Il De papatu Romano Antichristo di Alberico Gentili (San Ginesio 1552 – Londra 1608) è conservato nella Bodleian Library di Oxford (D’Orville 607, ff. 1r-95v) e rappresenta il più noto degli inediti del giurista di San Ginesio al quale, soprattutto a partire dal secolo scorso, gli studiosi hanno dedicato particolare attenzione. Nuove indagini sul manoscritto hanno dimostrato che, pur essendo stato originariamente redatto fra il 1580 e il 1585, quel testo era stato rivisto, corretto e integrato dallo stesso Gentili. Correzioni, aggiunte, appunti scritti dall’Autore almeno fino al 1591: una novità deducibile dalla lettura di alcuni appunti autografi vergati in uno dei primi fogli del manoscritto bodleiano – fogli originariamente destinati a restare bianchi – ove si fa rinvio, più volte, al Tractatus criminalis di Tiberio Deciani la cui editio princeps risale al 1590. Per tentare di comprendere pienamente l’entità e la natura sostanziale di queste modifiche e annotazioni, e le ragioni per le quali il Gentili non giunse mai alla determinazione di completare e successivamente pubblicare il lavoro, occorreva tornare a studiare criticamente la fonte manoscritta nella sua interezza, ma soprattutto predisporne l’edizione critica: un evento sempre auspicato ma mai, fino ad ora, realizzato. Il progetto, dopo oltre sei anni di intenso lavoro da parte di Giovanni Minnucci che, nel corso di questo lungo periodo, ha dato periodicamente conto dei risultati progressivamente raggiunti, è stato finalmente portato a compimento. Composta di 24 Assertiones, attraverso le quali l’A. intese dimostrare che l’Anticristo era da identificare nel Papato Romano, l’opera è corredata da un numero copiosissimo di allegazioni tratte dalla Sacra Scrittura, dalle opere dei Padri della Chiesa, da quelle teologiche, storiche, filosofiche, letterarie e giuridiche, individuate dal curatore, a piè di pagina, in un apposito apparato critico. In un secondo apparato, sempre a piè di pagina, vengono edite anche le numerose "additiones" che Gentili vergò nei margini e, talvolta, nelle interlinee del testo. Segue un’ "Appendice" nella quale si legge il testo, criticamente edito, degli appunti di lavoro che Gentili annotò nel frontespizio e nei fogli del manoscritto inizialmente destinati a restare bianchi. In ragione della particolare natura del testo – un vero e proprio work in progress che Alberico Gentili non aveva mai concluso – l’edizione critica del De papatu Romano Antichristo, delle numerose additiones e dei cospicui appunti sparsi che ne caratterizzavano la stesura, era meritevole di essere accompagnata da un saggio introduttivo. Per una migliore comprensione dell’opera, e per una sua più compiuta, ancorché preliminare, illustrazione, Giovanni Minnucci ha ritenuto necessario soffermarsi sulle presumibili ragioni sottese alla decisione assunta da Gentili di voler affrontare il tema oggetto del suo lavoro e sulle fonti complessivamente utilizzate – avendo riguardo anche a quelle prive di esplicito rinvio – cercando di approfondire, allo stesso tempo, la natura delle additiones vergate nei margini e nelle interlinee, e le probabili motivazioni della sua mancata pubblicazione. Né potevano essere ignorate, infine, in ragione dei contenuti eminentemente teologici e giuridici dell’inedito, le idee che, in relazione ai rapporti fra diritto e teologia e fra coloro che quelle discipline professavano, il nostro Autore aveva espresso negli anni ai quali va fatta risalire la conclusione della prima redazione dell’opera e a quelli immediatamente seguenti, allorquando decideva di aggiornarla e modificarla. In questo periodo, com’è noto, si concretizzarono i prodromi di un vero e proprio scontro teorico, di natura politico-dottrinale, con i puritani inglesi e, più in particolare, con il teologo John Rainolds. Queste vicende, già note alla storiografia, erano suscettibili non solo di essere ripensate e approfondite alla luce della documentazione manoscritta che le attesta, ma anche nuovamente contestualizzate: proprio mentre la polemica iniziava ad accendersi per poi successivamente esplodere all’inizio degli anni Novanta del XVI secolo, Alberico stava attendendo alla scrittura e alla successiva revisione del De papatu. Temi e problemi già oggetto di studio da parte di Minnucci, che vengono qui ripresi, integrati, approfonditi e notevolmente ampliati nei Prolegomena che precedono l’edizione. Giunto ad uno stadio avanzato di elaborazione, il De papatu Romano Antichristo attesta i forti dissensi che caratterizzarono la vicenda politica e religiosa europea in uno dei momenti più bui della sua storia millenaria, ed è contestualmente testimone della vastissima cultura e della poliedrica attività scientifica del grande giurista e pensatore italiano, esule in Inghilterra sin dal 1580 per la sua adesione alla Riforma, e regius professor di civil law a Oxford dal 1587.
Minnucci, G. (2018). Alberici Gentilis. De papatu Romano Antichristo Recognovit e codice autographo bodleiano D'Orville 607. Milano : Monduzzi Editoriale.
