Nell’articolo vengono messe a confronto, probabilmente per la prima volta, due versioni spagnole della canzone «Così nel mio parlar vogli’esser aspro», quelle di R. Pinto (2014) e di M. Pérez Carrasco (2009), realizzate rispettivamente sulle edizioni delle Rime di Dante Alighieri a cura di D. De Robertis (2002) e di G. Contini (1946). Nella disamina dei due testi costituisce un discrimine il rispetto o meno di una certa concezione dello spazio lirico cortese. Le divergenze vanno molto oltre le questioni retoriche, metriche o stilistiche, sostanziando due interpretazioni in alcuni aspetti opposte della poetica che anima questa canzone. Per Pérez Carrasco non solo il testo èdito da Contini ma anche le sue interpretazioni delle Rime, ed altre interpretazioni affini come quella di Di Girolamo, sono alla base delle proprie scelte di traduzione. Pinto, invece, che segue il testo fissato da De Robertis, è portato dalle interpretazioni di G. Tanturli, N. Tonelli, J. Varela- Portas de Orduña, tra gli altri, che ritengono più realistica questa poesia, a una traduzione assai cruda che, pur con notevoli pregi, talvolta forza l’originale . Il confronto con la versione inglese di Foster-Boyde, e con quelle francesi di Pézard e di Risset, confermano la radicalità delle scelte di Pinto, in alcuni casi incompatibili con il genere “Canzone” e con lo spazio lirico cortese toscano nel Trecento.
PEREZ-UGENA PARTEARROYO, J. (2018). Due traduzioni spagnole delle "Rime" di Dante. "Così nel mio parlar vogli'esser aspro". In J.P. D. Corsi (a cura di), Mosaico2. : sulla traduzione letteraria (pp. 165-191). Roma : Bibliotheca Aretina.
Due traduzioni spagnole delle "Rime" di Dante. "Così nel mio parlar vogli'esser aspro"
Julio Pérez-Ugena Partearroyo
2018-01-01
Abstract
Nell’articolo vengono messe a confronto, probabilmente per la prima volta, due versioni spagnole della canzone «Così nel mio parlar vogli’esser aspro», quelle di R. Pinto (2014) e di M. Pérez Carrasco (2009), realizzate rispettivamente sulle edizioni delle Rime di Dante Alighieri a cura di D. De Robertis (2002) e di G. Contini (1946). Nella disamina dei due testi costituisce un discrimine il rispetto o meno di una certa concezione dello spazio lirico cortese. Le divergenze vanno molto oltre le questioni retoriche, metriche o stilistiche, sostanziando due interpretazioni in alcuni aspetti opposte della poetica che anima questa canzone. Per Pérez Carrasco non solo il testo èdito da Contini ma anche le sue interpretazioni delle Rime, ed altre interpretazioni affini come quella di Di Girolamo, sono alla base delle proprie scelte di traduzione. Pinto, invece, che segue il testo fissato da De Robertis, è portato dalle interpretazioni di G. Tanturli, N. Tonelli, J. Varela- Portas de Orduña, tra gli altri, che ritengono più realistica questa poesia, a una traduzione assai cruda che, pur con notevoli pregi, talvolta forza l’originale . Il confronto con la versione inglese di Foster-Boyde, e con quelle francesi di Pézard e di Risset, confermano la radicalità delle scelte di Pinto, in alcuni casi incompatibili con il genere “Canzone” e con lo spazio lirico cortese toscano nel Trecento.File | Dimensione | Formato | |
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