La eterogeneità delle professioni è cresciuta con il tempo e a differenza di quanto avveniva in passato il lavoro attuale richiede più di una dote: capacità di socializzare, capacità di comunicare, e predisposizione allo scambio interculturale. La principale conseguenza indotta dal progresso tecnologico è oggi costituita dalla centralità assunta dalla rete. Ogni lavoro può usufruire di questa infrastruttura comune. Così le diverse professioni, grazie a questo minimo comune denominatore, tendono ad omologarsi. L’infrastruttura comunicativa non appartiene, poi, solo al mondo del lavoro ma entra prepotentemente anche nella casa, nella famiglia e nella vita di tutti i giorni. Si può anche lavorare da casa, in treno, in mezzo ad una piazza. Una situazione ben diversa dal lavoro industriale, dove i posti di lavoro erano molto diversi tra loro. Mutavano a seconda dei processi di produzione, dei prodotti e delle tecnologie. L’abitazione poteva anche essere vicina alla fabbrica e condividere con questa alcune condizioni ambientali, ma certo non ne condivideva le capacità tecnologiche. Adesso è necessario, essenziale sapere dominare l’infrastruttura, sapere usare la rete, conoscere i suoi servizi e le sue potenzialità pena l’esclusione dal mondo del lavoro o la diminuzione delle proprie capacità professionali e sociali Questa trasformazione impone lo sviluppo di competenze nella lettura dei contesti, una capacità culturale che si fonda su anche conoscenze ed esperienze antropologiche e storiche. Le nuove professioni richiedono responsabilità e collaborazione2. A differenza del lavoro industriale, il nuovo mondo del lavoro concede grande discrezionalità e autonomia decisionale: ci sono ben pochi compiti ripetitivi svolti in ambienti stabili. Nelle situazioni di incertezza, è più efficace affrontare i problemi da più punti di vista, quindi è auspicabile il ricorso al lavoro in gruppo. La forza del gruppo risiede infatti nella sua diversità. La diversità è infatti un elemento necessario per la gestione della complessità. Occorrono diverse abilità cognitive, differenti capacità di analisi, di diagnosi, di pianificazione e di presa delle decisioni. Ma occorre parallelamente saper collaborare con persone diverse, conoscere le dinamiche del lavoro in gruppo e talvolta modificare le proprie abitudini di vita. Aumenta la richiesta di flessibilità. È finita infatti la stagione dei lavori stabili, lunghi una vita e sempre uguali. È sempre più richiesta una grande flessibilità orizzontale e verticale: un lavoratore della conoscenza può essere impegnato, anche nel corso della stessa giornata, in parallelo, su più progetti, in cui può ricoprire ruoli diversi. Diventa essenziale capire e gestire le interazioni e le relazioni sociali per la negoziazione e la cooperazione. È essenziale saper gestire conflitti ed emozioni in modo efficace e coerente. La forte interdipendenza, nelle tecnologie, nella politica delle risorse umane e nelle strutture dei sistemi organizzativi richiede approcci integrati. In questa situazione, certamente bisogna sapere fare bene il proprio mestiere, ma non basta. Il lavoratore della conoscenza deve possedere visione d’insieme e cultura sistemica3. Nella società della conoscenza, dove i mercati sono caratterizzati dall’incertezza, gli obiettivi non sono mai stabili, chiari e definiti, e vengono continuamente adattati alle variazioni del contesto, e il valore è dato dal livello di novità, il lavoro richiede un alto grado di impegno. È necessario considerare diverse linee di azione per catturare opportunità e affrontare l’incertezza. È essenziale collaborare per affrontare la complessità. Per risolvere i problemi in contesti sempre in cambiamento. È necessario analizzare collettivamente, lo stato delle cose, convenire sul significato dell’informazione, negoziare le azioni da intraprendere. Per questo c’è bisogno di uno sforzo progettuale sulla formazione a tutto tondo che partendo dalla applicazione di nuovi paradigmi formativi4 arrivi persino a ripensare gli spazi e le modalità di interazione con l’ambiente formativo5. Queste considerazioni iniziali, insieme ad una analisi del panorama formativo nazionale nella P.A. sintetizzata nel capitolo successivo, hanno portato, infine, alla costruzione di un percorso formativo universitario di cui si darà una dettagliata descrizione nella parte finale di questo articolo.

Masini, M. (2008). Tecnologie per la comunicazione e formazione professionale. In L.A. Masini Maurizio (a cura di), Comunicazione pubblica 2.0 : tecnologie, linguaggi, formati (pp. 11-21). MILANO : Franco Angeli.