Alberici Gentilis. De papatu Romano Antichristo Recognovit e codice autographo bodleiano D'Orville 607
Minnucci Giovanni
2018-01-01
Abstract
Il De papatu Romano Antichristo di Alberico Gentili (San Ginesio 1552 – Londra 1608) è conservato nella Bodleian Library di Oxford (D’Orville 607, ff. 1r-95v) e rappresenta il più noto degli inediti del giurista di San Ginesio al quale, soprattutto a partire dal secolo scorso, gli studiosi hanno dedicato particolare attenzione. Nuove indagini sul manoscritto hanno dimostrato che, pur essendo stato originariamente redatto fra il 1580 e il 1585, quel testo era stato rivisto, corretto e integrato dallo stesso Gentili. Correzioni, aggiunte, appunti scritti dall’Autore almeno fino al 1591: una novità deducibile dalla lettura di alcuni appunti autografi vergati in uno dei primi fogli del manoscritto bodleiano – fogli originariamente destinati a restare bianchi – ove si fa rinvio, più volte, al Tractatus criminalis di Tiberio Deciani la cui editio princeps risale al 1590. Per tentare di comprendere pienamente l’entità e la natura sostanziale di queste modifiche e annotazioni, e le ragioni per le quali il Gentili non giunse mai alla determinazione di completare e successivamente pubblicare il lavoro, occorreva tornare a studiare criticamente la fonte manoscritta nella sua interezza, ma soprattutto predisporne l’edizione critica: un evento sempre auspicato ma mai, fino ad ora, realizzato. Il progetto, dopo oltre sei anni di intenso lavoro da parte di Giovanni Minnucci che, nel corso di questo lungo periodo, ha dato periodicamente conto dei risultati progressivamente raggiunti, è stato finalmente portato a compimento. Composta di 24 Assertiones, attraverso le quali l’A. intese dimostrare che l’Anticristo era da identificare nel Papato Romano, l’opera è corredata da un numero copiosissimo di allegazioni tratte dalla Sacra Scrittura, dalle opere dei Padri della Chiesa, da quelle teologiche, storiche, filosofiche, letterarie e giuridiche, individuate dal curatore, a piè di pagina, in un apposito apparato critico. In un secondo apparato, sempre a piè di pagina, vengono edite anche le numerose "additiones" che Gentili vergò nei margini e, talvolta, nelle interlinee del testo. Segue un’ "Appendice" nella quale si legge il testo, criticamente edito, degli appunti di lavoro che Gentili annotò nel frontespizio e nei fogli del manoscritto inizialmente destinati a restare bianchi. In ragione della particolare natura del testo – un vero e proprio work in progress che Alberico Gentili non aveva mai concluso – l’edizione critica del De papatu Romano Antichristo, delle numerose additiones e dei cospicui appunti sparsi che ne caratterizzavano la stesura, era meritevole di essere accompagnata da un saggio introduttivo. Per una migliore comprensione dell’opera, e per una sua più compiuta, ancorché preliminare, illustrazione, Giovanni Minnucci ha ritenuto necessario soffermarsi sulle presumibili ragioni sottese alla decisione assunta da Gentili di voler affrontare il tema oggetto del suo lavoro e sulle fonti complessivamente utilizzate – avendo riguardo anche a quelle prive di esplicito rinvio – cercando di approfondire, allo stesso tempo, la natura delle additiones vergate nei margini e nelle interlinee, e le probabili motivazioni della sua mancata pubblicazione. Né potevano essere ignorate, infine, in ragione dei contenuti eminentemente teologici e giuridici dell’inedito, le idee che, in relazione ai rapporti fra diritto e teologia e fra coloro che quelle discipline professavano, il nostro Autore aveva espresso negli anni ai quali va fatta risalire la conclusione della prima redazione dell’opera e a quelli immediatamente seguenti, allorquando decideva di aggiornarla e modificarla. In questo periodo, com’è noto, si concretizzarono i prodromi di un vero e proprio scontro teorico, di natura politico-dottrinale, con i puritani inglesi e, più in particolare, con il teologo John Rainolds. Queste vicende, già note alla storiografia, erano suscettibili non solo di essere ripensate e approfondite alla luce della documentazione manoscritta che le attesta, ma anche nuovamente contestualizzate: proprio mentre la polemica iniziava ad accendersi per poi successivamente esplodere all’inizio degli anni Novanta del XVI secolo, Alberico stava attendendo alla scrittura e alla successiva revisione del De papatu. Temi e problemi già oggetto di studio da parte di Minnucci, che vengono qui ripresi, integrati, approfonditi e notevolmente ampliati nei Prolegomena che precedono l’edizione. Giunto ad uno stadio avanzato di elaborazione, il De papatu Romano Antichristo attesta i forti dissensi che caratterizzarono la vicenda politica e religiosa europea in uno dei momenti più bui della sua storia millenaria, ed è contestualmente testimone della vastissima cultura e della poliedrica attività scientifica del grande giurista e pensatore italiano, esule in Inghilterra sin dal 1580 per la sua adesione alla Riforma, e regius professor di civil law a Oxford dal 1587.File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: Volume intero comprensivo dei Prolegomena, dell'edizione critica dell'opera e degli Indici
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