E’ indubbiamente grazie all'avvento dei mass media che la comunicazione è divenuta la caratteristica più distintiva dell'epoca attuale. Tuttavia, il XX secolo si è caratterizzato anche per una notevolissima evoluzione nel campo della comunicazione interpersonale. Ciò nonostante, questo secondo fronte di sviluppo è rimasto in secondo piano nella percezione collettiva, al punto che, quando si parla di comunicazione, si pensa ormai prevalentemente ai media, quasi ignorando l'ambito interpersonale, che pure è della massima importanza per il nostro benessere individuale e collettivo. Il saggio prende in esame tale marginalità con riferimento all’ambito scientifico italiano, evidenziandone alcune cause. In primo luogo il fatto che le scienze della comunicazione siano state fin dalle origini un campo multidisciplinare, ha rappresentato un punto di forza ma anche di debolezza sul piano della legittimazione accademica, le cui logiche erano e sono tuttora saldamente ancorate ad una visione disciplinare settoriale. E difatti, se la comunicazione ha avuto in Italia un qualche sviluppo sul piano accademico lo si deve ad un solo settore disciplinare, che come sappiamo è quello della sociologia – sociologia generale ai tempi di Camillo Pellizzi e poi, col tempo e l’impegno di alcuni accademici, sociologia dei processi culturali e comunicativi. Eppure la comunicazione non è materia esclusivamente sociologica e difatti in altri paesi occidentali questo campo di studi si è sviluppato all’interno di più settori diversi, seppure affini, oppure, come in America, è divenuto un settore trasversale dotato di una sua autonomia. Anche in Italia comunque la sociologia non è stata l’unica ad interessarsi di comunicazione, e qualche lavoro di ricerca e di formazione va ascritto anche ad altri settori, principalmente quelli della semiotica e della psicologia sociale. Tuttavia, a parte qualche eccezione, gli psicologi sociali italiani hanno finora trascurato l’area della comunicazione interpersonale, non diversamente peraltro dai loro cugini sociologi. Difatti, se si eccettuano i lavori di P. P. Giglioli, di A. Dal Lago, di M. Ciacci e di pochi altri, la dimensione interpersonale è stata quasi del tutto ignorata anche all’interno dei diversi settori sociologici (basti pensare che un autore come Erving Goffman, se e quando compare in qualche manuale di sociologia o storia della sociologia, è ricordato più per la teoria dell’etichettamento che non per il suo magistrale lavoro sulle dinamiche comunicativo-relazionali). Se da un lato le scienze umane e sociali italiane sembrano continuare a trascurare questo ambito così nevralgico per il benessere individuale e sociale, la domanda formativa è invece da qualche anno in rapido, costante aumento, non solo nel mondo del lavoro, ma anche in quello della crescita personale poiché le competenze comunicative interpersonali sono fondamentali anche nella vita privata, per il buon andamento delle relazioni che intrattieniamo in famiglia, a scuola, con gli amici, sul luogo di lavoro, e che si riflettono potentemente sul benessere psicofisico e sulla realizzazione esistenziale di ognuno di noi. Dato però il suddetto disinteresse scientifico, l’offerta formativa rimane quasi esclusivamente appannaggio di istituti e società private, per lo più limitata a corsi tecnici di breve o brevissima durata, con una quasi totale latitanza da parte delle università. Il saggio si conclude con l’auspicio che tale latitatanza si riduca velocemente e che aumentino gli insegnamenti e i corsi di studio sulla comunicazione interpersonale.
Cheli, E. (2004). Comunicazione interpersonale: la parte ancora in ombra di Cenerentola.. In La centralità sociale della comunicazione. Da Cenerentola a principessa (pp. 205-213). Milano : Franco Angeli.
Comunicazione interpersonale: la parte ancora in ombra di Cenerentola.
CHELI, ENRICO
2004-01-01
Abstract
E’ indubbiamente grazie all'avvento dei mass media che la comunicazione è divenuta la caratteristica più distintiva dell'epoca attuale. Tuttavia, il XX secolo si è caratterizzato anche per una notevolissima evoluzione nel campo della comunicazione interpersonale. Ciò nonostante, questo secondo fronte di sviluppo è rimasto in secondo piano nella percezione collettiva, al punto che, quando si parla di comunicazione, si pensa ormai prevalentemente ai media, quasi ignorando l'ambito interpersonale, che pure è della massima importanza per il nostro benessere individuale e collettivo. Il saggio prende in esame tale marginalità con riferimento all’ambito scientifico italiano, evidenziandone alcune cause. In primo luogo il fatto che le scienze della comunicazione siano state fin dalle origini un campo multidisciplinare, ha rappresentato un punto di forza ma anche di debolezza sul piano della legittimazione accademica, le cui logiche erano e sono tuttora saldamente ancorate ad una visione disciplinare settoriale. E difatti, se la comunicazione ha avuto in Italia un qualche sviluppo sul piano accademico lo si deve ad un solo settore disciplinare, che come sappiamo è quello della sociologia – sociologia generale ai tempi di Camillo Pellizzi e poi, col tempo e l’impegno di alcuni accademici, sociologia dei processi culturali e comunicativi. Eppure la comunicazione non è materia esclusivamente sociologica e difatti in altri paesi occidentali questo campo di studi si è sviluppato all’interno di più settori diversi, seppure affini, oppure, come in America, è divenuto un settore trasversale dotato di una sua autonomia. Anche in Italia comunque la sociologia non è stata l’unica ad interessarsi di comunicazione, e qualche lavoro di ricerca e di formazione va ascritto anche ad altri settori, principalmente quelli della semiotica e della psicologia sociale. Tuttavia, a parte qualche eccezione, gli psicologi sociali italiani hanno finora trascurato l’area della comunicazione interpersonale, non diversamente peraltro dai loro cugini sociologi. Difatti, se si eccettuano i lavori di P. P. Giglioli, di A. Dal Lago, di M. Ciacci e di pochi altri, la dimensione interpersonale è stata quasi del tutto ignorata anche all’interno dei diversi settori sociologici (basti pensare che un autore come Erving Goffman, se e quando compare in qualche manuale di sociologia o storia della sociologia, è ricordato più per la teoria dell’etichettamento che non per il suo magistrale lavoro sulle dinamiche comunicativo-relazionali). Se da un lato le scienze umane e sociali italiane sembrano continuare a trascurare questo ambito così nevralgico per il benessere individuale e sociale, la domanda formativa è invece da qualche anno in rapido, costante aumento, non solo nel mondo del lavoro, ma anche in quello della crescita personale poiché le competenze comunicative interpersonali sono fondamentali anche nella vita privata, per il buon andamento delle relazioni che intrattieniamo in famiglia, a scuola, con gli amici, sul luogo di lavoro, e che si riflettono potentemente sul benessere psicofisico e sulla realizzazione esistenziale di ognuno di noi. Dato però il suddetto disinteresse scientifico, l’offerta formativa rimane quasi esclusivamente appannaggio di istituti e società private, per lo più limitata a corsi tecnici di breve o brevissima durata, con una quasi totale latitanza da parte delle università. Il saggio si conclude con l’auspicio che tale latitatanza si riduca velocemente e che aumentino gli insegnamenti e i corsi di studio sulla comunicazione interpersonale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/11365/34089
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