Quello relativo alla mutualità nelle banche popolari appare come uno di quei dibattiti della scienza giuridica destinati a non trovar mai esito, mostrandosi anzi capace di alimentare un continuo scontro tra tesi dottrinali le più disparate. Sul tema, infatti, è parso legittimo sostenere di tutto: che le banche popolari non abbiano mai avuto nulla di cooperativistico e mutualistico; che il carattere cooperativistico e mutualistico queste banche lo abbiano perduto nel tempo; che, distinguendo tra organizzazione ed impresa, occorra distinguere tra cooperazione e mutualità, potendosi allora sostenere che le banche popolari siano cooperative, ma non mutualistiche, o che siano cooperative di “produzione” del credito e non “di consumo” dello stesso. Oppure, si potrebbe credere che la mutualità stia non nel modo in cui viene esercitata l’impresa, ma nell’organizzazione della società (cd. “mutualità strutturale”). Ancora, si può collocare la mutualità nel “localismo”, oppure si può tentare di recuperare, magari attraverso la valorizzazione degli statuti, la mutualità in senso “tradizionale” (erogazione di credito a condizioni di favore per i soci). Infine, semplicemente, si può constatare che le banche popolari sono cooperative “diverse”, perché non a mutualità prevalente, nel senso della legge. L’interesse a portare avanti un lavoro che torni ad occuparsi di questi temi, ripercorrendo e, in certo senso, “mettendo in fila” le diverse posizioni, appare al momento attuale accresciuto dalle riforme legislative che, in tempi recenti, hanno riguardato proprio il settore della cooperazione di credito. Quanto alle banche popolari, l’aver imposto la trasformazione in società per azioni delle più grandi, è soluzione che, nel mentre parrebbe offrir conferma a talune note tesi “negazionistiche” del passato, costringe tuttavia gli interpreti a prendere posizione su quale sia la “natura” delle banche popolari non trasformate, e perciò rimaste nel movimento (ammesso che le banche popolari facciano parte del movimento cooperativo). Il che assume rilevanza ancor maggiore se si tiene conto della soluzione toccata in sorte all’altra categoria di banche cooperative, quella delle b.c.c., ora tenute a confluire entro il più vasto campo di “legali” ed “obbligatori” gruppi bancari cooperativi certo primariamente pensati alla stregua di presidio di stabilità del settore come tale, con tutto ciò che questo può voler concretamente significare in termini di potenziale regressività della funzione mutualistica tradizionalmente assolta dalle unità di base. L’interesse, inoltre, è accresciuto dai recenti episodi che hanno coinvolto alcune banche popolari con riguardo al legame tra erogazione del credito e reinvestimento dello stesso nel capitale (disastrato) delle medesime banche erogatrici, ciò che lascia riaffiorare tutta la rilevanza del problema del profondo intreccio (e reciproco condizionamento) che, dipanandosi attraverso precise forme tecniche d’impiego del patrimonio, la mutualità delle banche popolari tradizionalmente realizza tra partecipazione sociale e scambio contrattuale tra soci e società. Ad una rinnovata riflessione su tutti questi temi vuol essere rivoltao questo la nostra ricerca
Romano, G. (2020). La mutualità nelle banche popolari. Milano : Giuffré Francis Lefebvre.
La mutualità nelle banche popolari
Giovanni Romano
2020-01-01
Abstract
Quello relativo alla mutualità nelle banche popolari appare come uno di quei dibattiti della scienza giuridica destinati a non trovar mai esito, mostrandosi anzi capace di alimentare un continuo scontro tra tesi dottrinali le più disparate. Sul tema, infatti, è parso legittimo sostenere di tutto: che le banche popolari non abbiano mai avuto nulla di cooperativistico e mutualistico; che il carattere cooperativistico e mutualistico queste banche lo abbiano perduto nel tempo; che, distinguendo tra organizzazione ed impresa, occorra distinguere tra cooperazione e mutualità, potendosi allora sostenere che le banche popolari siano cooperative, ma non mutualistiche, o che siano cooperative di “produzione” del credito e non “di consumo” dello stesso. Oppure, si potrebbe credere che la mutualità stia non nel modo in cui viene esercitata l’impresa, ma nell’organizzazione della società (cd. “mutualità strutturale”). Ancora, si può collocare la mutualità nel “localismo”, oppure si può tentare di recuperare, magari attraverso la valorizzazione degli statuti, la mutualità in senso “tradizionale” (erogazione di credito a condizioni di favore per i soci). Infine, semplicemente, si può constatare che le banche popolari sono cooperative “diverse”, perché non a mutualità prevalente, nel senso della legge. L’interesse a portare avanti un lavoro che torni ad occuparsi di questi temi, ripercorrendo e, in certo senso, “mettendo in fila” le diverse posizioni, appare al momento attuale accresciuto dalle riforme legislative che, in tempi recenti, hanno riguardato proprio il settore della cooperazione di credito. Quanto alle banche popolari, l’aver imposto la trasformazione in società per azioni delle più grandi, è soluzione che, nel mentre parrebbe offrir conferma a talune note tesi “negazionistiche” del passato, costringe tuttavia gli interpreti a prendere posizione su quale sia la “natura” delle banche popolari non trasformate, e perciò rimaste nel movimento (ammesso che le banche popolari facciano parte del movimento cooperativo). Il che assume rilevanza ancor maggiore se si tiene conto della soluzione toccata in sorte all’altra categoria di banche cooperative, quella delle b.c.c., ora tenute a confluire entro il più vasto campo di “legali” ed “obbligatori” gruppi bancari cooperativi certo primariamente pensati alla stregua di presidio di stabilità del settore come tale, con tutto ciò che questo può voler concretamente significare in termini di potenziale regressività della funzione mutualistica tradizionalmente assolta dalle unità di base. L’interesse, inoltre, è accresciuto dai recenti episodi che hanno coinvolto alcune banche popolari con riguardo al legame tra erogazione del credito e reinvestimento dello stesso nel capitale (disastrato) delle medesime banche erogatrici, ciò che lascia riaffiorare tutta la rilevanza del problema del profondo intreccio (e reciproco condizionamento) che, dipanandosi attraverso precise forme tecniche d’impiego del patrimonio, la mutualità delle banche popolari tradizionalmente realizza tra partecipazione sociale e scambio contrattuale tra soci e società. Ad una rinnovata riflessione su tutti questi temi vuol essere rivoltao questo la nostra ricercaFile | Dimensione | Formato | |
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