Una delle novità certamente più rilevanti introdotte con la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato e processuale (legge 218/1995) è quella relativa alla disciplina speciale sulla giurisdizione volontaria. Da un lato, infatti, per la prima volta nel nostro ordinamento processuale civile si procede a dettarne una regolamentazione specifica ed organica di diritto positivo, prevista all’art. 9, in tema di competenza giurisdizionale, e all’art. 66 (e 67), in tema di riconoscimento. Dall’altro, questa disciplina chiude, almeno apparentemente, l’intenso dibattito dottrinale preesistente, che era stato originato proprio dall’assenza di una autonoma normativa della volontaria giurisdizione sul piano del c.d. diritto processuale civile internazionale. Il presente manuale tenta di ricostruire sistematicamente gli effetti complessivi di questa novità nella disciplina di diritto processuale civile internazionale prevista nella legge 218/1995, partendo dall’assunto, oggetto esso stesso di analisi, che essa ruota attorno al dualismo giurisdizione contenziosa-giurisdizione volontaria. Sono due gli elementi di fondo sui quali l’analisi si muove e che confermano questa nostra ricostruzione della legge 218. Il primo è rilevabile nel dato storico-sistematico. La contrapposizione tra le nozioni di giurisdizione volontaria e di giurisdizione contenziosa è indubbiamente un nodo fortemente caratterizzante il nostro sistema processuale civile. Tale contrapposizione ha occupato per lungo tempo il dibattito dottrinale dei processualisti nell’ottica del diritto interno ed ha avuto un preciso rilievo anche sotto il profilo del diritto processuale civile internazionale. Non è causale che a questo dibattito si riferisca la stessa Relazione introduttiva al Disegno di legge 1192 del 29 aprile 1993 (poi sfociato nella legge 218/1995) e, prima ancora, pure la Relazione della Commissione di Esperti per la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato allo schema di articolato presentato nel 1989. Il secondo si fonda sul dato strutturale che caratterizza la disciplina della legge 218. Ci sembra condivisibile, infatti, sostenere che gli artt. 3 e 9, in tema di competenza giurisdizionale, e gli artt. 64, 65 e 66, in tema di riconoscimento, rappresentino il perno su cui fa leva l’impianto di diritto processuale civile internazionale della legge 218. Degli artt. 9 e 66 si è già detto che regolano la volontaria giurisdizione, mentre, in base a questa nostra ricostruzione della legge 218, gli artt. 3 e 64-65 disciplinano la sfera della c.d. giurisdizione contenziosa. Questa qualificazione degli artt. 3, 64 e 65, del resto, ci sembra coincidere perfettamente con il presupposto che in tali disposizioni si intendono regolare fattispecie di natura contenziosa, che hanno ad oggetto cioè una controversia relativa ad un diritto soggettivo o un status violati o contestati, destinata a concludersi con un provvedimento giurisdizionale avente natura decisoria. L’espresso riferimento che essi rivolgono alla figura processuale del convenuto come fulcro centrale della loro disciplina, nonché i richiami alla nozione di diritto di difesa, di sentenza, di giudicato, infatti, costituiscono indizi qualificanti che la situazione giuridica soggettiva che potrebbero regolare presuppone unicamente ipotesi di contrapposizione tra due o più parti su cui il giudice italiano è chiamato a pronunciarsi o su cui il provvedimento straniero da riconoscere ha già statuito. In altri termini, ancorché crediamo si possa discutere se questi caratteri processuali siano esclusivi della giurisdizione contenziosa, è ragionevole anche affermare che tali disposizioni si rivolgono ontologicamente alla materia c.d. contenziosa. E del resto questa qualificazione della normativa generale di cui all’art. 3 e 64-65 ci sembra corrispondere sistematicamente a quella degli abrogati artt. 4 e 796 ss. c.p.c., per i quali anche non vi era l’espresso riferimento alla nozione di giurisdizione contenziosa, ma rispetto ai quali (come dovrebbe concludersi analogicamente, secondo noi, anche oggi) la mancata classificazione espressa di una categoria processuale di