In quest’opera, dopo un capitolo longiniano, il lettore troverà registrati i fini movimenti della nozione di sublime dal ciclo antico seguendo Addison, Boileau, Burke, Hume e Hutcheson, Kant, Lowt, Schiller, alle origini dell’estetica, ma forse anche di un’intera scelta culturale moderna, dove il sublime agisce con effetti costitutivi da non più ignorarsi. Moviamo, con l’Autore, da Longino, riscontriamone la professionalità spiccata di critico e retore. Ma quale anomala retorica! tutta concentrata sull’analisi e sulla mozione degli affetti; e rispetto all’intento persuasivo nel nome di questo ma anche assai oltre. Sicché la collezione dei tropi non vale più tanto semanticamente (dislocare i significati delle parole) ed a fini di ornato, quanto per evocare, modellare, lasciare irrompere una pura energia spirituale che sembra valere proprio per sé stessa, pur se certamente scandita nella psicologia del pathos. Quando il Trattato si imprime sul XVI secolo seguendo insieme ad Aristotele il canale degli studi retorici, apporta paradosso e tensione che i tempi, continua Francesco Solitario, assorbirono con l’intero classico; equivoco, se fu, non infecondo, come altri, e come le ramificazioni che si dilatano lungo l’ermeneusi infinita cui il messaggio di Longino sembra cos’ nativamente disposto. Ecco Boileau puntare sull’efficacia elementare e diretta del sublime semplice, e con questo, spostarsi decisamente verso la psicologia e la fruzione lasciando indietro lo stile; ecco Dennis, attento alla dinamica delle passioni, spingersi verso il tremendo religioso. Ora, altra svolta, non appena questo tremendo risucchia il sublime nella sua oggettività (Addison). Ma perché il tremendo è così volentieri accettato nei suoi terrificanti effetti? Perché il terrore piace. Col piacere siamo ormai ai limiti delll’estetica, che si interessa a enti precisamente caratterizzati da un’esperienza problematica di piacere e distacco aperto e chiuso fra soggetto e oggetto; da questo momento il sublime si avvia a fluire a ridosso di tematiche fondamentali, finché giunge in questione l’essere: vissuto settecentescamente davanti a formidabili barriere gnoseologiche e con tutta l’ansia del lontano e vicino, dell’imminente ed evasivo. Il nodo stretto, in quell’epoca, fra estetica, morale, metafisica, fra Kant e Schiller si indurisce, e si allenta poi quando la dignità si allea alla grazia, il sublime e il bello si mediano nella libertà. Per molti altri punti, da sola parli la ricerca di Francesco Solitario, i cui risultati più importanti, a mio avviso, consistono in una nuova luce sulla tecnica tropica, e nell’aver scoperto, serrando la migrazione del sublime, una specie di grandiosa deriva di continenti dalla retorica verso la metafisica. La sua argomentata chiaroveggenza - persuasiva, la cura dei documenti - assidua, il suo contributo utile e originale si colloca pregevolmente nell’attuale vivida stagione di studi estetici in Italia.

Solitario, F. (1989). Il Sublime, dalla retorica alla metafisica. MILANO : ISU-Università Cattolica S. Cuore Milano.

Il Sublime, dalla retorica alla metafisica

SOLITARIO, FRANCESCO
1989-01-01

Abstract

In quest’opera, dopo un capitolo longiniano, il lettore troverà registrati i fini movimenti della nozione di sublime dal ciclo antico seguendo Addison, Boileau, Burke, Hume e Hutcheson, Kant, Lowt, Schiller, alle origini dell’estetica, ma forse anche di un’intera scelta culturale moderna, dove il sublime agisce con effetti costitutivi da non più ignorarsi. Moviamo, con l’Autore, da Longino, riscontriamone la professionalità spiccata di critico e retore. Ma quale anomala retorica! tutta concentrata sull’analisi e sulla mozione degli affetti; e rispetto all’intento persuasivo nel nome di questo ma anche assai oltre. Sicché la collezione dei tropi non vale più tanto semanticamente (dislocare i significati delle parole) ed a fini di ornato, quanto per evocare, modellare, lasciare irrompere una pura energia spirituale che sembra valere proprio per sé stessa, pur se certamente scandita nella psicologia del pathos. Quando il Trattato si imprime sul XVI secolo seguendo insieme ad Aristotele il canale degli studi retorici, apporta paradosso e tensione che i tempi, continua Francesco Solitario, assorbirono con l’intero classico; equivoco, se fu, non infecondo, come altri, e come le ramificazioni che si dilatano lungo l’ermeneusi infinita cui il messaggio di Longino sembra cos’ nativamente disposto. Ecco Boileau puntare sull’efficacia elementare e diretta del sublime semplice, e con questo, spostarsi decisamente verso la psicologia e la fruzione lasciando indietro lo stile; ecco Dennis, attento alla dinamica delle passioni, spingersi verso il tremendo religioso. Ora, altra svolta, non appena questo tremendo risucchia il sublime nella sua oggettività (Addison). Ma perché il tremendo è così volentieri accettato nei suoi terrificanti effetti? Perché il terrore piace. Col piacere siamo ormai ai limiti delll’estetica, che si interessa a enti precisamente caratterizzati da un’esperienza problematica di piacere e distacco aperto e chiuso fra soggetto e oggetto; da questo momento il sublime si avvia a fluire a ridosso di tematiche fondamentali, finché giunge in questione l’essere: vissuto settecentescamente davanti a formidabili barriere gnoseologiche e con tutta l’ansia del lontano e vicino, dell’imminente ed evasivo. Il nodo stretto, in quell’epoca, fra estetica, morale, metafisica, fra Kant e Schiller si indurisce, e si allenta poi quando la dignità si allea alla grazia, il sublime e il bello si mediano nella libertà. Per molti altri punti, da sola parli la ricerca di Francesco Solitario, i cui risultati più importanti, a mio avviso, consistono in una nuova luce sulla tecnica tropica, e nell’aver scoperto, serrando la migrazione del sublime, una specie di grandiosa deriva di continenti dalla retorica verso la metafisica. La sua argomentata chiaroveggenza - persuasiva, la cura dei documenti - assidua, il suo contributo utile e originale si colloca pregevolmente nell’attuale vivida stagione di studi estetici in Italia.
1989
Solitario, F. (1989). Il Sublime, dalla retorica alla metafisica. MILANO : ISU-Università Cattolica S. Cuore Milano.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/15649
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo