Il quadro politico-sociale di una provincia all'inizio del Novecento, ancora caratterizzata in gran parte dall'agricoltura, ma in cammino verso la modernità e l'avvento della società industriale, viene ricostruito attraverso il ricorso alle fonti statistiche, alla documentazione delle principali istituzioni locali e alla letteratura sul periodo. Ne emerge una città che nel corso del Novecento cambia volto. All’inizio del secolo è ancora un piccolo centro racchiuso in gran parte nella cinta muraria di origine medievale. Poco dopo il raggiungimento dell'Unità nazionale, questo grosso borgo agricolo interno della penisola, improvvisamente ed inaspettatamente, si trova al centro di una importante via di comunicazione con l’ultimazione della linea ferroviaria centrale, la Firenze-Roma, che passando per Arezzo, collega la città dal 1866 con il resto del paese; negli anni successivi verranno realizzate le linee ferroviarie secondarie Arezzo-Stia, per il Casentino, Arezzo-Fossato, per la Valtiberina, mentre negli anni Venti si completerà la rete ferrovi¬aria con la linea Arezzo-Sinalunga, per la Valdichiana. Ma fino alla metà del Novecento Arezzo non conosce grandi trasformazioni urbanistiche: la stazione ferroviaria è separata dal centro, per questo si abbattono le barriere, modificando la porta di Santo Spirito che dà accesso da sud alla parte alta della città e sostituendola nel 1894 con due bastioni che delimitano la cinta daziaria, si abbatte parte della cinta muraria, mentre l’anno successivo si completa la realizzazione di una centrale per la produzione di energia elettrica, costruita al’inizio di via Petrarca, alimentata con la lignite del Valdarno, per l’illuminazione pubblica della città. Il 14 luglio 1895 per la prima volta si accendono nelle strade principali di Arezzo i lampioni elettrici che sostituiscono la tradizionale illuminazione a lampade a petrolio. Anche ad Arezzo il secolo si apre all’insegna del mito della luce, del progresso, dell’avanzamento sociale. In realtà durante tutta la prima metà del Novecento la città è caratterizzata da un’economia prevalentemente agricola basata sulla mezzadria e da una notevole arretratezza industriale in parte colmata nel primo decennio con l’impianto di alcuni insediamenti industriali, come il Fabbricone, il grande stabilimento meccanico che la Bastogi realizza ad est della città nel 1906, all’indomani della nazionalizzazione delle ferrovie per costruire e riparare vagoni ferroviari, ma negli anni di guerra lo stabilimento lavora anche per la fabbricazione di armi, munizioni, aerei. Accanto a questo grande stabilimento che arriva ad occupare circa duemila dipendenti, si sviluppano una serie di piccole iniziative preesistenti, come la Fonderia Bastanzetti, specializzata nella fusione delle campane e apprezzata anche all’estero, le fornaci Bisaccioni e una serie di piccole imprese nel settore tessile, meccanico, molitorio, alimentare, delle calzature, del legno, nelle quali la dimensione della modesta bottega artigianale è ancora prevalente. A metà degli anni Venti nasce un’iniziativa che segnerà gran parte dell’economia aretina fino all’ultimo decennio del Novecento, la Gori & Zucchi, o “Uno-a-Erre”, che diventerà un gigante dell’industria orafa e che nel corso degli anni avrà una forte crescita ed una capacità di produrre indotto locale oltre che di funzionare da incubatrice di altre iniziative industriali nel settore orafo: dopo la seconda guerra mondiale dalle sue maestranze sono state avviate decine di iniziative anche prospere, che hanno caratterizzato gran parte dell'economia aretina fino all’ultimo decennio del secolo scorso.

Biagianti, I. (2009). Arezzo nel Novecento. In Arte in Terra d’Arezzo. Il Novecento (pp. 11-22). FIRENZE : EDIFIR.

