I Greci non amavano i chiacchieroni. Basta vedere quello che succede al povero Tersite, il soldato semplice che, all'inizio dell'Iliade, prima viene definito “oratore petulante” e “chiacchierone arrogante”, e poi viene preso a bastonate da Odisseo. Saper parlare bene – e in modo misurato – era la prerogativa che contraddistingueva personaggi come Nestore, l'anziano sovrano di Pilo che, forte della sua esperienza, sapeva parlare “con dolcezza e con arguzia” e pronunciare “parole più soavi del miele”. Nella letteratura greca arcaica e classica “chiacchierone” era un epiteto molto più offensivo di quanto non risulti essere da noi: in un mondo nel quale la comunicazione orale era la principale forma di comunicazione, in una società che non aveva ancora compreso come sfruttare le inesauribili potenzialità della scrittura (e che stava lentamente cominciando a farlo), chiamare una persona “chiacchierone” era un'offesa vera e propria. Chi era criticato per la sua tendenza a “chiacchierare” (a “sproloquiare”, a “blaterare”, a “ciarlare” – numerosissimi, molto più numerosi che in italiano erano in greco i verbi che, con sfumature differenti, indicavano il medesimo, riprovevole comportamento) era preso in giro perché non era capace di servirsi in modo corretto di una parte del corpo – la lingua – necessaria per compiere un'azione quotidiana fondamentale nella vita di ogni individuo destinato a vivere all'interno di una società.

Beta, S. (2011). Prefazione [a Sulla loquacità], Collana "Saturnalia", vol. 26, 7-11.

Prefazione [a Sulla loquacità]

BETA, SIMONE
2011-01-01

Abstract

I Greci non amavano i chiacchieroni. Basta vedere quello che succede al povero Tersite, il soldato semplice che, all'inizio dell'Iliade, prima viene definito “oratore petulante” e “chiacchierone arrogante”, e poi viene preso a bastonate da Odisseo. Saper parlare bene – e in modo misurato – era la prerogativa che contraddistingueva personaggi come Nestore, l'anziano sovrano di Pilo che, forte della sua esperienza, sapeva parlare “con dolcezza e con arguzia” e pronunciare “parole più soavi del miele”. Nella letteratura greca arcaica e classica “chiacchierone” era un epiteto molto più offensivo di quanto non risulti essere da noi: in un mondo nel quale la comunicazione orale era la principale forma di comunicazione, in una società che non aveva ancora compreso come sfruttare le inesauribili potenzialità della scrittura (e che stava lentamente cominciando a farlo), chiamare una persona “chiacchierone” era un'offesa vera e propria. Chi era criticato per la sua tendenza a “chiacchierare” (a “sproloquiare”, a “blaterare”, a “ciarlare” – numerosissimi, molto più numerosi che in italiano erano in greco i verbi che, con sfumature differenti, indicavano il medesimo, riprovevole comportamento) era preso in giro perché non era capace di servirsi in modo corretto di una parte del corpo – la lingua – necessaria per compiere un'azione quotidiana fondamentale nella vita di ogni individuo destinato a vivere all'interno di una società.
2011
9788877993847
Beta, S. (2011). Prefazione [a Sulla loquacità], Collana "Saturnalia", vol. 26, 7-11.
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