Il contributo ha per oggetto l’analisi critica dei primi due commi dell’art.1 del d.lgs.n.276/2003, attuativo delle deleghe contenute nella legge n.30/2003 in materia di riforma del mercato del lavoro e nuovi modelli contrattuali. Per quanto concerne il primo comma, la disposizione apre l’articolato del decreto legislativo con l’enunciazione delle finalità perseguite, ovvero con una “motivazione esplicita” del provvedimento. La sua lettura, da collegare all’ampia problematica della funzione delle motivazioni delle leggi, e più in generale degli atti normativi, nel contesto di un ordinamento nel quale non è prescritto che l’atto legislativo debba essere motivato, porta a considerare gli enunciati contenuti nel primo comma dell’art.1 con riferimento sia alla loro valenza ermeneutica, sia alla congruità degli strumenti normativi rispetto agli scopi dichiarati. In quest’ottica dunque viene presa in esame la disposizione, che indica come il provvedimento attuativo della delega di cui alla legge n.30/03: si collochi nel contesto degli orientamenti comunitari “in materia di occupazione e di apprendimento permanente”; sia finalizzato ad aumentare “i tassi di occupazione e a promuovere la qualità e la stabilità del lavoro”; garantisca il rispetto delle norme relative alla libertà e dignità del lavoratore e alla parità e pari opportunità tra uomini e donne. L’interpretazione del secondo comma dell’art. 1 del d.lgs.n.276 è particolarmente problematica: si conferma, con un intreccio di disposizioni non facilmente riconducibili a un ordine sistematico, l’esclusione delle pubbliche amministrazioni dal campo di applicazione della nuova disciplina del mercato del lavoro, affermata con una formula ambigua dalla legge delega. La norma ha suscitato critiche sia per i dubbi di costituzionalità, sia per la netta inversione di rotta rispetto al processo di unificazione del lavoro pubblico e privato avviato nel 1992. La ricostruzione critica è volta a fornire al lettore un quadro delle disposizioni normative che consenta di individuarne il filo conduttore e la ratio, nonché a offrire una proposta di coordinamento e di interpretazione anche con riguardo alla questione di costituzionalità. La riflessione sul piano di politica del diritto conduce a non condividere il dissenso espresso dalla maggior parte della dottrina nei confronti della scelta del legislatore di escludere le p.a. dal campo di applicazione della nuova regolazione del mercato del lavoro. Si intende dimostrare come essa non sia contraddittoria rispetto al processo di omogenizzazione tra lavoro pubblico e privato e non pregiudichi il processo di unificazione; si prospetta pertanto un’interpretazione che, nel rispetto dei principi del “diritto comune del lavoro”, colleghi la norma alle differenze che l’ordinamento del lavoro pubblico conserva: sia quelle delineate dal d.lgs. n.165, sia quelle sedimentate nella prassi applicativa della disciplina del lavoro alle dipendenze delle P.A.. Si propone dunque una lettura che riconduce l’esclusione delle pubbliche amministrazioni alla sfera delle inevitabili differenziazioni tra lavoro pubblico e privato, configurandola non come un vulnus al processo di unificazione, ma come una opportunità che consente di costruire – nel processo di armonizzazione e con l’intervento della contrattazione collettiva - una disciplina migliore di quella si sarebbe avuta con l’estensione diretta e completa delle disposizioni del d.lgs.n.276/2003.

Borgogelli, F. (2004). Commento ai commi primo e secondo dell’art.1. In La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali. Commentario al decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276 (pp. 1-47). PADOVA : Cedam.

Commento ai commi primo e secondo dell’art.1

BORGOGELLI, FRANCA
2004-01-01

Abstract

Il contributo ha per oggetto l’analisi critica dei primi due commi dell’art.1 del d.lgs.n.276/2003, attuativo delle deleghe contenute nella legge n.30/2003 in materia di riforma del mercato del lavoro e nuovi modelli contrattuali. Per quanto concerne il primo comma, la disposizione apre l’articolato del decreto legislativo con l’enunciazione delle finalità perseguite, ovvero con una “motivazione esplicita” del provvedimento. La sua lettura, da collegare all’ampia problematica della funzione delle motivazioni delle leggi, e più in generale degli atti normativi, nel contesto di un ordinamento nel quale non è prescritto che l’atto legislativo debba essere motivato, porta a considerare gli enunciati contenuti nel primo comma dell’art.1 con riferimento sia alla loro valenza ermeneutica, sia alla congruità degli strumenti normativi rispetto agli scopi dichiarati. In quest’ottica dunque viene presa in esame la disposizione, che indica come il provvedimento attuativo della delega di cui alla legge n.30/03: si collochi nel contesto degli orientamenti comunitari “in materia di occupazione e di apprendimento permanente”; sia finalizzato ad aumentare “i tassi di occupazione e a promuovere la qualità e la stabilità del lavoro”; garantisca il rispetto delle norme relative alla libertà e dignità del lavoratore e alla parità e pari opportunità tra uomini e donne. L’interpretazione del secondo comma dell’art. 1 del d.lgs.n.276 è particolarmente problematica: si conferma, con un intreccio di disposizioni non facilmente riconducibili a un ordine sistematico, l’esclusione delle pubbliche amministrazioni dal campo di applicazione della nuova disciplina del mercato del lavoro, affermata con una formula ambigua dalla legge delega. La norma ha suscitato critiche sia per i dubbi di costituzionalità, sia per la netta inversione di rotta rispetto al processo di unificazione del lavoro pubblico e privato avviato nel 1992. La ricostruzione critica è volta a fornire al lettore un quadro delle disposizioni normative che consenta di individuarne il filo conduttore e la ratio, nonché a offrire una proposta di coordinamento e di interpretazione anche con riguardo alla questione di costituzionalità. La riflessione sul piano di politica del diritto conduce a non condividere il dissenso espresso dalla maggior parte della dottrina nei confronti della scelta del legislatore di escludere le p.a. dal campo di applicazione della nuova regolazione del mercato del lavoro. Si intende dimostrare come essa non sia contraddittoria rispetto al processo di omogenizzazione tra lavoro pubblico e privato e non pregiudichi il processo di unificazione; si prospetta pertanto un’interpretazione che, nel rispetto dei principi del “diritto comune del lavoro”, colleghi la norma alle differenze che l’ordinamento del lavoro pubblico conserva: sia quelle delineate dal d.lgs. n.165, sia quelle sedimentate nella prassi applicativa della disciplina del lavoro alle dipendenze delle P.A.. Si propone dunque una lettura che riconduce l’esclusione delle pubbliche amministrazioni alla sfera delle inevitabili differenziazioni tra lavoro pubblico e privato, configurandola non come un vulnus al processo di unificazione, ma come una opportunità che consente di costruire – nel processo di armonizzazione e con l’intervento della contrattazione collettiva - una disciplina migliore di quella si sarebbe avuta con l’estensione diretta e completa delle disposizioni del d.lgs.n.276/2003.
2004
8813251459
Borgogelli, F. (2004). Commento ai commi primo e secondo dell’art.1. In La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali. Commentario al decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276 (pp. 1-47). PADOVA : Cedam.
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