La palude di Fucecchio – le cui vicende vengono ripercorse con una rapida sintesi dal Rinascimento al XX secolo - non appare come uno spazio marginale che vive completamente al di fuori degli spazi della “civilizzazione”. Al contrario sembra pienamente inserita nella vita dei borghi e dei villaggi rurali che le sono vicini; si pone al centro di una rete di trasporti in cui vengono ad integrarsi percorsi terrestri e vie di navigazione acquatiche; per secoli viene intensamente vissuta e frequentata da svariate categorie di persone, pur mantenendo alcune caratteristiche di ambiente selvaggio, che in talune occasioni lo rendono uno spazio ideale di fuga o di rifugio, un luogo in cui i controlli della società civile tendono, inevitabilmente, ad allentarsi. Dunque una natura multiforme e complessa, popolata di uomini che sarebbe comunque una forzatura definire estensivamente come «gente di palude», nel senso di una categoria a se stante, contrapposta ad altri settori della società e del mondo del lavoro, anche se i peculiari stili di vita, modellati sulle variazioni stagionali dell’ambiente umido e da esso fortemente condizionati, in qualche modo ci inducono a ritenere plausibile ma allo stesso tempo “flessibile” una etichetta di questo tipo. Sulla scorta di censimenti fiscali, testimonianze scritte, relazioni, si palesa la difficoltà a definire in maniera univoca il peso della presenza dell’ambiente umido per il lavoro e l’economia delle popolazioni rivierasche. Una presenza tuttavia forte che rimane anche nel pieno del ‘900 come dimostra la seconda parte del saggio dedicata a studiare le condizioni di vita quotidiana dei cosiddetti “padulani” – cacciatori, pescatori, raccoglitori di canne - così definiti nelle «Monografie di famiglie agricole» commissionate negli anni ’30 dall’INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria)
Zagli, A. (2003). Aspetti storici del lavoro nell’ambiente umido di Fucecchio in età moderna. In Uomini del Padule: lavoro, vita, tradizioni nel Padule di Fucecchio dal medioevo ad oggi (pp. 21-78). FIRENZE : Edizioni Polistampa.
Aspetti storici del lavoro nell’ambiente umido di Fucecchio in età moderna
ZAGLI, ANDREA
2003-01-01
Abstract
La palude di Fucecchio – le cui vicende vengono ripercorse con una rapida sintesi dal Rinascimento al XX secolo - non appare come uno spazio marginale che vive completamente al di fuori degli spazi della “civilizzazione”. Al contrario sembra pienamente inserita nella vita dei borghi e dei villaggi rurali che le sono vicini; si pone al centro di una rete di trasporti in cui vengono ad integrarsi percorsi terrestri e vie di navigazione acquatiche; per secoli viene intensamente vissuta e frequentata da svariate categorie di persone, pur mantenendo alcune caratteristiche di ambiente selvaggio, che in talune occasioni lo rendono uno spazio ideale di fuga o di rifugio, un luogo in cui i controlli della società civile tendono, inevitabilmente, ad allentarsi. Dunque una natura multiforme e complessa, popolata di uomini che sarebbe comunque una forzatura definire estensivamente come «gente di palude», nel senso di una categoria a se stante, contrapposta ad altri settori della società e del mondo del lavoro, anche se i peculiari stili di vita, modellati sulle variazioni stagionali dell’ambiente umido e da esso fortemente condizionati, in qualche modo ci inducono a ritenere plausibile ma allo stesso tempo “flessibile” una etichetta di questo tipo. Sulla scorta di censimenti fiscali, testimonianze scritte, relazioni, si palesa la difficoltà a definire in maniera univoca il peso della presenza dell’ambiente umido per il lavoro e l’economia delle popolazioni rivierasche. Una presenza tuttavia forte che rimane anche nel pieno del ‘900 come dimostra la seconda parte del saggio dedicata a studiare le condizioni di vita quotidiana dei cosiddetti “padulani” – cacciatori, pescatori, raccoglitori di canne - così definiti nelle «Monografie di famiglie agricole» commissionate negli anni ’30 dall’INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria)File | Dimensione | Formato | |
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