Dopo la straordinaria fioritura di ricerche sulla creatività, culminata nel corso degli anni '70, l'esplorazione di questo suggestivo tema sembra aver perso l’interesse e l’incisività di un tempo anche se non si è affatto interrotta la produzione di studi capaci di far progredire le conoscenze relative ai processi di pensiero qualitativamente “superiori” che sono all’origine della produzione creativa. Tra le maggiori difficoltà emerse vi è quella di pervenire ad una definizione univoca e universalmente condivisa dell’idea di creatività. La difficoltà nel circoscrivere gli elementi e i tratti costitutivi specifici che la caratterizzano sarebbe da imputare tanto alla complessità dei fattori che influiscono sulle forme in cui essa si esprime che alla sua sostanziale astrattezza. Per contro, cercare di oggettivarla, di ridurla a qualche cosa di osservabile, misurabile e valutabile, farebbe correre il rischio di reificare un costrutto mentale che mal si presta a simili operazioni. Più che chiederci, allora, in che cosa essa consista dovremmo limitarci, allo stato della ricerca, ad individuare e analizzare i modi del “pensare” che rivelano la presenza di questa particolare “disposizione” mentale, le funzioni e i dinamismi psichici che l’attivano e ne accompagnano l'esercizio, le condizioni che la rendono possibile, la “portata” che essa ha sul piano della produzione di “buone idee”: idee originali, inconsuete (ma non bizzarre), innovative, capaci di generarne altre, in grado di contribuire ad affrontare e risolvere problemi più o meno complessi. E che oggi, questa, costituisca un’esigenza particolarmente avvertita è un fatto scontato. Meno scontata è invece la piena consapevolezza del rischio che, in una società e in un’economia fortemente incentrate sulla competitività, si finisca con il misurare il valore delle “buone idee” con i parametri dell’efficienza, della funzionalità, della produttività, anziché tenendo conto, prioritariamente, del contributo che i prodotti del pensiero creativo offrono all’autorealizzazione di ogni persona. Il “talento” non è una dote innata e rara: è, in larga misura, generato da attività ed esperienze educative che permettono di far emergere e mettere a profitto le potenzialità e le capacità di ciascuno. Una riflessione pedagogica su questi temi consente di tornare ad interrogarsi sulla ricchezza del potenziale umano e sui compiti che, nei diversi contesti, spettano all’educazione per promuoverlo nella misura massima possibile. Questo contributo si sofferma su alcune delle coordinate grazie alle quali ha potuto affermarsi un'idea (quella di creatività) che, da sempre, costituisce una preziosa risorsa per l'educazione dell'uomo, in ogni stagione della sua vita. Accennare al cammino compiuto per definirne i contorni permette di meglio comprendere il significato ed il senso delle conclusioni alle quali si è approdati in merito ad alcuni interrogativi di fondo: la creatività è di tutti? è educabile? c’è differenza tra la creatività dell’artista e quella dello scienziato? e di compiere una rassegna delle principali questioni che restano aperte, a cominciare dal perché la creatività tende a decrescere con l'età, dal tipo di rapporto che si stabilisce tra creatività ed apprendimento, ovvero tra creatività e educazione permanente, e dalla “metodologia” utilizzata (nel caso la si possa descrivere) da chi è impegnato a generare un atto creativo.

Angori, S. (2010). Creatività e innovazione. L'importanza di avere "buone idee". In Sapere pedagogico. Scritti in onore di Nicola Paparella per i suoi cinquant'anni a servizio della ricerca educativa (pp. 587-602). ROMA : Armando Editore.

Creatività e innovazione. L'importanza di avere "buone idee"

ANGORI, SERGIO
2010-01-01

Abstract

Dopo la straordinaria fioritura di ricerche sulla creatività, culminata nel corso degli anni '70, l'esplorazione di questo suggestivo tema sembra aver perso l’interesse e l’incisività di un tempo anche se non si è affatto interrotta la produzione di studi capaci di far progredire le conoscenze relative ai processi di pensiero qualitativamente “superiori” che sono all’origine della produzione creativa. Tra le maggiori difficoltà emerse vi è quella di pervenire ad una definizione univoca e universalmente condivisa dell’idea di creatività. La difficoltà nel circoscrivere gli elementi e i tratti costitutivi specifici che la caratterizzano sarebbe da imputare tanto alla complessità dei fattori che influiscono sulle forme in cui essa si esprime che alla sua sostanziale astrattezza. Per contro, cercare di oggettivarla, di ridurla a qualche cosa di osservabile, misurabile e valutabile, farebbe correre il rischio di reificare un costrutto mentale che mal si presta a simili operazioni. Più che chiederci, allora, in che cosa essa consista dovremmo limitarci, allo stato della ricerca, ad individuare e analizzare i modi del “pensare” che rivelano la presenza di questa particolare “disposizione” mentale, le funzioni e i dinamismi psichici che l’attivano e ne accompagnano l'esercizio, le condizioni che la rendono possibile, la “portata” che essa ha sul piano della produzione di “buone idee”: idee originali, inconsuete (ma non bizzarre), innovative, capaci di generarne altre, in grado di contribuire ad affrontare e risolvere problemi più o meno complessi. E che oggi, questa, costituisca un’esigenza particolarmente avvertita è un fatto scontato. Meno scontata è invece la piena consapevolezza del rischio che, in una società e in un’economia fortemente incentrate sulla competitività, si finisca con il misurare il valore delle “buone idee” con i parametri dell’efficienza, della funzionalità, della produttività, anziché tenendo conto, prioritariamente, del contributo che i prodotti del pensiero creativo offrono all’autorealizzazione di ogni persona. Il “talento” non è una dote innata e rara: è, in larga misura, generato da attività ed esperienze educative che permettono di far emergere e mettere a profitto le potenzialità e le capacità di ciascuno. Una riflessione pedagogica su questi temi consente di tornare ad interrogarsi sulla ricchezza del potenziale umano e sui compiti che, nei diversi contesti, spettano all’educazione per promuoverlo nella misura massima possibile. Questo contributo si sofferma su alcune delle coordinate grazie alle quali ha potuto affermarsi un'idea (quella di creatività) che, da sempre, costituisce una preziosa risorsa per l'educazione dell'uomo, in ogni stagione della sua vita. Accennare al cammino compiuto per definirne i contorni permette di meglio comprendere il significato ed il senso delle conclusioni alle quali si è approdati in merito ad alcuni interrogativi di fondo: la creatività è di tutti? è educabile? c’è differenza tra la creatività dell’artista e quella dello scienziato? e di compiere una rassegna delle principali questioni che restano aperte, a cominciare dal perché la creatività tende a decrescere con l'età, dal tipo di rapporto che si stabilisce tra creatività ed apprendimento, ovvero tra creatività e educazione permanente, e dalla “metodologia” utilizzata (nel caso la si possa descrivere) da chi è impegnato a generare un atto creativo.
2010
9788860818096
Angori, S. (2010). Creatività e innovazione. L'importanza di avere "buone idee". In Sapere pedagogico. Scritti in onore di Nicola Paparella per i suoi cinquant'anni a servizio della ricerca educativa (pp. 587-602). ROMA : Armando Editore.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/13880
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo