Tra le testimonianze manoscritte più antiche conservate presso l’archivio Diocesano di Palermo, si annoverano due codici, molto probabilmente collegati fra loro nell’uso, anche se non necessariamente nell’origine di produzione, che sono il ms. 2 e il ms. 3, noti con il titolo rispettivamente di Epistolario il primo e Sacramentario della Chiesa palermitana il secondo. L’Epistolario, frammentario residuo di un originario Lezionario, presenta una scrittura, che pare unitaria o di mani molto simili, di tradizione grafica dei Normanni di Sicilia, ben rappresentata dal Liber Cantus Chori madrileno o dal Messale coevo oggi conservato presso la Biblioteca Regionale siciliana. L’aspetto generale, quindi, qualifica il codice come un prodotto di medio livello, lontano dalla sontuosità dei libri d’apparato dell’epoca, ma al contempo accurato nell’esecuzione, con lettere ornate che raccolgono l’eco della tradizione di marca bizantina. Il manoscritto 3 si configura come un prodotto di ambiente monastico e non cattedrale, come vorrebbe il Terrizzi, di ambito locale, per via di alcune messe di Santi siciliani o la cui venerazione è diffusa in Sicilia, allestito da mani di cultura grafica nordica franco-normanna in un periodo che può essere individuato tra la fine dell’XI secolo e la metà del secolo seguente. La presenza di note obituarie riferite alle figure ritenute salienti della Corte, quasi a completamento del libro e tutte femminili, tranne il capostipite della casata reale Roberto il Guiscardo, e alcune correzioni testuali fanno pensare che il Sacramentario abbia circolato in ambiente regio “ad usum” delle donne della corte, a partire dalla metà del XII secolo e che tale sia rimasto, quasi come un libro della memoria delle figure femminili della famiglia regnante, se una mano del XIII secolo corregge in scrittura cancelleresca una generica preghiera in favore di chi detiene il potere secolare, attualizzandola con il rimando diretto all’imperatrice Costanza, secondo un uso mai seguito nel libro per i reali precedenti.
Tristano, C. (2008). Famuli, famulae. Segni di autorità femminile nel Sacramentario dell'ASDPa (Ms. 03). In Storia e arte nella Scrittura. L'Archivio Storico Diocesano di Palermo a 10 anni dalla riapertura al pubblico (1997-2007) (pp. 371-391). Palermo : Edizioni Ass. Centro Studi Aurora Onlus.
Famuli, famulae. Segni di autorità femminile nel Sacramentario dell'ASDPa (Ms. 03)
TRISTANO, CATERINA
2008-01-01
Abstract
Tra le testimonianze manoscritte più antiche conservate presso l’archivio Diocesano di Palermo, si annoverano due codici, molto probabilmente collegati fra loro nell’uso, anche se non necessariamente nell’origine di produzione, che sono il ms. 2 e il ms. 3, noti con il titolo rispettivamente di Epistolario il primo e Sacramentario della Chiesa palermitana il secondo. L’Epistolario, frammentario residuo di un originario Lezionario, presenta una scrittura, che pare unitaria o di mani molto simili, di tradizione grafica dei Normanni di Sicilia, ben rappresentata dal Liber Cantus Chori madrileno o dal Messale coevo oggi conservato presso la Biblioteca Regionale siciliana. L’aspetto generale, quindi, qualifica il codice come un prodotto di medio livello, lontano dalla sontuosità dei libri d’apparato dell’epoca, ma al contempo accurato nell’esecuzione, con lettere ornate che raccolgono l’eco della tradizione di marca bizantina. Il manoscritto 3 si configura come un prodotto di ambiente monastico e non cattedrale, come vorrebbe il Terrizzi, di ambito locale, per via di alcune messe di Santi siciliani o la cui venerazione è diffusa in Sicilia, allestito da mani di cultura grafica nordica franco-normanna in un periodo che può essere individuato tra la fine dell’XI secolo e la metà del secolo seguente. La presenza di note obituarie riferite alle figure ritenute salienti della Corte, quasi a completamento del libro e tutte femminili, tranne il capostipite della casata reale Roberto il Guiscardo, e alcune correzioni testuali fanno pensare che il Sacramentario abbia circolato in ambiente regio “ad usum” delle donne della corte, a partire dalla metà del XII secolo e che tale sia rimasto, quasi come un libro della memoria delle figure femminili della famiglia regnante, se una mano del XIII secolo corregge in scrittura cancelleresca una generica preghiera in favore di chi detiene il potere secolare, attualizzandola con il rimando diretto all’imperatrice Costanza, secondo un uso mai seguito nel libro per i reali precedenti.File | Dimensione | Formato | |
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