La biofiction è un genere moderno. Nata con le Vies imaginaires di Marcel Schwob alla fine dell’Ottocento, è letteralmente esplosa negli ultimi decenni, anche grazie all’idea (tipicamente postmoderna) secondo cui non sarebbe più possibile, oggi, una distinzione netta tra “fact” e “fiction”. Nella prima parte del libro viene delineata una teoria narratologica della finzione biografica; che dimostra, tra l’altro, come la finzionalità di un testo narrativo non dipenda necessariamente dal dire cose non vere, ma piuttosto dall’adozione di particolarità modalità enunciative o pragmatiche. Servendosi essenzialmente dei due parametri della voce e della focalizzazione, si definiscono tipologicamente diverse forme di biofiction (l’eterobiofiction, l’autobiofiction e l’allobiofiction) che incarnano, in diversi modi, la natura ibrida del genere, sollecitando il lettore, da un lato, a leggere la storia come fiction e, dall’altro, a sottoporla alla prova della referenzialità. La seconda parte, invece, traccia una breve storia comparata del genere, raccontandone la lenta emancipazione dal romanzo storico, valorizzando il carattere fondativo di alcuni modelli (Io, Claudio di Robert Graves, Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, La morte di Virgilio di Hermann Broch) e seguendo gli sviluppi più recenti nella letteratura francofona (Michon, Mertens, Carrère, Echenoz) e anglofona (Burgess, Coetzee). L’ultimo capitolo è dedicato, infine, alla produzione italiana: da Artemisia di Anna Banti (1947) a La notte della cometa di Sebastiano Vassalli (1984), da Lo stadio di Wimbledon di Daniele del Giudice (1984) ad Antonio Tabucchi, Michele Mari, ecc. Sono individuate, in particolare, una dominante postmodernista (Del Giudice e Tabucchi), una neomodernista (Magris) e infine, una ipermoderna (Bruno Arpaia, Antonio Scurati, Davide Orecchio e altri ancora). Nel suo complesso il lavoro si propone come prima e sinora unica monografia (non solo in lingua italiana) di taglio sincronico ma anche diacronico, e di approccio comparatistico, sul genere della finzione biografica. Recensioni: Lorenzo Marchese, Tuttolibri La Stampa, 28.9.1919; Isotta Piazza, Between, X.19 (2020), www.betweenjournal.it; Elena Porciani, Oblio, 1.4.2020 (www.progettoblio.com); Concetta Maria Pagliuca, Enthymema, n. XXV, 2020, pp. 696-99: http://dx.doi.org/ 10.13130/2037-2426/13920; Marianna Deganutti, (Ludwig Maximilian University of Munich), Annali d'Italianistica, vol. 38, 2020, pp. 544-46 (http://annali.org/volumes/volume-38-2020/).

Castellana, R. (2019). Finzioni biografiche: teoria e storia di un genere ibrido. Roma : Carocci.

Finzioni biografiche: teoria e storia di un genere ibrido

Riccardo Castellana
2019-01-01

Abstract

La biofiction è un genere moderno. Nata con le Vies imaginaires di Marcel Schwob alla fine dell’Ottocento, è letteralmente esplosa negli ultimi decenni, anche grazie all’idea (tipicamente postmoderna) secondo cui non sarebbe più possibile, oggi, una distinzione netta tra “fact” e “fiction”. Nella prima parte del libro viene delineata una teoria narratologica della finzione biografica; che dimostra, tra l’altro, come la finzionalità di un testo narrativo non dipenda necessariamente dal dire cose non vere, ma piuttosto dall’adozione di particolarità modalità enunciative o pragmatiche. Servendosi essenzialmente dei due parametri della voce e della focalizzazione, si definiscono tipologicamente diverse forme di biofiction (l’eterobiofiction, l’autobiofiction e l’allobiofiction) che incarnano, in diversi modi, la natura ibrida del genere, sollecitando il lettore, da un lato, a leggere la storia come fiction e, dall’altro, a sottoporla alla prova della referenzialità. La seconda parte, invece, traccia una breve storia comparata del genere, raccontandone la lenta emancipazione dal romanzo storico, valorizzando il carattere fondativo di alcuni modelli (Io, Claudio di Robert Graves, Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, La morte di Virgilio di Hermann Broch) e seguendo gli sviluppi più recenti nella letteratura francofona (Michon, Mertens, Carrère, Echenoz) e anglofona (Burgess, Coetzee). L’ultimo capitolo è dedicato, infine, alla produzione italiana: da Artemisia di Anna Banti (1947) a La notte della cometa di Sebastiano Vassalli (1984), da Lo stadio di Wimbledon di Daniele del Giudice (1984) ad Antonio Tabucchi, Michele Mari, ecc. Sono individuate, in particolare, una dominante postmodernista (Del Giudice e Tabucchi), una neomodernista (Magris) e infine, una ipermoderna (Bruno Arpaia, Antonio Scurati, Davide Orecchio e altri ancora). Nel suo complesso il lavoro si propone come prima e sinora unica monografia (non solo in lingua italiana) di taglio sincronico ma anche diacronico, e di approccio comparatistico, sul genere della finzione biografica. Recensioni: Lorenzo Marchese, Tuttolibri La Stampa, 28.9.1919; Isotta Piazza, Between, X.19 (2020), www.betweenjournal.it; Elena Porciani, Oblio, 1.4.2020 (www.progettoblio.com); Concetta Maria Pagliuca, Enthymema, n. XXV, 2020, pp. 696-99: http://dx.doi.org/ 10.13130/2037-2426/13920; Marianna Deganutti, (Ludwig Maximilian University of Munich), Annali d'Italianistica, vol. 38, 2020, pp. 544-46 (http://annali.org/volumes/volume-38-2020/).
2019
978-88-430-9618-3
Castellana, R. (2019). Finzioni biografiche: teoria e storia di un genere ibrido. Roma : Carocci.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11365/1077699