Il libro ricostruisce l’avvento al potere di Mussolini e del fascismo sulla base di una doppia novità. La prima è un rapporto costante tra storiografia e scienze sociali: psicologia, sociologia, economia sono indispensabili per capire il perché del fascismo. Cruciale è la violenza degli squadristi: un numero di morti impressionante, quantificato in modo accurato, da cui risalta il carattere residuale e disorganizzato delle violenze di parte socialista. Non è (solo) barbarie. È un tratto di cultura politica che viene dalla Grande Guerra appena combattuta e si fonda sul mito maschile della morte eroica, della disumanizzazione del nemico, della nazione come reparto militare («credere obbedire combattere»). Tutta la parabola del regime fascista – destinato a disintegrarsi in un’altra guerra iniziata nel 1940 – è già inscritta in questa fondazione originaria che la marcia su Roma dell’ottobre 1922 mette in scena. Non era difficile impedirla. Ma lo sfarinamento delle istituzioni e le divisioni delle forze politiche antifasciste aprono la strada a Mussolini. Nessuno, dal Re a Giolitti, capisce che la violenza degli squadristi è la morte dello stato liberale e della democrazia. La seconda novità del libro è la dimensione comparativa. In tutta Europa la Grande Guerra non finisce nel 1918. Si apre un ciclo sanguinoso di conflitti sociali messo in moto dalla rivoluzione russa, che soprattutto ad est si trasformano in conflitti nazionali per dare vita a nuovi stati sulle ceneri dei quattro imperi (zarista, ottomano, austro-ungarico e tedesco) che allora spariscono. In Ucraina fino a cinque eserciti combattono gli uni contro gli altri. La Gran Bretagna tenta di reprimere il moto indipendentista irlandese. In Germania e in Austria corpi paramilitari schiacciano tentativi rivoluzionari di destra e di sinistra. In questa prospettiva più ampia, il fascismo smette i panni di una originale creazione politica italiana. Ma solo in Italia lo stato e le sue articolazioni concrete (prefetti, polizia, carabinieri, guardia regia) cedono alla violenza squadrista perché in larga maggioranza ne condividono gli scopi antisocialisti e antipopolari.

Flores, M., Gozzini, G. (2022). Perché il fascismo è nato in Italia. Bari-Roma : Laterza.

Perché il fascismo è nato in Italia

Gozzini, Giovanni
2022-01-01

Abstract

Il libro ricostruisce l’avvento al potere di Mussolini e del fascismo sulla base di una doppia novità. La prima è un rapporto costante tra storiografia e scienze sociali: psicologia, sociologia, economia sono indispensabili per capire il perché del fascismo. Cruciale è la violenza degli squadristi: un numero di morti impressionante, quantificato in modo accurato, da cui risalta il carattere residuale e disorganizzato delle violenze di parte socialista. Non è (solo) barbarie. È un tratto di cultura politica che viene dalla Grande Guerra appena combattuta e si fonda sul mito maschile della morte eroica, della disumanizzazione del nemico, della nazione come reparto militare («credere obbedire combattere»). Tutta la parabola del regime fascista – destinato a disintegrarsi in un’altra guerra iniziata nel 1940 – è già inscritta in questa fondazione originaria che la marcia su Roma dell’ottobre 1922 mette in scena. Non era difficile impedirla. Ma lo sfarinamento delle istituzioni e le divisioni delle forze politiche antifasciste aprono la strada a Mussolini. Nessuno, dal Re a Giolitti, capisce che la violenza degli squadristi è la morte dello stato liberale e della democrazia. La seconda novità del libro è la dimensione comparativa. In tutta Europa la Grande Guerra non finisce nel 1918. Si apre un ciclo sanguinoso di conflitti sociali messo in moto dalla rivoluzione russa, che soprattutto ad est si trasformano in conflitti nazionali per dare vita a nuovi stati sulle ceneri dei quattro imperi (zarista, ottomano, austro-ungarico e tedesco) che allora spariscono. In Ucraina fino a cinque eserciti combattono gli uni contro gli altri. La Gran Bretagna tenta di reprimere il moto indipendentista irlandese. In Germania e in Austria corpi paramilitari schiacciano tentativi rivoluzionari di destra e di sinistra. In questa prospettiva più ampia, il fascismo smette i panni di una originale creazione politica italiana. Ma solo in Italia lo stato e le sue articolazioni concrete (prefetti, polizia, carabinieri, guardia regia) cedono alla violenza squadrista perché in larga maggioranza ne condividono gli scopi antisocialisti e antipopolari.
2022
9788858149324
Flores, M., Gozzini, G. (2022). Perché il fascismo è nato in Italia. Bari-Roma : Laterza.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/1219174