Un luogo comune del dibattito politico è che il mercato sia una sfera della vita sociale in cui gli individui sono liberi e che togliere vincoli al mercato significhi accrescere la libertà individuale. Anche nella filosofia politica e nelle discipline giuridiche, almeno fin quando si parla delle cosiddette libertà negative, cioè delle libertà di agire senza essere ostacolati da altri, si tende a condividere questa immagine del mercato. Nella prima parte della monografia viene dimostrato, tramite un’analisi concettuale, che questo luogo comune è privo di fondamento. Si deve infatti considerare che non è possibile compiere alcuna azione senza far uso di beni materiali: ogni azione è necessariamente compiuta utilizzando un bene immobile, ovvero la superficie occupata nel compierla, cioè una stanza di un appartamento, una strada, una piazza, ecc.; inoltre, molte azioni possono essere compiute solo utilizzando beni mobili: ad esempio, per mangiare è necessario del cibo, per fumare sono necessari un sigaro o una sigaretta, per vestirsi sono necessari dei vestiti. Da ciò segue che sarebbe insensato affermare che un individuo è titolare di una libertà giuridica, ossia del permesso di compiere o non compiere una determinata azione, ma non è titolare della libertà di utilizzare determinati beni, ossia del permesso di utilizzare o non utilizzare in un certo modo i beni necessari per compiere quell’azione. Si deve quindi concludere che ogni libertà di agire è una libertà di far uso di beni e che un mercato privo di vincoli e limiti, in cui tutti i beni fossero di proprietà privata e venissero scambiati tra privati, sarebbe un mercato di tutte le possibili libertà. Da questa conclusione discende che per assicurare a tutti determinate libertà è necessario assicurare a tutti determinati beni, e che dunque una certa forma di eguaglianza sostanziale coincide con l’eguaglianza delle libertà individuali. Sulla base di quest’analisi, nella seconda parte della monografia viene viene esaminata la tradizionale distinzione tra diritti di libertà e diritti sociali, per mostrare come essa sia infondata. Infatti, se libertà di agire significa libertà di far uso di beni, i diritti di libertà devono necessariamente essere concepiti come diritti di far uso di beni, cioè allo stesso modo in cui possono essere concepiti i diritti sociali alla salute e all’istruzione, intesi come diritti a ricevere cure e un’istruzione gratuitamente o ad un prezzo più basso di quello di mercato. La terza parte della monografia si occupa infine degli effetti che differenti sistemi di proprietà e di organizzazione economica avrebbero sulla distribuzione delle libertà, nonché sulla possibilità di acquisirle ed esercitarle. A questo fine vengono distinti tre modelli “puri” di proprietà dei beni e di società: la proprietà comune e la società dei beni comuni (una sorta di comunismo anarchico); la proprietà collettiva e la società dei beni collettivi (una sorta di democrazia comunista); la proprietà privata e la società radicalmente liberista (stato minimo o società anarco-capitalistica). La conclusione è che, ove si guardi alle garanzie e all’estensione delle libertà individuali, la società migliore è ragionevolmente una società “mista”, che combina alcuni caratteri dei tre modelli “puri”.

Diciotti, E. (2006). Il mercato delle libertà. BOLOGNA : Il Mulino.

Il mercato delle libertà

DICIOTTI, ENRICO
2006-01-01

Abstract

Un luogo comune del dibattito politico è che il mercato sia una sfera della vita sociale in cui gli individui sono liberi e che togliere vincoli al mercato significhi accrescere la libertà individuale. Anche nella filosofia politica e nelle discipline giuridiche, almeno fin quando si parla delle cosiddette libertà negative, cioè delle libertà di agire senza essere ostacolati da altri, si tende a condividere questa immagine del mercato. Nella prima parte della monografia viene dimostrato, tramite un’analisi concettuale, che questo luogo comune è privo di fondamento. Si deve infatti considerare che non è possibile compiere alcuna azione senza far uso di beni materiali: ogni azione è necessariamente compiuta utilizzando un bene immobile, ovvero la superficie occupata nel compierla, cioè una stanza di un appartamento, una strada, una piazza, ecc.; inoltre, molte azioni possono essere compiute solo utilizzando beni mobili: ad esempio, per mangiare è necessario del cibo, per fumare sono necessari un sigaro o una sigaretta, per vestirsi sono necessari dei vestiti. Da ciò segue che sarebbe insensato affermare che un individuo è titolare di una libertà giuridica, ossia del permesso di compiere o non compiere una determinata azione, ma non è titolare della libertà di utilizzare determinati beni, ossia del permesso di utilizzare o non utilizzare in un certo modo i beni necessari per compiere quell’azione. Si deve quindi concludere che ogni libertà di agire è una libertà di far uso di beni e che un mercato privo di vincoli e limiti, in cui tutti i beni fossero di proprietà privata e venissero scambiati tra privati, sarebbe un mercato di tutte le possibili libertà. Da questa conclusione discende che per assicurare a tutti determinate libertà è necessario assicurare a tutti determinati beni, e che dunque una certa forma di eguaglianza sostanziale coincide con l’eguaglianza delle libertà individuali. Sulla base di quest’analisi, nella seconda parte della monografia viene viene esaminata la tradizionale distinzione tra diritti di libertà e diritti sociali, per mostrare come essa sia infondata. Infatti, se libertà di agire significa libertà di far uso di beni, i diritti di libertà devono necessariamente essere concepiti come diritti di far uso di beni, cioè allo stesso modo in cui possono essere concepiti i diritti sociali alla salute e all’istruzione, intesi come diritti a ricevere cure e un’istruzione gratuitamente o ad un prezzo più basso di quello di mercato. La terza parte della monografia si occupa infine degli effetti che differenti sistemi di proprietà e di organizzazione economica avrebbero sulla distribuzione delle libertà, nonché sulla possibilità di acquisirle ed esercitarle. A questo fine vengono distinti tre modelli “puri” di proprietà dei beni e di società: la proprietà comune e la società dei beni comuni (una sorta di comunismo anarchico); la proprietà collettiva e la società dei beni collettivi (una sorta di democrazia comunista); la proprietà privata e la società radicalmente liberista (stato minimo o società anarco-capitalistica). La conclusione è che, ove si guardi alle garanzie e all’estensione delle libertà individuali, la società migliore è ragionevolmente una società “mista”, che combina alcuni caratteri dei tre modelli “puri”.
2006
8815110798
Diciotti, E. (2006). Il mercato delle libertà. BOLOGNA : Il Mulino.
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