Le indagini archeologiche nel territorio di Caprese rientrano in un più ampio e articolato progetto di ricerca che riguarda l’intera Alta Valtiberina toscana e che ha avuto inizio negli anni ’80 dello scorso secolo, grazie all’iniziativa dell’allora funzionario archeologo di zona dott. Paola Zamarchi Grassi. Tale progetto è coordinato dal l’attuale Unità di Ricerca di Ecologia Preistorica del Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti” dell’Università di Sie na1, in stretta collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, il Gruppo Ricerche Archeologiche di Sansepolcro (GRAS) e il Centro Stu di sul Quaternario Onlus (CeSQ). La costante attività di ricognizione e di scavo stratigrafico protrattasi negli anni, unitamente alla gestione multidisciplinare dei dati, attuata grazie al coinvolgimento di specialisti appartenenti a svariati campi di ricerca (dalla Geomorfologia, all’Archeozoologia, alla Paleobotanica, all’Archeometria), ha consentito di arrivare oggi ad una ricostruzione puntuale del popolamento antico della regione. In particolare, in ogni specifica indagine, è sempre stato dato il giusto rilievo agli aspetti paleo-ambientali in modo da contestualizzare le evidenze culturali nel coevo quadro di riferimento climatico e paesaggistico. Questo approccio ha spesso portato ad osservare e ad interpretare idati archeologici da pun ti di vista inediti, consentendo di individuare, nell’ambito del rapporto col territorio, motivazioni connesse alle scelte insediative, alla gestione e allo sfruttamento delle risorse disponibili, all’organizzazione economica, nonché di far emergere dal passato paesaggi naturali del tutto insospettati (Moroni Lanfredini, Benvenuti 2010). Ciò si è reso possibile grazie alle sinergiche e proficue collaborazioni instauratesi tra ricercatori di diversa estrazione e competenza appartenenti non solo all’Ateneo senese ma anche alle Università di Fi renze, di Napoli – Federico II e di Perugia. Nell’Alta Valtiberina toscana le prime attestazioni della presenza umana risalgono al Paleolitico medio (120.000-100.000 anni fa), ben documentato nei numerosi giacimenti situati soprattutto sugli antichi terrazzi fluviali del Tevere e della Sovara delle colline di Anghiari (Moroni et alii 2011). Il popolamento della valle vera e propria, tuttavia, è il risultato di una frequentazione molto più recente che ha inizio durante la fine dell’ultima glaciazione (circa 12.000 anni fa) e perdura più o meno ininterrottamente fino ai giorni nostri. Nella piana del Tevere e lungo i suoi affluenti sono stati individuati i resti di abitati neolitici, dell’età del Rame, dell’età del Bronzo, e dell’età del Ferro, molti dei quali sono stati indagatistratigraficamente e hanno fornito informazioni basilari per ricostruire i modi di vita delle antiche popolazioni nelle diverse fasi cronologiche (Moroni Lanfredini, Benvenuti 2010). Il territorio di Caprese è in gran parte montuoso e interessato per lo più da boschi e aree destinate al pascolo. Questa caratteristica ha fatto sì che le ricerche si concentrassero in prevalenza in zone che risultavano maggiormente favorevoli alle ricognizioni di superficie, tralasciando i terreni con abbondante copertura vegetale. L’area che ha restituito senz’altro il maggior numero di rinvenimenti e, fra questi, tutte le evidenze pre-protostoriche – distribuite peraltro in un arco cronologico che inizia col Paleolitico medio per arrivare all’età del Ferro – è quella che circonda la Pieve dei Santi Ippolito e Cassiano (toponimo San Cassiano). Il fatto che il territorio circostante la Pieve sia stato maggiormente battuto durante le ricognizioni è, però, solo uno dei motivi che possono, a nostro avviso, giusti-ficare una simile concentrazione di testimonianze distribuite nel corso del tempo. Evidentementel’area deve aver esercitato nei millenni un’attrattiva particolare per i gruppi umani, fossero essi cacciatori-raccoglitori del Paleolitico o agricoltori-allevatori-artigiani di epoche più recenti. In base all’evidenzageologica, sappiamo che la conca di San Cassiano ha sempre ospitato fino ai giorni nostri (anche se in forma residuale), ecosistemi specifici, di tipo sia lacustre che palustre. Questa caratteristica potrebbe costituire una valida motivazione al reiterarsi della frequentazione umana in un’area così ristretta, tanto più che l’evidenza archeologica sembra attestare la presenza, nei di - versi periodi, di stanziamenti di breve durata, probabilmente stagionali, finalizzati forse allo sfruttamento e approvvigionamento di particolari risorse tipiche delle zone umide disponibili solo in determinati periodi dell’anno.

Moroni, A. (a cura di). (2013). Caprese prima di Michelangelo. Roma : Edizioni Kappa.

