La biblioteca fatta allestire a Buda da Mattia Corvino si configura come una vera Biblioteca di Stato: manoscritti latini, opere classiche, patristiche, scientifico-tecniche e traduzioni latine di opere greche affidate ai più grandi umanisti italiani del XV secolo, accanto a opere greche in lingua, caso unico nel panorama europeo, se si esclude la nascente Biblioteca Vaticana di Niccolò V, almeno fino a Lorenzo de’ Medici, che pure volle imitare il re Mattia nella costituzione di quella che anche a Firenze sarebbe stata una biblioteca di cultura e insieme di rappresentanza politica. Da un primo censimento, si annoverano 58 citazioni di manoscritti contenenti opere greche in traduzione, in gran parte codici non più esistenti o ancora non riconosciuti come appartenenti alla biblioteca reale. Per i manoscritti sopravvissuti sicuramente corvini, sulla base dell’elenco stilato da C. Csapodi, si forniscono qui alcuni elementi descrittivi che ne permettono l’identificazione. La doppia valenza del Principe come di uomo d’arme e di cultura, che caratterizza la propaganda politica del tempo, tanto più serve a chi, come Mattia, non fonda la legittimità del proprio potere sul tradizionale diritto dinastico, su cui potevano contare i Signori di Ferrara, Mantova, Urbino o i Visconti di Milano, ma sul “moderno” diritto che emana dalla virtus, dall’areté plutarchea, propugnato dall’ideologia umanistica. Le notizie sulle prime acquisizioni di libri dall’Italia da parte del re non riportano notizia di manoscritti greci, nonostante biblioteca progettata per Buda contasse sulla presenza, almeno fino al 1472, di personaggi di altissimo rilievo culturale come Jànos Vitéz, legato fin dall’inizio del XV secolo a Pier Paolo Vergerio, o Janus Pannonius, raffinato conoscitore della lingua e della letteratura greca, fondatore della prima biblioteca greco-latina d’Ungheria a Pécs. E’ molto probabile che proprio dalla biblioteca di Pecs derivi il primo nucleo di manoscritti greco della biblioteca reale, a partire, quindi dal 1472, anno in cui Vitez e il Pannonius caddero in disgrazia presso il re. La biblioteca di Pécs del Pannonius fu completamente confiscata, con tutti i suoi volumi greci e costituì realmente la base della biblioteca greca Corvina. Purtroppo, è estremamente difficile riconoscere i volumi appartenuti al Pannonio, perché sembra che egli non usasse contrassegnare i libri di sua proprietà, né annotarli, ma, sulla base delle ricerche di Hutsi e di Csapodi e attestazioni documentarie sull’acquisizione di codici già allestiti e soprattutto sulla committenza di codici nuovi da parte di Pannonius per sé o per il re, si ricostruisce qui un elenco di codici greci ancora esistenti e di quelli di cui si ha notizia, ma purtroppo perduti o a oggi non ancora riconosciuti. Comunque sia, il panegirico che Naldo Naldi compone per descrivere la biblioteca di Buda, quasi un iter tra gli scaffali di libri latini e greci, ancorché ritenuto uno strumento di descrizione di una biblioteca vera e propria, per alcune delle opere citate, non sembra che si riferisca a realtà, quanto piuttosto a una rappresentazione biblioteca ideale, secondo l’insegnamento del Decembrio. A tale ideale sicuramente tende il re e i suoi emissari in Italia o in Grecia, ma anche i tanti umanisti che con Buda e con il bibliotecario e precettore del figlio di Mattia, Taddeo Ugoleto, hanno rapporti in quegli anni, al fine della costituzione di una Biblioteca di Stato nell’ultimo baluardo a difesa dell’Occidente contro l’avanzata turca. All’epoca di Mattia il 60% delle opere conservate nella sua biblioteca non erano ancora state edite a stampa, quindi la raccolta corvina ha un valore anche filologico sia per l’età umanistica che per la filologia moderna, perché alcuni testi sono conosciuti nell’unica copia corvina, ma anche il testo tradito dai codici corvini di opere già conosciute da tempo presenta una buona tradizione, come nel caso degli scritti di Aristotele, mentre dalla composizione della raccolta di opere greche della Corvina si può valutare l’entità della ricezione dei testi greci da parte dell’umanesimo occidentale.

Tristano, C. (2009). I manoscritti greci di Mattia Corvino. In Mathias Corvin, les bibliothéques princiéres et la genése de l'Etat moderne (pp. 215-236). Budapest : Országos Széchényi Konyvtár,.