riferimento non impediva affatto di inquadrarvi pienamente proprio solo questo tipo di fattispecie processuali. La scelta di identificare una disciplina specifica della giurisdizione volontaria, e di collocarla poi nell’ambito delle regole generali, pone all’interprete questioni che non emergono solo dal contenuto delle norme de quibus, ma si collegano imprescindibilmente alla incertezza che persiste sulla nozione di volontaria giurisdizione nel nostro ordinamento. L’argomento è stato poco trattato dalla dottrina che ha studiato la legge 218 e dei sui effetti non sembra essersi accorto sino in fondo lo stesso legislatore del 1995. La qualificazione della nozione di giurisdizione volontaria, invece, assume una importanza centrale e condiziona profondamente le scelte interpretative che la stessa legge 218 pone di fronte all’operatore giuridico. Lo studio che qui proponiamo risente chiaramente dell’importanza di questo tema, tanto che idealmente la struttura logica del nostro lavoro può essere suddivisa in tre parti: una prima parte, costituita dai primi due capitoli, è dedicata alla ricerca di una definizione condivisibile della nozione di giurisdizione volontaria nell’ottica dello studio. Al riguardo, si è sentita l’esigenza di partire dal dato di diritto processuale civile interno, onde verificare quali conseguenze da ciò potessero risultare nell’ottica della legge 218/1995. Il primo ed il secondo capitolo sono dunque complementari l’uno all’altro e, nelle nostre intenzioni, costituiscono la premessa logica su cui determinare l’ambito oggettivo della disciplina riguardante la giurisdizione volontaria. La seconda parte, comprendente il terzo e quarto capitolo, è invece orientata sul dato normativo in senso stretto; ovvero sulla disciplina di diritto processuale civile internazionale applicabile alle fattispecie di giurisdizione volontaria, sui modi di funzionamento di questa, sulle caratteristiche strutturali e funzionali delle singole disposizioni e sul loro coordinamento. Nel fare ciò, abbiamo deciso di integrare lo studio della legge 218 con alcune fonti convenzionali e comunitarie, nonché di procedere ad un confronto con l’esperienza di altri ordinamenti nazionali significativamente rilevanti ai nostri fini (principalmente Francia, Svizzera e Germania). Tale supplemento di indagine ci è parso utile ai fini del presente studio, a completamento dell’analisi di alcune disposizioni speciali della stessa legge 218. Senza avere alcuna pretesa di completezza, sia l’approfondimento del loro rapporto (non sempre uguale) con la legge 218, sia la breve analisi delle soluzioni tecniche che tali strumenti consentono (o consentiranno) di applicare nel nostro ordinamento, ci sono sembrati degli spunti interpretativi in grado di poter incidere sul funzionamento stesso della legge 218, sulle sue potenzialità e sui suoi difetti. L’ultima parte, costituita dal quinto capitolo è invece interamente dedicata ad un fenomeno già noto alla dottrina, quello della frammentazione del sistema di diritto processuale civile internazionale italiano, ma ancora poco esplorato nell’ottica della giurisdizione volontaria e invece ricco di spunti interpretativi de iure condito e de iure condendo. L’esistenza di un depeçage in una pluralità di regimi giuridici specializzati è certamente un dato che coinvolge sia i moderni sistemi di diritto comune, sia la disciplina internazionale o comunitaria. E ciò, non solo nell’ambito delle norme di conflitto, ma sempre più anche nell’ottica della disposizioni in tema di competenza giurisdizionale e di riconoscimento dell’efficacia dei provvedimenti stranieri. La peculiarità che si evidenzia nel sistema italiano, tuttavia, sta nella centralità che, anche in quest’ottica, assume il dualismo giurisdizione contenziosa e giurisdizione volontaria. Al riguardo, si sono valuti gli effetti che questa ripartizione determina sulla frammentazione sopra accennata, confrontando i risultati dello studio condotto sulla normativa italiana anche con l’esperienza di altri ordinamenti nazionali.
Venturi, P. (2009). La giurisdizione volontaria nel diritto processuale civile internazionale. Torino : G. Giappichelli.
