Nelle Introductiones prosaici dictaminis Bernardo traccia una delle più coerenti ed esaustive teorizzazioni artigrafiche del secolo XII dedicate alla scrittura in prosa. Spaziando dall’ambito più propriamente dittaminale (con l’epistola, grazie a lui codificata stabilmente nelle sue cinque parti) fino a quello grammaticale, sintattico e retorico, il dettatore arricchisce il testo di un importante apparato esemplificativo: una silloge di lettere modello e una collezione di exordia che colpisce per l’inedita ampiezza di brani e situazioni rappresentate. Tra le maggiori acquisizioni teoriche del maestro italiano possiamo annoverare quelle che afferiscono alla strutturazione del periodo (appositio e terminationes), caratterizzate da una precoce sensibilità per gli aspetti eufonici della frase, in cui si riconoscono i prodromi del cursus. Forte dell’eredità retorico-grammaticale classica (Prisciano, Cicerone, l’Ad Herennium) e medievale, di cui si mostra solerte ricettore (Alberico di Montecassino, Enrico Francigena, Marbodo di Rennes e il coevo Ugo di San Vittore), Bernardo elabora un’opera ambiziosa e complessa, che si inserisce già intorno al 1150 nel filone dell’epistolografia curiale e cancelleresca dominante nel secolo successivo, in controtendenza rispetto ai testi dittaminali di stampo adalbertiano promossi nei comuni italiani fin dagli anni ‘30 del XII secolo, costringendoci a rispensare parzialmente il panorama dell’ars dictandi come alternativa facilior alle arti liberali. Tracce del magistero bernardino si ravvisano in molti artigrafi del XIII secolo, sia italiani - come Bene, Guido Faba o Arsegino -, sia transalpini, come Gervasio di Melkley e Corrado di Mure, dai quali viene riconosciuto come una auctoritas
Bartoli, E. (2019). Maestro Bernardo, Introductiones prosaici dictaminis. Firenze : Sismel Edizioni del Galluzzo.
Maestro Bernardo, Introductiones prosaici dictaminis
Elisabetta Bartoli
2019-01-01
Abstract
Nelle Introductiones prosaici dictaminis Bernardo traccia una delle più coerenti ed esaustive teorizzazioni artigrafiche del secolo XII dedicate alla scrittura in prosa. Spaziando dall’ambito più propriamente dittaminale (con l’epistola, grazie a lui codificata stabilmente nelle sue cinque parti) fino a quello grammaticale, sintattico e retorico, il dettatore arricchisce il testo di un importante apparato esemplificativo: una silloge di lettere modello e una collezione di exordia che colpisce per l’inedita ampiezza di brani e situazioni rappresentate. Tra le maggiori acquisizioni teoriche del maestro italiano possiamo annoverare quelle che afferiscono alla strutturazione del periodo (appositio e terminationes), caratterizzate da una precoce sensibilità per gli aspetti eufonici della frase, in cui si riconoscono i prodromi del cursus. Forte dell’eredità retorico-grammaticale classica (Prisciano, Cicerone, l’Ad Herennium) e medievale, di cui si mostra solerte ricettore (Alberico di Montecassino, Enrico Francigena, Marbodo di Rennes e il coevo Ugo di San Vittore), Bernardo elabora un’opera ambiziosa e complessa, che si inserisce già intorno al 1150 nel filone dell’epistolografia curiale e cancelleresca dominante nel secolo successivo, in controtendenza rispetto ai testi dittaminali di stampo adalbertiano promossi nei comuni italiani fin dagli anni ‘30 del XII secolo, costringendoci a rispensare parzialmente il panorama dell’ars dictandi come alternativa facilior alle arti liberali. Tracce del magistero bernardino si ravvisano in molti artigrafi del XIII secolo, sia italiani - come Bene, Guido Faba o Arsegino -, sia transalpini, come Gervasio di Melkley e Corrado di Mure, dai quali viene riconosciuto come una auctoritasFile | Dimensione | Formato | |
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