La storia del Padule di Fucecchio fu per secoli una vivida testimonianza del contrasto tra interessi e modelli di sviluppo in evidente, perenne divergenza. Gli interessi della pesca e delle altre attività di raccolta confliggevano con le esigenze dell’agricoltura e dell’allevamento, determinando un precario e fragile equilibrio idraulico, un problema, peraltro, che si è perpetuato fino ai nostri giorni. Il presente studio indaga sull’evoluzione della proprietà di questa area e dunque sulle pratiche di sfruttamento e sull’accesso alle sue risorse. A partire dal XVI secolo quando il lago e i suoi contorni entrarono nell’orbita dei possessi della famiglia Medici nel processo di costruzione del Principato. Tanto che la parola chiave, per quel che riguardava le attività di consumazione dello spazio naturale, divenne da allora “privato dominio”. Le scelte sull’assetto dell’area umida – spesso assai contraddittorie per i molteplici interessi in gioco – risalivano dunque alla famiglia regnante e come tale videro l’elaborazione di un sistema normativo vincolistico che cercava di limitare e controllare gli usi dell’ambiente palustre. Le cose cambiarono con le riforme settecentesche quando il governo lorenese spinse decisamente verso lo sviluppo dell’agricoltura e della navigazione fluviale, avviando un vasto programma di bonifiche e di interventi stradali. La ricerca segue quindi il processo di privatizzazione delle fattorie di Ponte a Cappiano (centro direttivo del lago), Stabbia e Castelmartini, direttamente interessate da ampi spazi palustri. Tuttavia la liberalizzazione delle attività di pesca e raccolta (1780) aprì una fase nuova in cui l’accesso alle risorse doveva adesso rispettare i vincoli della proprietà privata dei suoli palustri, mentre gli spazi di uso collettivo si ridussero progressivamente. Cio' avviò una fase nuova di accesa conflittualità sociale, acuita dalla sempre maggiore importanza che la vegetazione palustre – in particolare fra fine ‘700 e ‘800 – iniziò ad assumere per l’allevamento e per le piccole industrie rurali, avviando uno sfruttamento più intenso e una accresciuta pressione umana sulle risorse della palude.
Zagli, A. (1995). Proprietari, contadini e lavoratori dell'«incolto». Aspetti e problemi dell'accesso alle risorse nell'area del Padule di Fucecchio fra XVII e XIX secolo. In Il Padule di Fucecchio: la lunga storia di un ambiente naturale (pp. 157-212). ROMA : Edizioni di Storia e Letteratura.
Proprietari, contadini e lavoratori dell'«incolto». Aspetti e problemi dell'accesso alle risorse nell'area del Padule di Fucecchio fra XVII e XIX secolo
ZAGLI, ANDREA
1995-01-01
Abstract
La storia del Padule di Fucecchio fu per secoli una vivida testimonianza del contrasto tra interessi e modelli di sviluppo in evidente, perenne divergenza. Gli interessi della pesca e delle altre attività di raccolta confliggevano con le esigenze dell’agricoltura e dell’allevamento, determinando un precario e fragile equilibrio idraulico, un problema, peraltro, che si è perpetuato fino ai nostri giorni. Il presente studio indaga sull’evoluzione della proprietà di questa area e dunque sulle pratiche di sfruttamento e sull’accesso alle sue risorse. A partire dal XVI secolo quando il lago e i suoi contorni entrarono nell’orbita dei possessi della famiglia Medici nel processo di costruzione del Principato. Tanto che la parola chiave, per quel che riguardava le attività di consumazione dello spazio naturale, divenne da allora “privato dominio”. Le scelte sull’assetto dell’area umida – spesso assai contraddittorie per i molteplici interessi in gioco – risalivano dunque alla famiglia regnante e come tale videro l’elaborazione di un sistema normativo vincolistico che cercava di limitare e controllare gli usi dell’ambiente palustre. Le cose cambiarono con le riforme settecentesche quando il governo lorenese spinse decisamente verso lo sviluppo dell’agricoltura e della navigazione fluviale, avviando un vasto programma di bonifiche e di interventi stradali. La ricerca segue quindi il processo di privatizzazione delle fattorie di Ponte a Cappiano (centro direttivo del lago), Stabbia e Castelmartini, direttamente interessate da ampi spazi palustri. Tuttavia la liberalizzazione delle attività di pesca e raccolta (1780) aprì una fase nuova in cui l’accesso alle risorse doveva adesso rispettare i vincoli della proprietà privata dei suoli palustri, mentre gli spazi di uso collettivo si ridussero progressivamente. Cio' avviò una fase nuova di accesa conflittualità sociale, acuita dalla sempre maggiore importanza che la vegetazione palustre – in particolare fra fine ‘700 e ‘800 – iniziò ad assumere per l’allevamento e per le piccole industrie rurali, avviando uno sfruttamento più intenso e una accresciuta pressione umana sulle risorse della palude.File | Dimensione | Formato | |
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