Videoclip e videoarte: occasionali convergenze Il contributo analizza alcuni casi esemplari di convergenze tra video arte e video musicali, da fine anni Settanta ad oggi. Antesignani sono senz’altro i Krisma e i Matia Bazar, i cui videoclip della prima metà degli anni Ottanta sono intelligenti e ironiche riflessioni sulla frammentazione e rifrazione visiva contemporanea, con rimandi a Nam June Paik, Bruce Nauman, Wolf Vostell. Emerge già dalla produzione del primo decennio il ruolo determinante della band o dell’autore del brano musicale nel definire l’immagine visiva affidata al videoclip, indipendentemente dalla personalità del regista che appare spesso come una figura tecnica intercambiabile. In questo senso tra i videoclip più interessanti vi sono quelli dei Prozac+, dal convulso montaggio che aderisce creativamente al dettato sonoro dei brani, e più di recente quelli di Caparezza, che possono benissimo essere affiancati al lavoro di videoartisti quali Bjørn Mehlus o Ryan Trecartin. Molti sono tuttavia i registi italiani di videoclip che, più o meno occasionalmente, frequentano territori espressivi limitrofi alla video arte, con riferimenti che spaziano da Derek Jarman a Studio Azzurro: da Alessandra Pescetta a Sergio Pappalettera, da Claudio Sinatti all’Opificio Ciclope. I registi cinematografici, gli artisti e i videoartisti italiani frequentano poco il videoclip, con qualche significativa eccezione (Pappi Corsicato, Fabio Massimo Iacquone e Luca Attilii). Di tutto rispetto è invece la produzione italiana di videoclip d’animazione, dal pioneristico Boogie di Vincenzo Gioanola per Paolo Conte (1982) ai lavori di Licio Esposito e Ago Panini, fino a quelli più recenti di Simone Brillarelli, dai registri espressivi assai diversi che variano dal lirico al surreale fino alla pura vitalità cromatica cadenzata dalla musica.
Quattrocchi, L. (2022). Videoclip e videoarte: occasionali convergenze. In C. Saba, V. Valentini (a cura di), Videoarte in Italia. Il video rende felici (pp. 506-515). Roma : Istituto della Enciclopedia Treccani.
Videoclip e videoarte: occasionali convergenze
Quattrocchi, Luca
2022-01-01
Abstract
Videoclip e videoarte: occasionali convergenze Il contributo analizza alcuni casi esemplari di convergenze tra video arte e video musicali, da fine anni Settanta ad oggi. Antesignani sono senz’altro i Krisma e i Matia Bazar, i cui videoclip della prima metà degli anni Ottanta sono intelligenti e ironiche riflessioni sulla frammentazione e rifrazione visiva contemporanea, con rimandi a Nam June Paik, Bruce Nauman, Wolf Vostell. Emerge già dalla produzione del primo decennio il ruolo determinante della band o dell’autore del brano musicale nel definire l’immagine visiva affidata al videoclip, indipendentemente dalla personalità del regista che appare spesso come una figura tecnica intercambiabile. In questo senso tra i videoclip più interessanti vi sono quelli dei Prozac+, dal convulso montaggio che aderisce creativamente al dettato sonoro dei brani, e più di recente quelli di Caparezza, che possono benissimo essere affiancati al lavoro di videoartisti quali Bjørn Mehlus o Ryan Trecartin. Molti sono tuttavia i registi italiani di videoclip che, più o meno occasionalmente, frequentano territori espressivi limitrofi alla video arte, con riferimenti che spaziano da Derek Jarman a Studio Azzurro: da Alessandra Pescetta a Sergio Pappalettera, da Claudio Sinatti all’Opificio Ciclope. I registi cinematografici, gli artisti e i videoartisti italiani frequentano poco il videoclip, con qualche significativa eccezione (Pappi Corsicato, Fabio Massimo Iacquone e Luca Attilii). Di tutto rispetto è invece la produzione italiana di videoclip d’animazione, dal pioneristico Boogie di Vincenzo Gioanola per Paolo Conte (1982) ai lavori di Licio Esposito e Ago Panini, fino a quelli più recenti di Simone Brillarelli, dai registri espressivi assai diversi che variano dal lirico al surreale fino alla pura vitalità cromatica cadenzata dalla musica.File | Dimensione | Formato | |
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