Con metodo induttivo e costanti richiami alle indicazioni di tipo comparato provenienti dalla prassi regionale interamericana e africana, il presente studio analizza la giurisprudenza ambientale della Corte europea alla luce dalla tensione esistente fra tutela dell’ambiente quale interesse pubblico, da un lato, e ratio individualistica della Convenzione europea dei diritti umani, dall’altro lato. Il capitolo 1 illustra e discute la giurisprudenza relativa ai limiti ratione personae e ratione materiae della competenza giurisdizionale della Corte europea più rilevanti in tema di ricorsi ambientali, quali in specie il requisito della vittima di una violazione, il divieto di actio popularis e le condizioni di applicabilità degli artt. 6 e 8 della Convenzione europea. Il capitolo 2 si occupa specificamente della prassi degli organi regionali interamericani e africani di tutela dei diritti umani pertinente in materia ambientale. Lo scopo è di dimostrare che, sebbene talvolta si ispiri a premesse teoriche e metodologiche analoghe a quelle del sistema europeo, tale prassi prende adeguatamente in considerazione le istanze di interesse generale connesse alla protezione della natura. Facendo tesoro delle importanti indicazioni fornite dai sistemi interamericano e africano, il capitolo 3 affronta la tematica dei diritti ambientali partecipativi e procedurali nell’ottica della giurisprudenza della Corte europea e alla luce della Convenzione di Aarhus del 1998, ossia il più importante strumento vincolante di diritto internazionale pertinente in tale campo. Il capitolo 4 dà conto di alcune manifestazioni emblematiche della giurisprudenza della Corte europea pertinente in tema di ambiente nelle quali l’interesse pubblico ha assunto particolare rilievo quale difesa dello Stato convenuto. L’indagine riguarda due aspetti, al contempo connessi e distinti, di questo problema. Da una parte, viene prestata attenzione alle modalità con cui la celebre nozione del margine di apprezzamento è stata utilizzata in riferimento ai ricorsi di natura ambientale. D’altra parte, il capitolo si sofferma sulle pronunce della Corte in cui l’interesse pubblico alla protezione ambientale si è rivelato un efficacissimo strumento per gli Stati convenuti allo scopo di evitare pronunce di violazione derivanti da misure prima facie incompatibili con il diritto di proprietà e il diritto alla vita privata e al domicilio. Particolare enfasi sarà riposta su fattispecie piuttosto anomale, nelle quali l’interesse pubblico ambientale come difeso dallo Stato convenuto è riuscito a prevalere perfino in situazioni chiaramente implicanti i diritti delle minoranze oppure contrapposte esigenze individuali analogamente legate alla salvaguardia della natura. Il volume si chiude con alcune conclusioni di carattere generale, concernenti ad esempio le prospettive di convergenza della giurisprudenza ambientale dei sistemi regionali di garanzia dei diritti umani, prospettive che paiono legate soprattutto alla promozione di un dialogo costante fra le corti in questione, nonché all’emersione della Convenzione di Aarhus come minimo comune denominatore globale in materia di diritti partecipativi e procedurali. In definitiva, lo studio ritiene che le corti e istanze internazionali di tutela dei diritti umani possano e debbano continuare a giocare un ruolo significativo rispetto a controversie nascenti da danni e rischi ambientali incidenti su individui, gruppi di persone e intere comunità umane. La pregnanza e coerenza futura di tale ruolo appare tuttavia legata alla determinazione che le corti dei diritti umani dimostreranno nel dare adeguato spazio alla dimensione di interesse pubblico propria del contenzioso ambientale.
Pavoni, R. (2013). Interesse pubblico e diritti individuali nella giurisprudenza ambientale della Corte europea dei diritti umani. Napoli : Editoriale Scientifica.
Interesse pubblico e diritti individuali nella giurisprudenza ambientale della Corte europea dei diritti umani
PAVONI, RICCARDO
2013-01-01
Abstract
Con metodo induttivo e costanti richiami alle indicazioni di tipo comparato provenienti dalla prassi regionale interamericana e africana, il presente studio analizza la giurisprudenza ambientale della Corte europea alla luce dalla tensione esistente fra tutela dell’ambiente quale interesse pubblico, da un lato, e ratio individualistica della Convenzione europea dei diritti umani, dall’altro lato. Il capitolo 1 illustra e discute la giurisprudenza relativa ai limiti ratione personae e ratione materiae della competenza giurisdizionale della Corte europea più rilevanti in tema di ricorsi ambientali, quali in specie il requisito della vittima di una violazione, il divieto di actio popularis e le condizioni di applicabilità degli artt. 6 e 8 della Convenzione europea. Il capitolo 2 si occupa specificamente della prassi degli organi regionali interamericani e africani di tutela dei diritti umani pertinente in materia ambientale. Lo scopo è di dimostrare che, sebbene talvolta si ispiri a premesse teoriche e metodologiche analoghe a quelle del sistema europeo, tale prassi prende adeguatamente in considerazione le istanze di interesse generale connesse alla protezione della natura. Facendo tesoro delle importanti indicazioni fornite dai sistemi interamericano e africano, il capitolo 3 affronta la tematica dei diritti ambientali partecipativi e procedurali nell’ottica della giurisprudenza della Corte europea e alla luce della Convenzione di Aarhus del 1998, ossia il più importante strumento vincolante di diritto internazionale pertinente in tale campo. Il capitolo 4 dà conto di alcune manifestazioni emblematiche della giurisprudenza della Corte europea pertinente in tema di ambiente nelle quali l’interesse pubblico ha assunto particolare rilievo quale difesa dello Stato convenuto. L’indagine riguarda due aspetti, al contempo connessi e distinti, di questo problema. Da una parte, viene prestata attenzione alle modalità con cui la celebre nozione del margine di apprezzamento è stata utilizzata in riferimento ai ricorsi di natura ambientale. D’altra parte, il capitolo si sofferma sulle pronunce della Corte in cui l’interesse pubblico alla protezione ambientale si è rivelato un efficacissimo strumento per gli Stati convenuti allo scopo di evitare pronunce di violazione derivanti da misure prima facie incompatibili con il diritto di proprietà e il diritto alla vita privata e al domicilio. Particolare enfasi sarà riposta su fattispecie piuttosto anomale, nelle quali l’interesse pubblico ambientale come difeso dallo Stato convenuto è riuscito a prevalere perfino in situazioni chiaramente implicanti i diritti delle minoranze oppure contrapposte esigenze individuali analogamente legate alla salvaguardia della natura. Il volume si chiude con alcune conclusioni di carattere generale, concernenti ad esempio le prospettive di convergenza della giurisprudenza ambientale dei sistemi regionali di garanzia dei diritti umani, prospettive che paiono legate soprattutto alla promozione di un dialogo costante fra le corti in questione, nonché all’emersione della Convenzione di Aarhus come minimo comune denominatore globale in materia di diritti partecipativi e procedurali. In definitiva, lo studio ritiene che le corti e istanze internazionali di tutela dei diritti umani possano e debbano continuare a giocare un ruolo significativo rispetto a controversie nascenti da danni e rischi ambientali incidenti su individui, gruppi di persone e intere comunità umane. La pregnanza e coerenza futura di tale ruolo appare tuttavia legata alla determinazione che le corti dei diritti umani dimostreranno nel dare adeguato spazio alla dimensione di interesse pubblico propria del contenzioso ambientale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/11365/21468
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