La giurisdizione volontaria nel diritto processuale civile internazionale
VENTURI, PAOLO
2009-01-01
Abstract
Una delle novità certamente più rilevanti introdotte con la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato e processuale (legge 218/1995) è quella relativa alla disciplina speciale sulla giurisdizione volontaria. Da un lato, infatti, per la prima volta nel nostro ordinamento processuale civile si procede a dettarne una regolamentazione specifica ed organica di diritto positivo, prevista all’art. 9, in tema di competenza giurisdizionale, e all’art. 66 (e 67), in tema di riconoscimento. Dall’altro, questa disciplina chiude, almeno apparentemente, l’intenso dibattito dottrinale preesistente, che era stato originato proprio dall’assenza di una autonoma normativa della volontaria giurisdizione sul piano del c.d. diritto processuale civile internazionale. Il presente manuale tenta di ricostruire sistematicamente gli effetti complessivi di questa novità nella disciplina di diritto processuale civile internazionale prevista nella legge 218/1995, partendo dall’assunto, oggetto esso stesso di analisi, che essa ruota attorno al dualismo giurisdizione contenziosa-giurisdizione volontaria. Sono due gli elementi di fondo sui quali l’analisi si muove e che confermano questa nostra ricostruzione della legge 218. Il primo è rilevabile nel dato storico-sistematico. La contrapposizione tra le nozioni di giurisdizione volontaria e di giurisdizione contenziosa è indubbiamente un nodo fortemente caratterizzante il nostro sistema processuale civile. Tale contrapposizione ha occupato per lungo tempo il dibattito dottrinale dei processualisti nell’ottica del diritto interno ed ha avuto un preciso rilievo anche sotto il profilo del diritto processuale civile internazionale. Non è causale che a questo dibattito si riferisca la stessa Relazione introduttiva al Disegno di legge 1192 del 29 aprile 1993 (poi sfociato nella legge 218/1995) e, prima ancora, pure la Relazione della Commissione di Esperti per la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato allo schema di articolato presentato nel 1989. Il secondo si fonda sul dato strutturale che caratterizza la disciplina della legge 218. Ci sembra condivisibile, infatti, sostenere che gli artt. 3 e 9, in tema di competenza giurisdizionale, e gli artt. 64, 65 e 66, in tema di riconoscimento, rappresentino il perno su cui fa leva l’impianto di diritto processuale civile internazionale della legge 218. Degli artt. 9 e 66 si è già detto che regolano la volontaria giurisdizione, mentre, in base a questa nostra ricostruzione della legge 218, gli artt. 3 e 64-65 disciplinano la sfera della c.d. giurisdizione contenziosa. Questa qualificazione degli artt. 3, 64 e 65, del resto, ci sembra coincidere perfettamente con il presupposto che in tali disposizioni si intendono regolare fattispecie di natura contenziosa, che hanno ad oggetto cioè una controversia relativa ad un diritto soggettivo o un status violati o contestati, destinata a concludersi con un provvedimento giurisdizionale avente natura decisoria. L’espresso riferimento che essi rivolgono alla figura processuale del convenuto come fulcro centrale della loro disciplina, nonché i richiami alla nozione di diritto di difesa, di sentenza, di giudicato, infatti, costituiscono indizi qualificanti che la situazione giuridica soggettiva che potrebbero regolare presuppone unicamente ipotesi di contrapposizione tra due o più parti su cui il giudice italiano è chiamato a pronunciarsi o su cui il provvedimento straniero da riconoscere ha già statuito. In altri termini, ancorché crediamo si possa discutere se questi caratteri processuali siano esclusivi della giurisdizione contenziosa, è ragionevole anche affermare che tali disposizioni si rivolgono ontologicamente alla materia c.d. contenziosa. E del resto questa qualificazione della normativa generale di cui all’art. 3 e 64-65 ci sembra corrispondere sistematicamente a quella degli abrogati artt. 4 e 796 ss. c.p.c., per i quali anche non vi era l’espresso riferimento alla nozione di giurisdizione contenziosa, ma rispetto ai quali (come dovrebbe concludersi analogicamente, secondo noi, anche oggi) la