La riflessione parte intorno al dato del contratto di lavoro ottocentesco stretto nell’alternativa tra locatio operis e locatio operarum, secondo la sistemazione fornita da Lodovico Barassi nel 1901. L’esame della dottrina esegetica e della giurisprudenza tra il 1865 e il 1880 consente di smentire quell’alternativa: dall’esame incrociato di commenti fondati sulle sentenze e sentenze fondate sui commenti, emerge la distinzione tra lavoro libero, ogni forma di lavoro libero più o meno indipendente, e lavoro servile. In mancanza di tutele, poco importa distinguere sul piano formale l’ingegnere dall’operaio. La giurisprudenza si limita così a tratteggiare i diversi termini dello scambio economico retribuzione-prestazione rispetto ad altre figure contrattuali affini. Il lavoro viene assimilato alla proprietà in modo tale da considerare il lavoratore come un libero proprietario. Il lavoro diventa così la proprietà di chi non ha nessuna proprietà, secondo il paradigma lockiano. I lavoratori pagano il biglietto d’ingresso nel circuito della cittadinanza con un’indiscussa e indiscutibile mancanza di diritti. Diritti connessi alla debolezza dello status professionale costituirebbero infatti una contraddizione insanabile rispetto ai principi dell’eguaglianza formale tra cittadini (proprietari).
Passaniti, P. (2008). Il lavoro come proprietà nell'Italia Postunitaria. Gli anni dell'esegesi. In Tra diritto e storia. Studi in onore di Luigi Berlinguer promossi dalle Università di Siena e di Sassari. Tomo II (pp. 487-526). SOVERIA MANNELLI : Rubbettino.
Il lavoro come proprietà nell'Italia Postunitaria. Gli anni dell'esegesi
PASSANITI, PAOLO
2008-01-01
Abstract
La riflessione parte intorno al dato del contratto di lavoro ottocentesco stretto nell’alternativa tra locatio operis e locatio operarum, secondo la sistemazione fornita da Lodovico Barassi nel 1901. L’esame della dottrina esegetica e della giurisprudenza tra il 1865 e il 1880 consente di smentire quell’alternativa: dall’esame incrociato di commenti fondati sulle sentenze e sentenze fondate sui commenti, emerge la distinzione tra lavoro libero, ogni forma di lavoro libero più o meno indipendente, e lavoro servile. In mancanza di tutele, poco importa distinguere sul piano formale l’ingegnere dall’operaio. La giurisprudenza si limita così a tratteggiare i diversi termini dello scambio economico retribuzione-prestazione rispetto ad altre figure contrattuali affini. Il lavoro viene assimilato alla proprietà in modo tale da considerare il lavoratore come un libero proprietario. Il lavoro diventa così la proprietà di chi non ha nessuna proprietà, secondo il paradigma lockiano. I lavoratori pagano il biglietto d’ingresso nel circuito della cittadinanza con un’indiscussa e indiscutibile mancanza di diritti. Diritti connessi alla debolezza dello status professionale costituirebbero infatti una contraddizione insanabile rispetto ai principi dell’eguaglianza formale tra cittadini (proprietari).File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/11365/24659