Dopo una rassegna dei precedenti pagani e giudaici di questo genere processuale, l’indagine si focalizza sugli Atti dei martiri cristiani, che, pur nella pluralità delle forme testuali, condividono con i primi alcuni topoi (l’implicazione eversiva della «testimonianza», la «fretta di morire» del martire, la sottostima dell’interlocutore processuale, l’idealizzazione del martys come sapiente). Si evoca quindi la dottrina del martirio elaborata successivamente dalla chiesa cattolica e la disputa sulla «sincerità» degli Acta, che condusse a una selezione critica di questi sempre più rigorosa tra XVII e XX secolo. Tale disputa ebbe origine dal diverso valore ideologico attribuito alla letteratura martirologica da cattolici e protestanti e dalla revisione del Martirologio Romano compiuta dal cardinale Cesare Baronio. Importante, nel suo censimento, fu il Martirio di Policarpo, opera ricca di spunti per la moderna analisi storico-culturale del martirio cristiano, che offre inoltre un esempio della ratio filologica di intervento sui testi martirologici tra Ottocento e Novecento. Ampio spazio è quindi dato alle riflessioni sul linguaggio dei martiri. Si evidenzia, nella maggior parte degli Acta martyrum, una «retorica dell’incomunicabilità», dove l’anfibologia, l’ambiguità, il paradosso, l’ossimoro, le reciproche accuse di demenza tra accusatore e accusato sono i cardini di un linguaggio «di lotta», caratteristico sia dei testi martirologici primitivi sia di quelli della persecuzione dioclezianea. Il disprezzo per l’autorità terrena e il linguaggio aggressivo del martire, rappresentato come un eroe dialettico, si ritrova peraltro nella letteratura panegiristica e nelle «passioni epiche» del IV secolo. Da questo nucleo di testi, più radicalmente eversivi, si discosta tuttavia un gruppo di Acta (non solo di Policarpo, ma anche di Cipriano, di Apollonio, di Fruttuoso) che presentano affinità notevoli: in particolar modo li accomuna un’attitudine filostatale e un venir meno della «retorica dell’incomprensione». Con l’affermazione dell’arianesimo quale religione di stato, la letteratura martirologica riemerge come strumento di propaganda politico-ecclesiastica. Alla metà del IV secolo il martire antiariano diviene campione dell’antistatalismo e dell’ortodossia, nonché un’icona da seguire per la figura emergente del monaco. Su di essa, che soppianterà quella del martire, il cristianesimo trasferirà tutti valori di quest’ultimo: il radicalismo protocristiano si trasfigura così nel monachesimo zelota. After a survey of earlier Pagan and Jewish trials of similar kind, this contribution focuses on the Christian Acta martyrum, which, despite the variety of textual forms, share with the former certain topoi (the subversive implications of “witnessing,” the martyr’s “eagerness to die,” underestimation of the prosecutor, idealisation of the martys as sage). The doctrine of martyrdom elaborated in later centuries by the Catholic Church is then analysed, and the dispute concerning the “sincerity” of the Acta, which led to an increasingly rigorous critical selection of martyrs between the 17th and 20th centuries, is discussed. This dispute found its origins in the diverse ideological values attributed to martyrological literature by Catholics and Protestants and by the revision of the Roman Martyrology by Cardinal Cesare Baronio. Of major importance in his census was the Martyrium Polycarpi (Martyrdom of Polycarp), a work rich in possibilities for modern historical and cultural analysis of Christian martyrdom, which offers, in addition, an example of the philological ratio of research on martyrological texts in the 19th and 20th centuries. Ample attention, therefore, is given to the study of the language of the martyrs in the majority of early Christian acta. The author highlights a “rhetoric of incommunicability”, where amphibology, ambiguity, paradox, oxymoron, reciprocals accusations of insanity between accuser and accused are the cornerstones of a language “of struggle,” characteristic of both the early martyrological texts and those of the period of Diocletian persecution. The contempt for earthly authority and the aggressive language of the martyr represented as a dialectical hero recurs in the Christian panegyric literature and in the “epic passions” of the 4th century. Yet, certain Acta (not only of Polycarp, but also of Ciprian, Apollonius, Fructuosus) set themselves apart from the anti-State nucleus of texts by important affinities: shared pro-State attitudes and less use of a “rhetoric of incomprehension.” Eventually, with the ascendance of Arianism as state religion, the martyrological literature remerges as an instrument of ecclesiastical political propaganda. In the mid-4th century, the anti-Arian martyr becomes the champion of orthodoxy and resistance to the State, in addition to an icon to follow as the figure of the monk emerges. Onto this figure, which will supplant the martyr, Christianity will transfer all the values of the latter: the proto-Christian radicalism thus transforms into zealous monasticism.

Ronchey, S. (1993). Gli atti dei martiri tra politica e letteratura. In Storia di Roma (pp. 781-825). Torino : Einaudi.