Arezzo nel Novecento

BIAGIANTI, IVO
2009-01-01

Abstract

Il quadro politico-sociale di una provincia all'inizio del Novecento, ancora caratterizzata in gran parte dall'agricoltura, ma in cammino verso la modernità e l'avvento della società industriale, viene ricostruito attraverso il ricorso alle fonti statistiche, alla documentazione delle principali istituzioni locali e alla letteratura sul periodo. Ne emerge una città che nel corso del Novecento cambia volto. All’inizio del secolo è ancora un piccolo centro racchiuso in gran parte nella cinta muraria di origine medievale. Poco dopo il raggiungimento dell'Unità nazionale, questo grosso borgo agricolo interno della penisola, improvvisamente ed inaspettatamente, si trova al centro di una importante via di comunicazione con l’ultimazione della linea ferroviaria centrale, la Firenze-Roma, che passando per Arezzo, collega la città dal 1866 con il resto del paese; negli anni successivi verranno realizzate le linee ferroviarie secondarie Arezzo-Stia, per il Casentino, Arezzo-Fossato, per la Valtiberina, mentre negli anni Venti si completerà la rete ferrovi¬aria con la linea Arezzo-Sinalunga, per la Valdichiana. Ma fino alla metà del Novecento Arezzo non conosce grandi trasformazioni urbanistiche: la stazione ferroviaria è separata dal centro, per questo si abbattono le barriere, modificando la porta di Santo Spirito che dà accesso da sud alla parte alta della città e sostituendola nel 1894 con due bastioni che delimitano la cinta daziaria, si abbatte parte della cinta muraria, mentre l’anno successivo si completa la realizzazione di una centrale per la produzione di energia elettrica, costruita al’inizio di via Petrarca, alimentata con la lignite del Valdarno, per l’illuminazione pubblica della città. Il 14 luglio 1895 per la prima volta si accendono nelle strade principali di Arezzo i lampioni elettrici che sostituiscono la tradizionale illuminazione a lampade a petrolio. Anche ad Arezzo il secolo si apre all’insegna del mito della luce, del progresso, dell’avanzamento sociale. In realtà durante tutta la prima metà del Novecento la città è caratterizzata da un’economia prevalentemente agricola basata sulla mezzadria e da una notevole arretratezza industriale in parte colmata nel primo decennio con l’impianto di alcuni insediamenti industriali, come il Fabbricone, il grande stabilimento meccanico che la Bastogi realizza ad est della città nel 1906, all’indomani della nazionalizzazione delle ferrovie per costruire e riparare vagoni ferroviari, ma negli anni di guerra lo stabilimento lavora anche per la fabbricazione di armi, munizioni, aerei. Accanto a questo grande stabilimento che arriva ad occupare circa duemila dipendenti, si sviluppano una serie di piccole iniziative preesistenti, come la Fonderia Bastanzetti, specializzata nella fusione delle campane e apprezzata anche all’estero, le fornaci Bisaccioni e una serie di piccole imprese nel settore tessile, meccanico, molitorio, alimentare, delle calzature, del legno, nelle quali la dimensione della modesta bottega artigianale è ancora prevalente. A metà degli anni Venti nasce un’iniziativa che segnerà gran parte dell’economia aretina fino all’ultimo decennio del Novecento, la Gori & Zucchi, o “Uno-a-Erre”, che diventerà un gigante dell’industria orafa e che nel corso degli anni avrà una forte crescita ed una capacità di produrre indotto locale oltre che di funzionare da incubatrice di altre iniziative industriali nel settore orafo: dopo la seconda guerra mondiale dalle sue maestranze sono state avviate decine di iniziative anche prospere, che hanno caratterizzato gran parte dell'economia aretina fino all’ultimo decennio del secolo scorso.
2009
Biagianti, I. (2009). Arezzo nel Novecento. In Arte in Terra d’Arezzo. Il Novecento (pp. 11-22). FIRENZE : EDIFIR.
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