L’attenzione si appunta principalmente sul ms. 91 della biblioteca comunale di Cortona e sul manoscritto conservato alla Biblioteca Trivulziana al numero 535. Il primo rappresenta il più antico testimone di una tipologia testuale, quale quella delle Laude, che riesce a coniugare un prodotto letterario “minore” preesistente e fortemente incardinato nel territorio con uno stile poetico variato nei metri, probabilmente proveniente da Siena, aperto a influssi profani propri della canzone da ballo laica, a canto e risposta. Il codice raccoglie una collezione organizzata di Laude, circolanti probabilmente in origine in fogli sciolti, attribuibile alla fine del XIII secolo, intorno agli anni della morte di s. Margherita, avvenuta nel 1297, scritto in littera textualis con atteggiamenti imitativi dei grandi libri d’apparato liturgici, benché scritta da almeno quattro copisti, nessuno dei quali, però, riesce a raggiungere livelli elevati di compostezza formale, quasi si tratti di un “prodotto minore” per cui non valesse la pena assoldare copisti di fama, un “prodotto di famiglia”. L’analisi codicologica e grafica presenta uno scenario preciso della confezione del volume, che, per la sua fattura in più tempi successivi, ricorda il metodo della trascrizione di documenti su registro, più che quello più organizzato, meditato che si rifà alla tradizione di testi letterari. Questa considerazione potrebbe forse suscitare qualche idea sull’ambito culturale predominante all’interno della Confraternita che ha predisposto l’allestimento del codice e porta l’attenzione su una categoria in forte espansione economica e rappresentativa nel tessuto sociale dell’Italia centrale due-trecentesca, quale quella dei notai, cancellieri e pratici del diritto, che spesso affiancava nei suoi affari l’altra forte componente della struttura cittadina, quella mercantile. Tale impressione è avvalorata anche dal fatto che è una mano notarile quella che, per dare un’idea di unitarietà al volume, nel corso del XIV secolo completa la numerazione delle carte. Si dà conto, inoltre, del ritrovamento presso l’Archivio di Stato di Firenze del registro dove sono raccolti, in copia, testamenti e donazioni proprio alla Fraternita dei Laudesi presso San Francesco di Cortona, mai studiato, che contiene un elenco di beni della Fraternita dei Laudesi, testo, unico caso in tutto il registro, per cui viene usata una gotica libraria, accurata e di modulo ampio, datato al 1429, che fa riferimento alla presenza di “uno libro nuovo da cantare le laude” e “uno libro vecchio da cantare le laude”. Si avanza qui l’ipotesi che il Laudario detto “vecchio” potrebbe essere rappresentato dall’odierno ms. Cort. 91, usurato, dopo un secolo e più di utilizzo, e contenente ormai testi che si percepivano come antiquati in un processo rituale, come quello dei Laudesi, in cui, al di là delle composizioni canoniche, si era aperti ad accettare nuovi e differenti ingressi, senza codifica alcuna. Il libro “nuovo” potrebbe essere verosimilmente che sia la prima unità codicologica del manoscritto Trivulziano 535, prodotto presso e per la Fraternita solo quattro anni prima della redazione dell’inventario, come recita la datazione, nel 1425.

Tristano, C. (2008). Libri da Cantare le laude. Qualche considerazione intorno ai laudari cortonesi.. In Oltre la scrittura. Variazioni sul tema per Guglielmo Cavallo (pp. 160-175). Paris : Centre d'études byzantines, néo-hellenique et du sud-est européennes, EHESS.

Libri da Cantare le laude. Qualche considerazione intorno ai laudari cortonesi.

TRISTANO, CATERINA
2008-01-01

Abstract

L’attenzione si appunta principalmente sul ms. 91 della biblioteca comunale di Cortona e sul manoscritto conservato alla Biblioteca Trivulziana al numero 535. Il primo rappresenta il più antico testimone di una tipologia testuale, quale quella delle Laude, che riesce a coniugare un prodotto letterario “minore” preesistente e fortemente incardinato nel territorio con uno stile poetico variato nei metri, probabilmente proveniente da Siena, aperto a influssi profani propri della canzone da ballo laica, a canto e risposta. Il codice raccoglie una collezione organizzata di Laude, circolanti probabilmente in origine in fogli sciolti, attribuibile alla fine del XIII secolo, intorno agli anni della morte di s. Margherita, avvenuta nel 1297, scritto in littera textualis con atteggiamenti imitativi dei grandi libri d’apparato liturgici, benché scritta da almeno quattro copisti, nessuno dei quali, però, riesce a raggiungere livelli elevati di compostezza formale, quasi si tratti di un “prodotto minore” per cui non valesse la pena assoldare copisti di fama, un “prodotto di famiglia”. L’analisi codicologica e grafica presenta uno scenario preciso della confezione del volume, che, per la sua fattura in più tempi successivi, ricorda il metodo della trascrizione di documenti su registro, più che quello più organizzato, meditato che si rifà alla tradizione di testi letterari. Questa considerazione potrebbe forse suscitare qualche idea sull’ambito culturale predominante all’interno della Confraternita che ha predisposto l’allestimento del codice e porta l’attenzione su una categoria in forte espansione economica e rappresentativa nel tessuto sociale dell’Italia centrale due-trecentesca, quale quella dei notai, cancellieri e pratici del diritto, che spesso affiancava nei suoi affari l’altra forte componente della struttura cittadina, quella mercantile. Tale impressione è avvalorata anche dal fatto che è una mano notarile quella che, per dare un’idea di unitarietà al volume, nel corso del XIV secolo completa la numerazione delle carte. Si dà conto, inoltre, del ritrovamento presso l’Archivio di Stato di Firenze del registro dove sono raccolti, in copia, testamenti e donazioni proprio alla Fraternita dei Laudesi presso San Francesco di Cortona, mai studiato, che contiene un elenco di beni della Fraternita dei Laudesi, testo, unico caso in tutto il registro, per cui viene usata una gotica libraria, accurata e di modulo ampio, datato al 1429, che fa riferimento alla presenza di “uno libro nuovo da cantare le laude” e “uno libro vecchio da cantare le laude”. Si avanza qui l’ipotesi che il Laudario detto “vecchio” potrebbe essere rappresentato dall’odierno ms. Cort. 91, usurato, dopo un secolo e più di utilizzo, e contenente ormai testi che si percepivano come antiquati in un processo rituale, come quello dei Laudesi, in cui, al di là delle composizioni canoniche, si era aperti ad accettare nuovi e differenti ingressi, senza codifica alcuna. Il libro “nuovo” potrebbe essere verosimilmente che sia la prima unità codicologica del manoscritto Trivulziano 535, prodotto presso e per la Fraternita solo quattro anni prima della redazione dell’inventario, come recita la datazione, nel 1425.
2008
2951836678
Tristano, C. (2008). Libri da Cantare le laude. Qualche considerazione intorno ai laudari cortonesi.. In Oltre la scrittura. Variazioni sul tema per Guglielmo Cavallo (pp. 160-175). Paris : Centre d'études byzantines, néo-hellenique et du sud-est européennes, EHESS.
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