Il libro affronta il tema delle sonorità che caratterizzavano il mondo antico, in particolare la costruzione, il valore e il significato delle voci degli animali. Antropologia da un lato, filologia e linguistica dall’altro, vengono utilizzate per ricostruire e interpretare la “fonosfera” antica, ossia l’universo sonoro in cui Greci e Romani, ma soprattutto Romani, hanno sviluppato le rispettive civiltà. In che cosa consisteva, infatti, la fonosfera degli antichi? Vengono subito in mente quelle sonorità che il mondo antico possedeva e che noi, invece, abbiamo perduto, come il colpo di martello dei fabbri, lo strepito delle macine dei mugnai, il cigolio dei carri, il suono della frusta per “far di conto”. Ancor più presenti, però, erano le voci degli animali, ossia latrati, ragli, nitriti, belati, grugniti, cinguettii, ma anche il caccabare delle pernici, il iubilare dei nibbi, il gannire delle volpi, il drindrare delle donnole. Queste voci risultavano più udibili non solo perché la fonosfera dei nostri antenati era meno fragorosa della nostra, ma soprattutto perché le si voleva stare ad ascoltare. Gli antichi le consideravano infatti messaggi di buono o cattivo augurio, che predicevano il futuro o annunciavano le stagioni; mentre i canti degli uccelli, in particolare, erano capaci di resuscitare nella mente tracce di antichi miti e di fornire a musicisti e poeti uno straordinario serbatoio di “memorie sonore”. Per riascoltare oggi queste voci scomparse e le infinite storie che ancora raccontano, l’unica via da seguire passa attraverso la testimonianza scritta: bisogna stanarle là dove si nascondono. Questo libro è dunque un viaggio in un mondo di voci ormai mute per sempre. Voci di animali ma anche voci di uomini, come quelle di profeti e glossolalici – così vicine alle sonorità animali – voci che non possiamo più udire perché il tempo le ha ormai inghiottite; ma la cui registrazione scritta, rintracciata in testi remoti e spesso poco noti, conserva immagini e memorie di grande interesse. Il risultato è uno schizzo di antropologia sonora, una musica piena di ritmo in cui, ancora per una volta, risuonano canti di uccelli, grida di animali e lontane parole di uomini.

Bettini, M. (2008). Voci. Antropologia sonora del mondo antico. TORINO : Einaudi.

Voci. Antropologia sonora del mondo antico

BETTINI, MAURIZIO
2008-01-01

Abstract

Il libro affronta il tema delle sonorità che caratterizzavano il mondo antico, in particolare la costruzione, il valore e il significato delle voci degli animali. Antropologia da un lato, filologia e linguistica dall’altro, vengono utilizzate per ricostruire e interpretare la “fonosfera” antica, ossia l’universo sonoro in cui Greci e Romani, ma soprattutto Romani, hanno sviluppato le rispettive civiltà. In che cosa consisteva, infatti, la fonosfera degli antichi? Vengono subito in mente quelle sonorità che il mondo antico possedeva e che noi, invece, abbiamo perduto, come il colpo di martello dei fabbri, lo strepito delle macine dei mugnai, il cigolio dei carri, il suono della frusta per “far di conto”. Ancor più presenti, però, erano le voci degli animali, ossia latrati, ragli, nitriti, belati, grugniti, cinguettii, ma anche il caccabare delle pernici, il iubilare dei nibbi, il gannire delle volpi, il drindrare delle donnole. Queste voci risultavano più udibili non solo perché la fonosfera dei nostri antenati era meno fragorosa della nostra, ma soprattutto perché le si voleva stare ad ascoltare. Gli antichi le consideravano infatti messaggi di buono o cattivo augurio, che predicevano il futuro o annunciavano le stagioni; mentre i canti degli uccelli, in particolare, erano capaci di resuscitare nella mente tracce di antichi miti e di fornire a musicisti e poeti uno straordinario serbatoio di “memorie sonore”. Per riascoltare oggi queste voci scomparse e le infinite storie che ancora raccontano, l’unica via da seguire passa attraverso la testimonianza scritta: bisogna stanarle là dove si nascondono. Questo libro è dunque un viaggio in un mondo di voci ormai mute per sempre. Voci di animali ma anche voci di uomini, come quelle di profeti e glossolalici – così vicine alle sonorità animali – voci che non possiamo più udire perché il tempo le ha ormai inghiottite; ma la cui registrazione scritta, rintracciata in testi remoti e spesso poco noti, conserva immagini e memorie di grande interesse. Il risultato è uno schizzo di antropologia sonora, una musica piena di ritmo in cui, ancora per una volta, risuonano canti di uccelli, grida di animali e lontane parole di uomini.
2008
9788806191320
Bettini, M. (2008). Voci. Antropologia sonora del mondo antico. TORINO : Einaudi.
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