Barlaam e Ioasaf, la maggiore fiaba agiografica del Medioevo orientale, già erroneamente attribuita a Giovanni Damasceno e qui presentata in prima edizione italiana dall'originale bizantino, trae origine da uno spunto narrativo tra i più fortunati in tutte le letterature. Ioasaf è il Buddha, ma Barlaam e Ioasaf è molto più che un re-writing cristiano della leggenda del Buddha: è la storia del principe-filosofo, sacra a oltre venti popoli di circa trenta lingue e dieci diverse confessioni, da Gibilterra al Pacifico, che ha ricevuto a Bisanzio la sua canonizzazione letteraria. Opera da sempre di controversa datazione e ricca di influssi asiatici (dall'originale indiano alle ipòstasi persiane, islamiche, manichee) sia nello svolgersi della narrazione che nelle dieci fabulae che la tramano, la storia del principe e dell'anacoreta riceve il suo specifico di fiaba colta dal sorprendente innesto di una sapienza filosofica antica di millenni su una ambientazione esotica splendida quanto densa di allusività letteraria e, forse, politica. Accolto con entusiasmo al suo apparire, Barlaam e Ioasaf ricevette una prima traduzione latina intorno al 1050. La posteriore fortuna e leggenda è immensa: ispirò Rudolf von Ems e Gui de Cambrai, Shakespeare e Lope de Vega, Calderón, Hofmannsthal, Tolstoj. Testimonianza della grande cultura bizantina, della sua millenaria vocazione mediatrice fra oriente e occidente, questo libro sembra presentarsi quale prima smentita del pregiudizio che vuole la letteratura di Bisanzio arida e priva di capolavori. The most important hagiographical folktale of the Eastern Middle Ages, Barlaam and Ioasaph, erroneously attributed to John Damascene and here presented in the first Italian edition of the Byzantine original, finds its origin in one of the most influential narrative nucleus in world literature. Ioasaf is the Buddha, but Barlaam and Ioasaph is much more than a Christian re-writing of the legend of Buddha; it is the story of a philosopher-prince, sacred to over twenty cultures in approximately thirty languages and ten different religions from Gibraltar to the Pacific, which owes its literary canonisation to Byzantium. A work whose date of composition has always been controversial, rich in oriental influences (from the original Indian to the Persian, Islamic, and Manichaean personifications) both in the development of the narration and in the ten fabulae interwoven in the plot, the story of the prince and the anchorite derives its character as a learned fable from the extraordinary grafting of ancient philosophical wisdom onto an exotic setting as splendid as it is dense with literary, and perhaps political, allusion. Enthusiastically received on its appearance, Barlaam and Ioasaph was first translated into Latin around 1050. Its subsequent reception and legendary influence are enormous, inspiring Rudolf von Ems and Gui de Cambrai, Shakespeare and Lope de Vega, Calderón, Hofmannsthal, and Tolstoy. Testimony of the greatness of Byzantine culture and its thousand-year vocation as mediator between East and West, this work would seem to offer the first refutation of the bias which would see Byzantine literature as arid and lacking in masterpieces.
Ronchey, S., P., C. (a cura di). (1980). Vita bizantina di Barlaam e Ioasaf. Milano : Rusconi.
Vita bizantina di Barlaam e Ioasaf
RONCHEY, SILVIA;
1980-01-01
Abstract
Barlaam e Ioasaf, la maggiore fiaba agiografica del Medioevo orientale, già erroneamente attribuita a Giovanni Damasceno e qui presentata in prima edizione italiana dall'originale bizantino, trae origine da uno spunto narrativo tra i più fortunati in tutte le letterature. Ioasaf è il Buddha, ma Barlaam e Ioasaf è molto più che un re-writing cristiano della leggenda del Buddha: è la storia del principe-filosofo, sacra a oltre venti popoli di circa trenta lingue e dieci diverse confessioni, da Gibilterra al Pacifico, che ha ricevuto a Bisanzio la sua canonizzazione letteraria. Opera da sempre di controversa datazione e ricca di influssi asiatici (dall'originale indiano alle ipòstasi persiane, islamiche, manichee) sia nello svolgersi della narrazione che nelle dieci fabulae che la tramano, la storia del principe e dell'anacoreta riceve il suo specifico di fiaba colta dal sorprendente innesto di una sapienza filosofica antica di millenni su una ambientazione esotica splendida quanto densa di allusività letteraria e, forse, politica. Accolto con entusiasmo al suo apparire, Barlaam e Ioasaf ricevette una prima traduzione latina intorno al 1050. La posteriore fortuna e leggenda è immensa: ispirò Rudolf von Ems e Gui de Cambrai, Shakespeare e Lope de Vega, Calderón, Hofmannsthal, Tolstoj. Testimonianza della grande cultura bizantina, della sua millenaria vocazione mediatrice fra oriente e occidente, questo libro sembra presentarsi quale prima smentita del pregiudizio che vuole la letteratura di Bisanzio arida e priva di capolavori. The most important hagiographical folktale of the Eastern Middle Ages, Barlaam and Ioasaph, erroneously attributed to John Damascene and here presented in the first Italian edition of the Byzantine original, finds its origin in one of the most influential narrative nucleus in world literature. Ioasaf is the Buddha, but Barlaam and Ioasaph is much more than a Christian re-writing of the legend of Buddha; it is the story of a philosopher-prince, sacred to over twenty cultures in approximately thirty languages and ten different religions from Gibraltar to the Pacific, which owes its literary canonisation to Byzantium. A work whose date of composition has always been controversial, rich in oriental influences (from the original Indian to the Persian, Islamic, and Manichaean personifications) both in the development of the narration and in the ten fabulae interwoven in the plot, the story of the prince and the anchorite derives its character as a learned fable from the extraordinary grafting of ancient philosophical wisdom onto an exotic setting as splendid as it is dense with literary, and perhaps political, allusion. Enthusiastically received on its appearance, Barlaam and Ioasaph was first translated into Latin around 1050. Its subsequent reception and legendary influence are enormous, inspiring Rudolf von Ems and Gui de Cambrai, Shakespeare and Lope de Vega, Calderón, Hofmannsthal, and Tolstoy. Testimony of the greatness of Byzantine culture and its thousand-year vocation as mediator between East and West, this work would seem to offer the first refutation of the bias which would see Byzantine literature as arid and lacking in masterpieces.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/11365/41005
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