mancata classificazione espressa di una categoria processuale di riferimento non impediva affatto di inquadrarvi pienamente proprio solo questo tipo di fattispecie processuali. La scelta di identificare una disciplina specifica della giurisdizione volontaria, e di collocarla poi nell’ambito delle regole generali, pone all’interprete questioni che non emergono solo dal contenuto delle norme de quibus, ma si collegano imprescindibilmente alla incertezza che persiste sulla nozione di volontaria giurisdizione nel nostro ordinamento. L’argomento è stato poco trattato dalla dottrina che ha studiato la legge 218 e dei sui effetti non sembra essersi accorto sino in fondo lo stesso legislatore del 1995. La qualificazione della nozione di giurisdizione volontaria, invece, assume una importanza centrale e condiziona profondamente le scelte interpretative che la stessa legge 218 pone di fronte all’operatore giuridico. Lo studio che qui proponiamo risente chiaramente dell’importanza di questo tema, tanto che idealmente la struttura logica del nostro lavoro può essere suddivisa in tre parti: una prima parte, costituita dai primi due capitoli, è dedicata alla ricerca di una definizione condivisibile della nozione di giurisdizione volontaria nell’ottica dello studio. Al riguardo, si è sentita l’esigenza di partire dal dato di diritto processuale civile interno, onde verificare quali conseguenze da ciò potessero risultare nell’ottica della legge 218/1995. Il primo ed il secondo capitolo sono dunque complementari l’uno all’altro e, nelle nostre intenzioni, costituiscono la premessa logica su cui determinare l’ambito oggettivo della disciplina riguardante la giurisdizione volontaria. La seconda parte, comprendente il terzo e quarto capitolo, è invece orientata sul dato normativo in senso stretto; ovvero sulla disciplina di diritto processuale civile internazionale applicabile alle fattispecie di giurisdizione volontaria, sui modi di funzionamento di questa, sulle caratteristiche strutturali e funzionali delle singole disposizioni e sul loro coordinamento. Nel fare ciò, abbiamo deciso di integrare lo studio della legge 218 con alcune fonti convenzionali e comunitarie, nonché di procedere ad un confronto con l’esperienza di altri ordinamenti nazionali significativamente rilevanti ai nostri fini (principalmente Francia, Svizzera e Germania). Tale supplemento di indagine ci è parso utile ai fini del presente studio, a completamento dell’analisi di alcune disposizioni speciali della stessa legge 218. Senza avere alcuna pretesa di completezza, sia l’approfondimento del loro rapporto (non sempre uguale) con la legge 218, sia la breve analisi delle soluzioni tecniche che tali strumenti consentono (o consentiranno) di applicare nel nostro ordinamento, ci sono sembrati degli spunti interpretativi in grado di poter incidere sul funzionamento stesso della legge 218, sulle sue potenzialità e sui suoi difetti. L’ultima parte, costituita dal quinto capitolo è invece interamente dedicata ad un fenomeno già noto alla dottrina, quello della frammentazione del sistema di diritto processuale civile internazionale italiano, ma ancora poco esplorato nell’ottica della giurisdizione volontaria e invece ricco di spunti interpretativi de iure condito e de iure condendo. L’esistenza di un depeçage in una pluralità di regimi giuridici specializzati è certamente un dato che coinvolge sia i moderni sistemi di diritto comune, sia la disciplina internazionale o comunitaria. E ciò, non solo nell’ambito delle norme di conflitto, ma sempre più anche nell’ottica della disposizioni in tema di competenza giurisdizionale e di riconoscimento dell’efficacia dei provvedimenti stranieri. La peculiarità che si evidenzia nel sistema italiano, tuttavia, sta nella centralità che, anche in quest’ottica, assume il dualismo giurisdizione contenziosa e giurisdizione volontaria. Al riguardo, si sono valuti gli effetti che questa ripartizione determina sulla frammentazione sopra accennata, confrontando i risultati dello studio condotto sulla normativa italiana anche con l’esperienza di altri ordinamenti nazionali.File | Dimensione | Formato | |
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