e le diversità che “sono state poste dalla natura o da Dio” - e la conoscenza dell'ordine sociale è definita e spiegata, a partire dal pensiero greco-romano, con la metafora del corpo umano, che diventa il fondamento di un'etica connessa con “il pensiero fondamentale della disuguaglianza”. La seconda età va dalle rivoluzioni industriale e politica di fine '700 ai nostri giorni, quando lo status diventa un Kampfbegriff, una dicotomia, la rappresentazione di un vecchio ordine del mondo, “obsoleto, illegittimo e ingiusto” da abbattere o “vero, giusto e legittimo” da restaurare, per poi divenire nel Novecento una tecnica 'neutrale', un “espediente logico e strumento pratico disponibile a creare o a mantenere disuguaglianze e zone di diritto singolare”, per tutelare interessi e perseguire progetti politico-giuridici differenti e contrari, che presuppongono le più diverse concezioni antropologiche e filosofico-giuridiche e segnano lo sdoppiamento della storia giuridica del Novecento tra le affermazioni del principio generale di uguaglianza (non solo formale ma sostanziale) e le sue smentite. Se nel Novecento si dispiega e manifesta totalmente la complessità del moderno inteso come “un pluriverso in movimento attraversato da conflittuali visioni antropologiche e politico-giuridiche”, lo status appare un pluriverso semantico perfettamente espressivo del Novecento. Nel corso del secolo lo status risulta uno dei concetti che meglio riflette nelle sue successive palingenesi e slittamenti semantici la polisemia, la precarietà e la reversibilità dei principi politici e degli ideali morali che ispirano il diritto degli ordinamenti nel Novecento.
Cianferotti, G. (2013). Il concetto di status nella scienza giuridica del Novecento. Milano : Giuffrè.
Il concetto di status nella scienza giuridica del Novecento
CIANFEROTTI, GIULIO
2013-01-01
Abstract
Lo status è un concetto antico e assieme uno “strumento tecnico tra i più collaudati”, capace di tradurre una posizione soggettiva in una condizione rilevante e duratura per il diritto, in un presupposto di diritti e doveri della persona in quanto parte di un gruppo sociale. Ma “concetto e funzione degli status appartengono alla storia delle idee prima ancora che alla realtà normativa” e spiegano la ragione di questo scritto, in cui si è inteso narrare una storia concettuale, esaminare le metamorfosi semantiche del concetto di status nella scienza giuridica del Novecento. La storia semantica del concetto di status può essere divisa in due età. La prima abbraccia l'antichità, il medioevo e tutto l'antico regime, in cui l'idea dello status costituisce la rappresentazione concettuale, l'Inbegriff dell'ordine del mondo', basato sopra la disuguaglianza - le gerarchie cetuali delle disuguaglianze e le diversità che “sono state poste dalla natura o da Dio” - e la conoscenza dell'ordine sociale è definita e spiegata, a partire dal pensiero greco-romano, con la metafora del corpo umano, che diventa il fondamento di un'etica connessa con “il pensiero fondamentale della disuguaglianza”. La seconda età va dalle rivoluzioni industriale e politica di fine '700 ai nostri giorni, quando lo status diventa un Kampfbegriff, una dicotomia, la rappresentazione di un vecchio ordine del mondo, “obsoleto, illegittimo e ingiusto” da abbattere o “vero, giusto e legittimo” da restaurare, per poi divenire nel Novecento una tecnica 'neutrale', un “espediente logico e strumento pratico disponibile a creare o a mantenere disuguaglianze e zone di diritto singolare”, per tutelare interessi e perseguire progetti politico-giuridici differenti e contrari, che presuppongono le più diverse concezioni antropologiche e filosofico-giuridiche e segnano lo sdoppiamento della storia giuridica del Novecento tra le affermazioni del principio generale di uguaglianza (non solo formale ma sostanziale) e le sue smentite. Se nel Novecento si dispiega e manifesta totalmente la complessità del moderno inteso come “un pluriverso in movimento attraversato da conflittuali visioni antropologiche e politico-giuridiche”, lo status appare un pluriverso semantico perfettamente espressivo del Novecento. Nel corso del secolo lo status risulta uno dei concetti che meglio riflette nelle sue successive palingenesi e slittamenti semantici la polisemia, la precarietà e la reversibilità dei principi politici e degli ideali morali che ispirano il diritto degli ordinamenti nel Novecento.File | Dimensione | Formato | |
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