Gli atti dei martiri tra politica e letteratura

RONCHEY, SILVIA
1993-01-01

Abstract

Dopo una rassegna dei precedenti pagani e giudaici di questo genere processuale, l’indagine si focalizza sugli Atti dei martiri cristiani, che, pur nella pluralità delle forme testuali, condividono con i primi alcuni topoi (l’implicazione eversiva della «testimonianza», la «fretta di morire» del martire, la sottostima dell’interlocutore processuale, l’idealizzazione del martys come sapiente). Si evoca quindi la dottrina del martirio elaborata successivamente dalla chiesa cattolica e la disputa sulla «sincerità» degli Acta, che condusse a una selezione critica di questi sempre più rigorosa tra XVII e XX secolo. Tale disputa ebbe origine dal diverso valore ideologico attribuito alla letteratura martirologica da cattolici e protestanti e dalla revisione del Martirologio Romano compiuta dal cardinale Cesare Baronio. Importante, nel suo censimento, fu il Martirio di Policarpo, opera ricca di spunti per la moderna analisi storico-culturale del martirio cristiano, che offre inoltre un esempio della ratio filologica di intervento sui testi martirologici tra Ottocento e Novecento. Ampio spazio è quindi dato alle riflessioni sul linguaggio dei martiri. Si evidenzia, nella maggior parte degli Acta martyrum, una «retorica dell’incomunicabilità», dove l’anfibologia, l’ambiguità, il paradosso, l’ossimoro, le reciproche accuse di demenza tra accusatore e accusato sono i cardini di un linguaggio «di lotta», caratteristico sia dei testi martirologici primitivi sia di quelli della persecuzione dioclezianea. Il disprezzo per l’autorità terrena e il linguaggio aggressivo del martire, rappresentato come un eroe dialettico, si ritrova peraltro nella letteratura panegiristica e nelle «passioni epiche» del IV secolo. Da questo nucleo di testi, più radicalmente eversivi, si discosta tuttavia un gruppo di Acta (non solo di Policarpo, ma anche di Cipriano, di Apollonio, di Fruttuoso) che presentano affinità notevoli: in particolar modo li accomuna un’attitudine filostatale e un venir meno della «retorica dell’incomprensione». Con l’affermazione dell’arianesimo quale religione di stato, la letteratura martirologica riemerge come strumento di propaganda politico-ecclesiastica. Alla metà del IV secolo il martire antiariano diviene campione dell’antistatalismo e dell’ortodossia, nonché un’icona da seguire per la figura emergente del monaco. Su di essa, che soppianterà quella del martire, il cristianesimo trasferirà tutti valori di quest’ultimo: il radicalismo protocristiano si trasfigura così nel monachesimo zelota. After a survey of earlier Pagan and Jewish trials of similar kind, this contribution focuses on the Christian Acta martyrum, which, despite the variety of textual forms, share with the former certain topoi (the subversive implications of “witnessing,” the martyr’s “eagerness to die,” underestimation of the prosecutor, idealisation of the martys as sage). The doctrine of martyrdom elaborated in later centuries by the Catholic Church is then analysed, and the dispute concerning the “sincerity” of the Acta, which led to an increasingly rigorous critical selection of martyrs between the 17th and 20th centuries, is discussed. This dispute found its origins in the diverse ideological values attributed to martyrological literature by Catholics and Protestants and by the revision of the Roman Martyrology by Cardinal Cesare Baronio. Of major importance in his census was the Martyrium Polycarpi (Martyrdom of Polycarp), a work rich in possibilities for modern historical and cultural analysis of Christian martyrdom, which offers, in addition, an example of the philological ratio of research on martyrological texts in the 19th and 20th centuries. Ample attention, therefore, is given to the study of the language of the martyrs in the majority of early Christian acta. The author highlights a “rhetoric of incommunicability”, where amphibology, ambiguity, paradox, oxymoron, reciprocals accusations of insanity between accuser and accused are the cornerstones of a language “of struggle,” characteristic of both the early martyrological texts and those of the period of Diocletian persecution. The contempt for earthly authority and the aggressive language of the martyr represented as a dialectical hero recurs in the Christian panegyric literature and in the “epic passions” of the 4th century. Yet, certain Acta (not only of Polycarp, but also of Ciprian, Apollonius, Fructuosus) set themselves apart from the anti-State nucleus of texts by important affinities: shared pro-State attitudes and less use of a “rhetoric of incomprehension.” Eventually, with the ascendance of Arianism as state religion, the martyrological literature remerges as an instrument of ecclesiastical political propaganda. In the mid-4th century, the anti-Arian martyr becomes the champion of orthodoxy and resistance to the State, in addition to an icon to follow as the figure of the monk emerges. Onto this figure, which will supplant the martyr, Christianity will transfer all the values of the latter: the proto-Christian radicalism thus transforms into zealous monasticism.
1993
8806117459
Ronchey, S. (1993). Gli atti dei martiri tra politica e letteratura. In Storia di Roma (pp. 781-825). Torino : Einaudi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/40627
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