Il testo propone, sulla base di ampie ricerche d’archivio, una approfondita analisi delle vicende storiche dell’area umida del Padule di Fucecchio in un arco di tempo plurisecolare. Nella prima parte viene analizzato il processo di formazione della fattoria di Castelmartini nel territorio di Larciano nella seconda metà del XVI secolo, un’azienda agraria composta – oltreché da numerosi poderi organizzati a mezzadria – da ampie boscaglie e da una parte consistente compresa nel circondario dell’area palustre. Unità aziendale di proprietà granducale, che assieme ad altre fattorie dislocate nel circondario del padule faceva si che esso fosse sotto l’amministrazione dello Scrittoio delle Regie Possessioni. Con le riforme lorenesi del secondo ‘700 anche la fattoria di Castelmartini seguì la sorte di altre proprietà granducali e fu privatizzata. Nel caso specificò essa fu acquistata dalla nobile famiglia pistoiese dei Poggi Banchieri cui appartiene ancora oggi. Il processo di liquidazione del patrimonio granducale e i tentativi di bonifica dell’area palustre fucecchiese innescarono profondi cambiamenti nelle modalità di accesso e di fruizione delle risorse dell’area umida. Il penetrare della proprietà privata, la liberalizzazione della navigazione e della pesca, l’amministrazione del territorio addossata alle comunità locali (con la creazione di un consorzio pubblico/privato per la gestione del padule) accesero un’accesa conflittualità con gli abitanti che svolgevano tradizionalmente le loro attività nello spazio umido. Nella seconda parte del lavoro vengono seguite queste vicende nel corso dei secoli XIX e XX. Il problema idraulico rimase tale e si susseguirono proposte e tentativi di bonifica, ma l’area palustre divenne sempre più importante per l’allevamento (come importante riserva di foraggi) e per svariate piccole industrie rurali legate alla raccolta delle erbe palustri (in particolare il sarello che durante la stagione estiva vedeva al lavoro centinaia di uomini e donne). Al di là dei lavori stagionali, ancora negli anni ’30 del XX secolo sopravvivevano piccoli nuclei di “padulani”, abitanti cioè che tradizionalmente traevano dallo sfruttamento delle risorse palustri (caccia, pesca, raccolta del fieno e delle canne) il loro sostentamento. Come viene messo in evidenza dall’analisi di un caso campione messo in luce da un’inchiesta ravvicinata dell’INEA. L’ambiente, che fu teatro di una drammatica strage nazista nell’agosto 1944, continuò ad essere intensamente vissuto almeno fino agli anni sessanta e al boom economico che segnò, peraltro, anche il tramonto della mezzadria e l’abbandono delle campagne.

Zagli, A. (1998). Larciano, Castelmartini e il padule di Fucecchio: aspetti di una storia secolare. In Larciano negli ultimi secoli. Agricoltura, società e politica tra `700 e `900 in una comunità sul padule (pp. 29-102). NAPOLI : Edizioni Scientifiche Italiane.

Larciano, Castelmartini e il padule di Fucecchio: aspetti di una storia secolare

ZAGLI, ANDREA
1998-01-01

Abstract

Il testo propone, sulla base di ampie ricerche d’archivio, una approfondita analisi delle vicende storiche dell’area umida del Padule di Fucecchio in un arco di tempo plurisecolare. Nella prima parte viene analizzato il processo di formazione della fattoria di Castelmartini nel territorio di Larciano nella seconda metà del XVI secolo, un’azienda agraria composta – oltreché da numerosi poderi organizzati a mezzadria – da ampie boscaglie e da una parte consistente compresa nel circondario dell’area palustre. Unità aziendale di proprietà granducale, che assieme ad altre fattorie dislocate nel circondario del padule faceva si che esso fosse sotto l’amministrazione dello Scrittoio delle Regie Possessioni. Con le riforme lorenesi del secondo ‘700 anche la fattoria di Castelmartini seguì la sorte di altre proprietà granducali e fu privatizzata. Nel caso specificò essa fu acquistata dalla nobile famiglia pistoiese dei Poggi Banchieri cui appartiene ancora oggi. Il processo di liquidazione del patrimonio granducale e i tentativi di bonifica dell’area palustre fucecchiese innescarono profondi cambiamenti nelle modalità di accesso e di fruizione delle risorse dell’area umida. Il penetrare della proprietà privata, la liberalizzazione della navigazione e della pesca, l’amministrazione del territorio addossata alle comunità locali (con la creazione di un consorzio pubblico/privato per la gestione del padule) accesero un’accesa conflittualità con gli abitanti che svolgevano tradizionalmente le loro attività nello spazio umido. Nella seconda parte del lavoro vengono seguite queste vicende nel corso dei secoli XIX e XX. Il problema idraulico rimase tale e si susseguirono proposte e tentativi di bonifica, ma l’area palustre divenne sempre più importante per l’allevamento (come importante riserva di foraggi) e per svariate piccole industrie rurali legate alla raccolta delle erbe palustri (in particolare il sarello che durante la stagione estiva vedeva al lavoro centinaia di uomini e donne). Al di là dei lavori stagionali, ancora negli anni ’30 del XX secolo sopravvivevano piccoli nuclei di “padulani”, abitanti cioè che tradizionalmente traevano dallo sfruttamento delle risorse palustri (caccia, pesca, raccolta del fieno e delle canne) il loro sostentamento. Come viene messo in evidenza dall’analisi di un caso campione messo in luce da un’inchiesta ravvicinata dell’INEA. L’ambiente, che fu teatro di una drammatica strage nazista nell’agosto 1944, continuò ad essere intensamente vissuto almeno fino agli anni sessanta e al boom economico che segnò, peraltro, anche il tramonto della mezzadria e l’abbandono delle campagne.
1998
8881149559
Zagli, A. (1998). Larciano, Castelmartini e il padule di Fucecchio: aspetti di una storia secolare. In Larciano negli ultimi secoli. Agricoltura, società e politica tra `700 e `900 in una comunità sul padule (pp. 29-102). NAPOLI : Edizioni Scientifiche Italiane.
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