Tecnologie per la comunicazione e formazione professionale

MASINI, MAURIZIO
2008-01-01

Abstract

La eterogeneità delle professioni è cresciuta con il tempo e a differenza di quanto avveniva in passato il lavoro attuale richiede più di una dote: capacità di socializzare, capacità di comunicare, e predisposizione allo scambio interculturale. La principale conseguenza indotta dal progresso tecnologico è oggi costituita dalla centralità assunta dalla rete. Ogni lavoro può usufruire di questa infrastruttura comune. Così le diverse professioni, grazie a questo minimo comune denominatore, tendono ad omologarsi. L’infrastruttura comunicativa non appartiene, poi, solo al mondo del lavoro ma entra prepotentemente anche nella casa, nella famiglia e nella vita di tutti i giorni. Si può anche lavorare da casa, in treno, in mezzo ad una piazza. Una situazione ben diversa dal lavoro industriale, dove i posti di lavoro erano molto diversi tra loro. Mutavano a seconda dei processi di produzione, dei prodotti e delle tecnologie. L’abitazione poteva anche essere vicina alla fabbrica e condividere con questa alcune condizioni ambientali, ma certo non ne condivideva le capacità tecnologiche. Adesso è necessario, essenziale sapere dominare l’infrastruttura, sapere usare la rete, conoscere i suoi servizi e le sue potenzialità pena l’esclusione dal mondo del lavoro o la diminuzione delle proprie capacità professionali e sociali Questa trasformazione impone lo sviluppo di competenze nella lettura dei contesti, una capacità culturale che si fonda su anche conoscenze ed esperienze antropologiche e storiche. Le nuove professioni richiedono responsabilità e collaborazione2. A differenza del lavoro industriale, il nuovo mondo del lavoro concede grande discrezionalità e autonomia decisionale: ci sono ben pochi compiti ripetitivi svolti in ambienti stabili. Nelle situazioni di incertezza, è più efficace affrontare i problemi da più punti di vista, quindi è auspicabile il ricorso al lavoro in gruppo. La forza del gruppo risiede infatti nella sua diversità. La diversità è infatti un elemento necessario per la gestione della complessità. Occorrono diverse abilità cognitive, differenti capacità di analisi, di diagnosi, di pianificazione e di presa delle decisioni. Ma occorre parallelamente saper collaborare con persone diverse, conoscere le dinamiche del lavoro in gruppo e talvolta modificare le proprie abitudini di vita. Aumenta la richiesta di flessibilità. È finita infatti la stagione dei lavori stabili, lunghi una vita e sempre uguali. È sempre più richiesta una grande flessibilità orizzontale e verticale: un lavoratore della conoscenza può essere impegnato, anche nel corso della stessa giornata, in parallelo, su più progetti, in cui può ricoprire ruoli diversi. Diventa essenziale capire e gestire le interazioni e le relazioni sociali per la negoziazione e la cooperazione. È essenziale saper gestire conflitti ed emozioni in modo efficace e coerente. La forte interdipendenza, nelle tecnologie, nella politica delle risorse umane e nelle strutture dei sistemi organizzativi richiede approcci integrati. In questa situazione, certamente bisogna sapere fare bene il proprio mestiere, ma non basta. Il lavoratore della conoscenza deve possedere visione d’insieme e cultura sistemica3. Nella società della conoscenza, dove i mercati sono caratterizzati dall’incertezza, gli obiettivi non sono mai stabili, chiari e definiti, e vengono continuamente adattati alle variazioni del contesto, e il valore è dato dal livello di novità, il lavoro richiede un alto grado di impegno. È necessario considerare diverse linee di azione per catturare opportunità e affrontare l’incertezza. È essenziale collaborare per affrontare la complessità. Per risolvere i problemi in contesti sempre in cambiamento. È necessario analizzare collettivamente, lo stato delle cose, convenire sul significato dell’informazione, negoziare le azioni da intraprendere. Per questo c’è bisogno di uno sforzo progettuale sulla formazione a tutto tondo che partendo dalla applicazione di nuovi paradigmi formativi4 arrivi persino a ripensare gli spazi e le modalità di interazione con l’ambiente formativo5. Queste considerazioni iniziali, insieme ad una analisi del panorama formativo nazionale nella P.A. sintetizzata nel capitolo successivo, hanno portato, infine, alla costruzione di un percorso formativo universitario di cui si darà una dettagliata descrizione nella parte finale di questo articolo.
2008
9788856800937
Masini, M. (2008). Tecnologie per la comunicazione e formazione professionale. In L.A. Masini Maurizio (a cura di), Comunicazione pubblica 2.0 : tecnologie, linguaggi, formati (pp. 11-21). MILANO : Franco Angeli.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/427037