I manoscritti greci di Mattia Corvino

TRISTANO, CATERINA
2009-01-01

Abstract

La biblioteca fatta allestire a Buda da Mattia Corvino si configura come una vera Biblioteca di Stato: manoscritti latini, opere classiche, patristiche, scientifico-tecniche e traduzioni latine di opere greche affidate ai più grandi umanisti italiani del XV secolo, accanto a opere greche in lingua, caso unico nel panorama europeo, se si esclude la nascente Biblioteca Vaticana di Niccolò V, almeno fino a Lorenzo de’ Medici, che pure volle imitare il re Mattia nella costituzione di quella che anche a Firenze sarebbe stata una biblioteca di cultura e insieme di rappresentanza politica. Da un primo censimento, si annoverano 58 citazioni di manoscritti contenenti opere greche in traduzione, in gran parte codici non più esistenti o ancora non riconosciuti come appartenenti alla biblioteca reale. Per i manoscritti sopravvissuti sicuramente corvini, sulla base dell’elenco stilato da C. Csapodi, si forniscono qui alcuni elementi descrittivi che ne permettono l’identificazione. La doppia valenza del Principe come di uomo d’arme e di cultura, che caratterizza la propaganda politica del tempo, tanto più serve a chi, come Mattia, non fonda la legittimità del proprio potere sul tradizionale diritto dinastico, su cui potevano contare i Signori di Ferrara, Mantova, Urbino o i Visconti di Milano, ma sul “moderno” diritto che emana dalla virtus, dall’areté plutarchea, propugnato dall’ideologia umanistica. Le notizie sulle prime acquisizioni di libri dall’Italia da parte del re non riportano notizia di manoscritti greci, nonostante biblioteca progettata per Buda contasse sulla presenza, almeno fino al 1472, di personaggi di altissimo rilievo culturale come Jànos Vitéz, legato fin dall’inizio del XV secolo a Pier Paolo Vergerio, o Janus Pannonius, raffinato conoscitore della lingua e della letteratura greca, fondatore della prima biblioteca greco-latina d’Ungheria a Pécs. E’ molto probabile che proprio dalla biblioteca di Pecs derivi il primo nucleo di manoscritti greco della biblioteca reale, a partire, quindi dal 1472, anno in cui Vitez e il Pannonius caddero in disgrazia presso il re. La biblioteca di Pécs del Pannonius fu completamente confiscata, con tutti i suoi volumi greci e costituì realmente la base della biblioteca greca Corvina. Purtroppo, è estremamente difficile riconoscere i volumi appartenuti al Pannonio, perché sembra che egli non usasse contrassegnare i libri di sua proprietà, né annotarli, ma, sulla base delle ricerche di Hutsi e di Csapodi e attestazioni documentarie sull’acquisizione di codici già allestiti e soprattutto sulla committenza di codici nuovi da parte di Pannonius per sé o per il re, si ricostruisce qui un elenco di codici greci ancora esistenti e di quelli di cui si ha notizia, ma purtroppo perduti o a oggi non ancora riconosciuti. Comunque sia, il panegirico che Naldo Naldi compone per descrivere la biblioteca di Buda, quasi un iter tra gli scaffali di libri latini e greci, ancorché ritenuto uno strumento di descrizione di una biblioteca vera e propria, per alcune delle opere citate, non sembra che si riferisca a realtà, quanto piuttosto a una rappresentazione biblioteca ideale, secondo l’insegnamento del Decembrio. A tale ideale sicuramente tende il re e i suoi emissari in Italia o in Grecia, ma anche i tanti umanisti che con Buda e con il bibliotecario e precettore del figlio di Mattia, Taddeo Ugoleto, hanno rapporti in quegli anni, al fine della costituzione di una Biblioteca di Stato nell’ultimo baluardo a difesa dell’Occidente contro l’avanzata turca. All’epoca di Mattia il 60% delle opere conservate nella sua biblioteca non erano ancora state edite a stampa, quindi la raccolta corvina ha un valore anche filologico sia per l’età umanistica che per la filologia moderna, perché alcuni testi sono conosciuti nell’unica copia corvina, ma anche il testo tradito dai codici corvini di opere già conosciute da tempo presenta una buona tradizione, come nel caso degli scritti di Aristotele, mentre dalla composizione della raccolta di opere greche della Corvina si può valutare l’entità della ricezione dei testi greci da parte dell’umanesimo occidentale.
2009
9789632005676
Tristano, C. (2009). I manoscritti greci di Mattia Corvino. In Mathias Corvin, les bibliothéques princiéres et la genése de l'Etat moderne (pp. 215-236). Budapest : Országos Széchényi Konyvtár,.
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