Caprese prima di Michelangelo

Moroni, Adriana
2013-01-01

Abstract

Le indagini archeologiche nel territorio di Caprese rientrano in un più ampio e articolato progetto di ricerca che riguarda l’intera Alta Valtiberina toscana e che ha avuto inizio negli anni ’80 dello scorso secolo, grazie all’iniziativa dell’allora funzionario archeologo di zona dott. Paola Zamarchi Grassi. Tale progetto è coordinato dal l’attuale Unità di Ricerca di Ecologia Preistorica del Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti” dell’Università di Sie na1, in stretta collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, il Gruppo Ricerche Archeologiche di Sansepolcro (GRAS) e il Centro Stu di sul Quaternario Onlus (CeSQ). La costante attività di ricognizione e di scavo stratigrafico protrattasi negli anni, unitamente alla gestione multidisciplinare dei dati, attuata grazie al coinvolgimento di specialisti appartenenti a svariati campi di ricerca (dalla Geomorfologia, all’Archeozoologia, alla Paleobotanica, all’Archeometria), ha consentito di arrivare oggi ad una ricostruzione puntuale del popolamento antico della regione. In particolare, in ogni specifica indagine, è sempre stato dato il giusto rilievo agli aspetti paleo-ambientali in modo da contestualizzare le evidenze culturali nel coevo quadro di riferimento climatico e paesaggistico. Questo approccio ha spesso portato ad osservare e ad interpretare idati archeologici da pun ti di vista inediti, consentendo di individuare, nell’ambito del rapporto col territorio, motivazioni connesse alle scelte insediative, alla gestione e allo sfruttamento delle risorse disponibili, all’organizzazione economica, nonché di far emergere dal passato paesaggi naturali del tutto insospettati (Moroni Lanfredini, Benvenuti 2010). Ciò si è reso possibile grazie alle sinergiche e proficue collaborazioni instauratesi tra ricercatori di diversa estrazione e competenza appartenenti non solo all’Ateneo senese ma anche alle Università di Fi renze, di Napoli – Federico II e di Perugia. Nell’Alta Valtiberina toscana le prime attestazioni della presenza umana risalgono al Paleolitico medio (120.000-100.000 anni fa), ben documentato nei numerosi giacimenti situati soprattutto sugli antichi terrazzi fluviali del Tevere e della Sovara delle colline di Anghiari (Moroni et alii 2011). Il popolamento della valle vera e propria, tuttavia, è il risultato di una frequentazione molto più recente che ha inizio durante la fine dell’ultima glaciazione (circa 12.000 anni fa) e perdura più o meno ininterrottamente fino ai giorni nostri. Nella piana del Tevere e lungo i suoi affluenti sono stati individuati i resti di abitati neolitici, dell’età del Rame, dell’età del Bronzo, e dell’età del Ferro, molti dei quali sono stati indagatistratigraficamente e hanno fornito informazioni basilari per ricostruire i modi di vita delle antiche popolazioni nelle diverse fasi cronologiche (Moroni Lanfredini, Benvenuti 2010). Il territorio di Caprese è in gran parte montuoso e interessato per lo più da boschi e aree destinate al pascolo. Questa caratteristica ha fatto sì che le ricerche si concentrassero in prevalenza in zone che risultavano maggiormente favorevoli alle ricognizioni di superficie, tralasciando i terreni con abbondante copertura vegetale. L’area che ha restituito senz’altro il maggior numero di rinvenimenti e, fra questi, tutte le evidenze pre-protostoriche – distribuite peraltro in un arco cronologico che inizia col Paleolitico medio per arrivare all’età del Ferro – è quella che circonda la Pieve dei Santi Ippolito e Cassiano (toponimo San Cassiano). Il fatto che il territorio circostante la Pieve sia stato maggiormente battuto durante le ricognizioni è, però, solo uno dei motivi che possono, a nostro avviso, giusti-ficare una simile concentrazione di testimonianze distribuite nel corso del tempo. Evidentementel’area deve aver esercitato nei millenni un’attrattiva particolare per i gruppi umani, fossero essi cacciatori-raccoglitori del Paleolitico o agricoltori-allevatori-artigiani di epoche più recenti. In base all’evidenzageologica, sappiamo che la conca di San Cassiano ha sempre ospitato fino ai giorni nostri (anche se in forma residuale), ecosistemi specifici, di tipo sia lacustre che palustre. Questa caratteristica potrebbe costituire una valida motivazione al reiterarsi della frequentazione umana in un’area così ristretta, tanto più che l’evidenza archeologica sembra attestare la presenza, nei di - versi periodi, di stanziamenti di breve durata, probabilmente stagionali, finalizzati forse allo sfruttamento e approvvigionamento di particolari risorse tipiche delle zone umide disponibili solo in determinati periodi dell’anno.
2013
Moroni, A. (a cura di). (2013). Caprese prima di Michelangelo. Roma : Edizioni Kappa.
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